Vademecum per la mostra

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Ai Weiwei. Libero
Artista dissidente e icona della lotta per la libertà di espressione, Ai Weiwei è noto a livello globale per l’unione di attivismo politico e ricerca artistica attraverso opere spettacolari e provocatorie. Protagonista di mostre presso i maggiori musei del mondo, Ai Weiwei ha invaso Palazzo Strozzi con lavori storici e nuove produzioni site-specific che coinvolgono tutto lo spazio: facciata, cortile, Piano Nobile e Strozzina. Per la prima volta Palazzo Strozzi è utilizzato come luogo espositivo unitario, creando un’esperienza inedita per i visitatori e permettendo all’artista cinese di confrontarsi con un contesto ricco di sollecitazioni rinascimentali. La mostra propone un percorso tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto, consentendo una totale immersione nel mondo di Ai Weiwei. Si spazia dunque dai lavori del periodo newyorkese alle iconiche installazioni fatte di assemblaggi di materiali e oggetti, fino alle opere politiche e controverse che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione, come i ritratti di dissidenti politici in LEGO o i progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.

FACCIATA

1. Facciata
L’installazione Reframe (Nuova cornice), pensata per la facciata di Palazzo Strozzi, nasce dall’impegno dell’artista sul fronte della migrazione e dei rifugiati. La serie di ventidue gommoni di salvataggio arancioni circonda le finestre del Piano Nobile sulle due facciate di piazza Strozzi e via Strozzi. L’installazione dà quindi vita a un’insolita decorazione del palazzo rinascimentale, creando una nuova cornice, un nuovo punto di vista, in un forte contrasto visivo e culturale, su uno dei simboli della storia dell’arte occidentale. Ai Weiwei vuole scuotere le coscienze per ricordare la tragedia vissuta da coloro che intraprendono un viaggio disumano verso le coste europee in fuga dalle distruzioni e dalle guerre. Le leggere imbarcazioni innestate sulla facciata ricordano le fragili strutture a cui i rifugiati si aggrappano in mare, ed evocano, insieme, come i migranti tentino di innestare se stessi su un altro luogo, in un ambiente sconosciuto quale è l’Europa.

CORTILE

Cortile mappa

2. Cortile
L’installazione Refraction (Rifrazione) è costituita da cucine solari assemblate a formare un’ala. Presentata per la prima volta nel 2014 nell’isola di Alcatraz, la famosa prigione nella baia di San Francisco, quest’ala è simbolo di libertà, ma essendo pesante e ancorata a terra, è come immobilizzata. Per le dimensioni ingombranti e gli elementi taglienti comunica un senso claustrofobico che fa percepire la ristrettezza in cui vivono i detenuti. È dunque metafora della privazione della libertà, la stessa imposta ad Ai Weiwei, incarcerato nel 2011 dalla polizia in un luogo segreto per ottantuno giorni. L’opera allude anche alla situazione politica tibetana, essendo questi pannelli solari utilizzati in Tibet per cucinare e preparare il tè. Porcelain Vases with Bamboo Poles (Vasi di porcellana e canne di bambù) crea un contrasto tra due materiali tipicamente cinesi e la pietra tipica dell’architettura italiana. In particolare l’uso del bambù, apparentemente fragile ma in realtà fortissimo grazie alla sua elasticità e perciò tradizionalmente usato nell’edilizia, amplifica le relazioni e le diversità da un punto di vista storico-architettonico.

PIANO NOBILE

Piano Nobile

3. Forever
L’installazione Stacked (Impilate), presentata in un allestimento site-specific per Palazzo Strozzi, assembla novecentocinquanta biciclette, mezzo di trasporto che è parte integrante dell’identità cinese. Declinata dal 2003 – quando fu presentata col titolo Forever – in diversi allestimenti, l’opera rinvia al ready-made con la Ruota di bicicletta di Duchamp del 1913. Ai Weiwei vuole sottolineare il problema dei trasporti, molto sentito in Cina, e del suo impatto sull’ambiente. Ma le biciclette hanno anche un altro significato per Ai Weiwei, perché nella sua infanzia possederne una significava la libertà di movimento. La marca utilizzata (“Forever”) era la più popolare in Cina dagli anni quaranta, quasi l’unica commercializzata quando l’artista era giovane. Stacked, separando le biciclette dalla loro funzione, le riconfigura come una sorta di labirinto simile alla rete di Internet ma, col suo carattere architettonico, allude anche a un arco trionfale o a un monumentale portale d’ingresso.

