Buio pesto e caduta massi

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Professore Ordinario di Cosmologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e Joint Professor dell’Institute for the Physics and Mathematics of the Universe di Tokyo, Andrea Ferrara è stato coinvolto nella preparazione mostra Tomás Saraceno. Aria come consulente per approfondire e ampliare i riferimenti astrofici presenti nelle opere dell’artista.

Buio pesto, era. Inizia così il racconto del vecchio Qfwfq, un essere senza tempo nato con l’Universo, a cui Calvino fa raccontare la sua esperienza dell’origine e evoluzione del mondo nelle Cosmicomiche. In Sul far del giorno, Qfwfq ci narra la formazione del sistema solare. Prima c’era una nebula buia, fredda e rotante in cui si galleggiava tra particelle di gas e polvere (che davano un prurito fastidioso – aggiunge Qfwfq). Ma ad un certo punto la materia nella nebula comincia a condensarsi: si tocca!, urla il padre di Qfwfq. Un concetto del tutto nuovo, che marca la formazione dei primi detriti solidi. L’agglomerazione dei detriti per gravità procede in maniera rapida fino a formare entità rocciose più grandi. Infine, all’orizzonte appare una specie di ebollizione che altro non è che una sorgente di luce da un corpo incandescente, il Sole. La luce illumina la superficie terrestre gibbosa ed incrostata di ghiaccio sporco che evapora rabbiosamente in immensi geyser. Tutto il resto continuava a ruotare aggrumato in vari pezzi. Era nato il sistema solare.

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Il cielo notturno con lo sciame meteoritico delle Perseidi. © ESA

La Natura ci permette ogni anno di avere un assaggio dell’esperienza che Qfwfq deve aver vissuto in quei tempi antichi, circa 4,5 miliardi di anni fa, quando si formò il sistema solare. Intorno al 10 agosto cade quella che comunemente è nota come la notte delle “stelle cadenti”, in cui nel cielo notturno possiamo intravedere le magnifiche scie di oggetti celesti che penetrano l’atmosfera terrestre. Questi oggetti sono degli sciami di detriti lasciati dalla formazione del sistema solare. La Terra incontra diversi sciami lungo la sua orbita nel corso dell’anno. Quello di agosto, detto sciame delle Perseidi, è senz’altro uno dei più famosi. Un altro sciame molto famoso è quello delle Leonidi, che si può osservare nelle notti di novembre. Questi sub-detriti, detti meteoriti, si sono staccati da altri corpi che popolano il sistema solare: le comete. Le Perseidi sono associate alla cometa Swift-Tuttle, passata nelle nostre vicinanze nel 1992; le Leonidi sono invece detriti della cometa Tempel-Tuttle. A questo punto dobbiamo però fare un po’ di ordine e capire l’intera storia della formazione di una stella, del suo sistema planetario e dei corpi minori che le girano intorno.

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Immagine artistica della formazione del sistema solare in cui, oltre al Sole ed al disco protostellare, sono visibili i pianeti ed i corpi minori. © NASA

Le stelle si formano dal mezzo interstellare, un gas che in media ha una densità molto bassa (circa 1 atomo di idrogeno per cm3, quasi un vuoto perfetto rispetto all’aria che respiriamo!). Così come nell’atmosfera, a causa di vari processi fisici tuttavia si possono condensare delle nubi 100-1000 volte più dense. Queste immense nubi, di dimensioni pari a decine di anni luce, contengono 1 milione di volte la massa del Sole; pertanto la forza di gravità le costringe a collassare su sé stesse. Durante il collasso il gas cade rapidamente verso il centro ed aumenta la sua densità in maniera costante, arrivando a valori miliardi di volte più alti di quello iniziale.

