Religione: il racconto della quarta sala

Natalia Goncharova si dedica a temi religiosi soprattutto fra il 1909 e il 1910, anche se ha continuato ad affrontarli almeno fino al 1916. Le sue opere sacre sono provocazioni consapevoli, non solo perché dipinte da una donna, cui la tradizione ortodossa impedisce di eseguire icone, attività riservata agli uomini perché solo loro creati a immagine di Dio, ma anche poiché unisce fonti tradizionali come i lubki e i dipinti delle iconostasi bizantine, che nel mondo ortodosso hanno valore sacrale, allo stile profano della modernità, ponendoli sullo stesso piano. Foto di Alessandro Moggi Di qui le controversie e gli scontri con le autorità e la Chiesa: le sue opere di soggetto sacro furono considerate parodie, e otto vennero sequestrate nel 1912 alla mostra La coda dell’asino, anche perché ritenute non appropriate per un’esposizione dal titolo dissacrante. Nella monografica moscovita del 1913 Natalia Goncharova riunì i dipinti religiosi in una sala separata, e furono riconosciuti tra i lavori più significativi, ma nella versione ridotta della mostra che si tenne l’anno successivo a San Pietroburgo, le ventidue opere di argomento sacro, tra cui il polittico Gli Evangelisti, vennero sequestrate per ordine del Santo Sinodo e Natalia denunciata per blasfemia. In seguito fu assolta dall’accusa. Il video in sala, attraverso spezzoni desunti da La linea generale di Sergei Eisenstein (1929) e Andrei Rublev di Andrei Tarkovsky (1966), introduce al mondo ortodosso, ai pittori di icone, a processioni e marce religiose, rituali fondamentali della devozione russa.
«donne […] dovete credere che tutti, donne comprese, hanno un intelletto a forma e immagine di Dio, che non ci siano limiti alla volontà e alla mente umana» Natalia Goncharova, 1913
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