4. Sichuan
Alle 14,28 del 12 maggio 2008 un terremoto di magnitudo 8.0 gradi sulla scala Richter provoca nel Sichuan circa settantamila vittime. Migliaia di studenti muoiono nel crollo delle scuole, collassate a causa dei materiali scadenti utilizzati. Ai Weiwei si reca sul posto e comincia un’inchiesta che lo porterà a denunciare le responsabilità del governo cinese in quella tragedia e i tentativi di insabbiamento. La memoria del dramma è cristallizzata in una serie di opere come Snake Bag (Borsa serpente), formato da 360 zaini scolastici cuciti a formare un serpente, che ricorda i moltissimi oggetti appartenuti alle giovani vittime ritrovati dall’artista nelle macerie. Rebar and Case (Tondino e cassa) è costituita da contenitori in pregiato legno huali con riproduzioni in marmo bianco dei tondini in ferro rinvenuti contorti tra le macerie. I contenitori evocano le bare e la forma stravolta rispecchia gli oggetti che conservano.

5. Wood
Fin dal suo ritorno in Cina nel 1993 dagli Stati Uniti, Ai Weiwei inizia a interessarsi alle antichità e all’antiquariato. Colleziona mobili e parti di templi delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911) abbattuti per essere sostituiti da nuove costruzioni. Nei lavori in legno Ai Weiwei reinterpreta la tradizione cinese: armonia di proporzioni e tecnica che non prevede l’uso di chiodi, viti o colla, ma solo di raffinati incastri. Map of China (Mappa della Cina) è una scultura-puzzle formata da legni che simboleggiano la diversità etnica e culturale di un Paese che, pur restando unitario, rappresenta la fusione di un’enorme massa di individui. Ai Weiwei è fedele agli antichi valori formali, ma li stravolge: nei due tavoli, esaltandone il nonsense, è ricostruita e modificata la struttura, lasciando però intatta la patina originaria. Grapes (Grappolo) unisce trentaquattro sgabelli – oggetti tra i più tipici della vita popolare cinese – e sfida la gravità in una composizione che prolifera ripetendo il modulo iniziale, come avviene nelle megalopoli. The Animal That Looks like a Llama but is Actually an Alpaca (L’animale che sembra un lama ma è un alpaca) è una intricata carta da parati decorata dal logo di Twitter, da un alpaca, oltre che da videocamere di sorveglianza, catene e manette per ricordare la detenzione di Ai Weiwei nel 2011. Il curioso titolo allude al gergo usato in Cina per evitare la censura su Internet.

6. Renaissance
La sala è dedicata alla rilettura del Rinascimento italiano da parte di Ai Weiwei: i poliedri Divina Proportio (Divina proporzione) e Untitled – Wooden Ball (Senza titolo – Palla di legno) evocano i disegni eseguiti da Leonardo da Vinci per illustrare il trattato De divina proportione di Luca Pacioli del 1497, anche se prima fonte d’ispirazione è uno dei giochi dei gatti che popolano il suo studio di Pechino. Un doppio piano, alto-basso, che insieme a quello antico-moderno, naturale-tecnologico, è caratteristico del linguaggio dell’artista. I ritratti in LEGO proseguono la serie dedicata ai dissidenti politici. Per Palazzo Strozzi Ai Weiwei ha scelto quattro personaggi del passato legati a Firenze che hanno subito privazioni della libertà. Si tratta di Dante, l’esiliato per eccellenza della storia letteraria italiana; di Filippo Strozzi, bandito per venti anni – come il padre di Ai Weiwei – dai Medici e che al ritorno in patria costruì il Palazzo in cui ha sede la mostra; di Girolamo Savonarola, figura discussa, giustiziato per l’opposizione al regime mediceo e alla Chiesa di papa Borgia; di Galileo, scienziato incarcerato e processato per aver difeso le proprie idee. Volti che, nelle tinte non realistiche dei mattoncini, diventano immagini ludiche o pop.

7. Objects
Questi oggetti, nonostante l’uso di materiali preziosi e tecniche raffinate, sono legati ad abusi di diritti umani e alla censura. In passato il ruyi era uno scettro. L’artista ne ha interpretato la forma usando la porcellana, il materiale più delicato della tradizione cinese, per affrontare il tema del mercato degli organi umani – a cui alludono le interiora di pollo – di cui la Cina pare avere il triste primato. Le grucce e le manette ricordano la prigionia di Ai Weiwei, arrestato il 3 aprile 2011 dalla polizia e detenuto per ottantun giorni in un luogo segreto. Nella cella non c’era spazio per la biancheria pulita e l’artista ha ottenuto dalle guardie sei grucce di plastica su cui appendeva la biancheria che lavava quotidianamente. Nel corso della prigionia Ai Weiwei è stato interrogato più di cinquanta volte, mentre era incatenato con manette a una seggiola. Questi oggetti che hanno segnato la sua detenzione sono stati poi realizzati in materiali pregiati: le grucce in cristallo e legno huali, le manette in giada, elevando questi oggetti d’uso e facendoli diventare simboli di oppressione.

