Goncharova in Italia

Nel 1914, durante il viaggio di Marinetti in Russia, Larionov, Goncharova e altri artisti gli riservarono un’accoglienza aggressiva e provocatoria, poiché aveva rivendicato che la teoria futurista, il cui manifesto era stato pubblicato a Parigi nel 1909, e presto tradotto in cirillico, avesse influenzato i futuristi russi, che reclamavano invece la propria autonomia.
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Comune il rifiuto del passato, la volontà di provocare e la celebrazione del dinamismo dell’era attuale, ma gli italiani contrapponevano ai valori della vecchia cultura l’esaltazione della modernità e del progresso, mentre i russi auspicavano un ritorno alla preistoria del loro immenso territorio. Temi legati alla velocità attirarono l’attenzione sia dei futuristi italiani che russi: tra essi Boccioni, teorico del movimento in ambito artistico, Balla e la stessa Goncharova. A Roma, tra 1916 e il ’17, le tensioni di Natalia e Mikhail con Marinetti, Balla e Depero si stemperarono in nome del comune impegno per Diaghilev: a Balla l’impresario commissionò lo scenario plastico di Feu d’artifice, innovativa azione di luci, senza ballerini, su musica di Stravinsky, mentre a Depero chiese scene e costumi per Le Chant du rossignol, da una fiaba di Andersen, su musica dello stesso Stravinsky.
«In Italia, dove l’arte contemporanea è completamente assente, il Futurismo è apparso all’improvviso, cioè l’arte del futuro, un misto di Impressionismo e nazionalismo» Natalia Goncharova
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