Marina Abramović The Cleaner

21 settembre 2018

20 gennaio 2019


Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospita una grande mostra dedicata a Marina Abramović, una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea, che con le sue opere ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione.

L’evento si pone come una straordinaria retrospettiva che riunisce oltre 100 opere offrendo una panoramica sui lavori più famosi della sua carriera, dagli anni Sessanta agli anni Duemila, attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance attraverso un gruppo di performer specificatamente formati e selezionati in occasione della mostra.

L’esposizione nasce dalla collaborazione diretta con l’artista nella volontà di proseguire – dopo Ai Weiwei e Bill Viola – la serie di mostre che hanno portato a esporre a Palazzo Strozzi i maggiori rappresentanti dell’arte contemporanea. Il palazzo, nuovamente utilizzato come luogo espositivo unitario, permettendo a Marina Abramović di confrontarsi per la prima volta con un’architettura rinascimentale, sottolineando anche lo stretto rapporto che ha avuto e continua ad avere con l’Italia.

La mostra ripercorre le principali tappe della carriera dell’artista che esordisce giovanissima a Belgrado come pittrice figurativa e poi astratta. È negli anni Settanta che inizia il lavoro nella performance attraverso l’utilizzo diretto del proprio corpo, come testimoniato in mostra dalla serie Rhythm (1973-1975), dalla celebre Art Must Be Beautiful/Artist Must Be Beautiful (1975) o da The Freeing Series (MemoryVoiceBody, 1975).

Nel 1975 conosce l’artista tedesco Ulay con cui nasce un rapporto sentimentale e professionale i cui simboli sono il furgone Citroën in cui i due hanno vissuto, esposto nel cortile di Palazzo Strozzi, o celebri performance di coppia come Imponderabilia (1977), dove il pubblico era costretto a passare attraverso i corpi nudi dei due artisti come fossero gli stipiti di una porta, o The Lovers (1988) con cui segnano la fine della loro relazione incontrandosi al centro della Grande Muraglia cinese per poi lasciarsi.

Negli anni Novanta il dramma della guerra in Bosnia ispira l’opera Balkan Baroque (1997), con cui vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia. Legate al mondo balcanico e alle proprie complesse dinamiche familiari sono presentate opere come The Hero (2001) dedicato al padre, eroe della resistenza, o il controverso ciclo Balkan Erotic Epic (2005). Parallelamente Abramović porta avanti una ricerca sulle tematiche di meditazione e trascendenza che trovano espressione nei Transitory Objects (1995-2015): strumenti energetici per viaggi interiori, realizzati con materiali come il quarzo o l’ossidiana.

Col passare degli anni le sue opere si dilatano nel tempo: manifesto è The Artist is Present (2010) al MoMA di New York, in cui per più di 700 ore nell’arco di 3 mesi ha fissato muta e immobile 1675 persone che si sono avvicendate davanti a lei, ponendo al centro il valore di una comunicazione energetica e spirituale tra artista e pubblico.

La mostra è organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, prodotta da Moderna Museet, Stoccolma in collaborazione con Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk e Bundeskunsthalle, Bonn.

A cura di Arturo Galansino, Fondazione Palazzo Strozzi, Lena Essling, Moderna Museet, con Tine Colstrup, Louisiana Museum of Modern Art, e Susanne Kleine, Bundeskunsthalle Bonn.

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