È anche molto probabile che fin dall’inizio la nube ruoti su sé stessa. In questo caso il gas in collasso non cade direttamente verso il centro, ma forma un disco intorno alla condensazione centrale che rappresenta la protostella, la cui crescita è alimentata dal disco stesso. L’aumento di densità fa aumentare la temperatura della protostella fino a oltre un milione di gradi. A questo punto s’innescano le reazioni nucleari, principalmente la fusione di idrogeno in elio. L’energia sviluppata da questa reazione è esattamente quella necessaria a controbilanciare quella gravitazionale ed il collasso si arresta. La stella si è formata! Nel frattempo, il disco si è frammentato in una serie di sotto-strutture più piccole, che rappresentano i semi del sistema planetario della stella stessa. Il Sole contiene il 99,85% di tutta la materia nel sistema solare; i pianeti solo lo 0,135% della massa del sistema solare. Giove contiene più del doppio della massa di tutti gli altri pianeti messi insieme.

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La cometa Neowise osservata dal Libano nel luglio 2020. © Maroun Habib (Moophz)

Tutto il materiale che non entra a far parte della stella o dei pianeti, rimane in orbita intorno alla stella stessa. Questi oggetti solidi, fatti di ghiaccio e roccia, sono i corpi minori del sistema solare. Tra i corpi minori, le comete sono senza dubbio gli oggetti più appariscenti. A luglio 2020 abbiamo appena assistito al passaggio di una di queste comete, Neowise. Le comete sono composte da un nucleo roccioso circondato da strati di ghiaccio misto a polvere. Avvicinandosi al Sole nel corso della loro orbita, il calore della radiazione fa vaporizzare il ghiaccio, liberando così i grani di polvere. Parte di questo materiale crea una specie di nube intorno alla cometa, la “chioma”, mentre la polvere viene spinta in una scia (la “coda”) che si può estendere per milioni di km. Ad ogni passaggio lo strato di ghiaccio diminuisce (di metri) e la cometa diventa meno luminosa fino a scomparire quando non ne rimane che il nucleo.

Ci sono due “magazzini” di comete nel sistema solare: la nube di Oort, una struttura sferica 50000 volte più distante della Terra dal Sole, e l’anello di Kuiper, posto oltre l’orbita di Nettuno. Quest’ultima struttura è stata scoperta solo meno di vent’anni fa ma ha attratto l’attenzione dei planetologi perché le comete al suo interno sembrano essere i corpi più antichi del sistema solare. A partire dalla sonda Giotto, che visitò Halley negli anni ’80 fino a Rosetta/Philae che è recentemente atterrata sulla cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko, diverse missioni ci hanno fornito immagini ed analisi del materiale cometario. Grazie a questi dati verificheremo la fondatezza dell’ipotesi che l’acqua (e forse anche componenti della vita) sulla Terra sia stata portata dalle comete.

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La superficie dell’asteroide Vesta ripresa dalla sonda Dawn della NASA. © NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Gli asteroidi sono invece corpi puramente rocciosi di considerevole diametro (centinaia di km) e di varia composizione. Ceres, l’asteroide più grande, scoperto nel 1801, è costituito di materiale carbonaceo; Vesta è basaltico; altri ancora sono metallici. Molti asteroidi si muovono su orbite comprese tra Marte e Giove ma alcuni si trovano nella zona dei pianeti interni e dunque possono costituire un serio pericolo per gli esseri viventi in caso di collisione con la Terra, come probabilmente è avvenuto con la scomparsa dei dinosauri.

I meteoriti, infine, sono piccoli “sassi” o particelle di polvere lasciate dalle scie delle comete che entrando nell’atmosfera si riscaldano per attrito, si illuminano in maniera fantasmagorica come “stelle cadenti”, e vaporizzano. Alcuni di essi sopravvivono a questo processo e raggiungono la superfice terrestre. Se identificati, grazie ad una attenta analisi chimica, ci aiutano a rispondere ai quesiti ancora aperti sulla nascita del sistema solare e degli altri sistemi planetari intorno alle stelle. Osservare le “stelle cadenti”, quindi, non solo rappresenta un’esperienza affascinante, ma anche un importante esperimento scientifico.

In copertina: Tomás Saraceno, Particular Matter(s) (dettaglio), 2020. Installation view of Aria, Palazzo Strozzi, Florence, 2020. © Photography by Ela Bialkowska, OKNOstudio