8. Jingdezhen
Nel lavoro di Ai Weiwei si fondono riferimenti alla storia cinese passata e presente e, riallacciandosi all’antica produzione autoctona, l’artista crea oggetti in porcellana realizzati artigianalmente a Jingdezhen, antica capitale di questo genere di fabbricazione. The Wave (L’onda) ricorda le opere della dinastia Yuan in cui l’acqua è rappresentazione ricorrente, e rinvia anche alle stampe giapponesi, soprattutto all’Onda di Hokusai. Free Speech Puzzle (Puzzle della libertà di parola), è costituito da trentadue tasselli di porcellana dipinta a mano che riproducono la suddivisione della Cina in province, comprese quella di Hainan e quella, contesa, di Taiwan. Imitando la tradizione di scrivere su pendenti di vario materiale il nome della famiglia come buon auspicio, Ai Weiwei ripete su ogni pezzo del puzzle il motto “Free Speech”, che diventa quindi quello di tutta la Cina e di ogni suo cittadino. Remains (Resti) è la riproduzione in porcellana di resti umani scoperti in uno dei campi di lavoro in cui, all’epoca della Rivoluzione culturale, venivano rinchiusi i dissidenti come il padre di Ai Weiwei.

9. Vases
Fondamentale per il linguaggio di Ai Weiwei è il rapporto fra tradizione e modernità: attraverso la manipolazione di oggetti, immagini e metafore, l’artista mostra un rapporto ambivalente con il proprio paese, diviso tra senso d’appartenenza e ribellione. Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han) è una controversa e famosissima performance del 1995 che lo vede distruggere un’urna funeraria della dinastia Han antica di oltre duemila anni. Fissata in tre iconici scatti fotografici, viene qui riproposta in una versione in LEGO, medium che Ai Weiwei utilizza sempre più sovente negli ultimi anni. Colpisce l’espressione indifferente dell’artista, per sottolineare che è un atto consapevole di barbarie culturale, paragonabile alla distruzione dell’eredità storica cinese portata avanti dal governo con la Rivoluzione culturale. Su questa linea si inserisce anche la serie Han Dynasty Vases with Auto Paint (Vasi della dinastia Han con vernice per carrozzeria) in cui l’artista immerge antichissimi vasi neolitici in latte di vernice per carrozzeria annullandone il valore storico e culturale, e trasformandole al contempo in opere contemporanee.

10a. Study of Perspective
Al 1995 risale la prima serie di fotografie Study of Perspective (Studio prospettico) ambientata in piazza Tienanmen a Pechino. Le quaranta fotografie – suddivise in questa sala e nella prossima – sono accomunate dal suo braccio sinistro sollevato con il dito medio alzato, davanti a monumenti mondiali altamente simbolici come la Casa bianca, la Gioconda, la Tour Eiffel, gli skyline di Hong-Kong e New York, piazza San Marco, il Colosseo o la Sagrada Família. Con il gesto profanatorio Ai Weiwei vuole attirare l’attenzione dell’osservatore affinché metta in discussione il proprio atteggiamento nei confronti di governi, istituzioni e persino della cultura. In occasione di questa mostra l’artista ha realizzato una nuova immagine della serie Study of Perspective, in cui il dito medio è sollevato contro Palazzo Strozzi. Collegata alla serie è la carta da parati Finger (Dito) in cui viene reiterata ossessivamente la provocazione.

10b. Blossom and Grass
Con le mattonelle in porcellana Blossom (Sbocciato) l’artista richiama, attraverso l’uso della tecnica artistica cinese per eccellenza, la campagna detta dei “Cento fiori”, che nel 1956 ha rappresentato un breve momento di apertura da parte del governo nei confronti della libertà di espressione. Come molte produzioni di Ai Weiwei ha richiesto il lavoro di numerose maestranze, al pari di Iron Grass (Erba d’acciaio), formata da ciuffi di erba in ghisa. La parola cinese per erba, cao, è anche un’imprecazione, e viene usata in Cina su Internet per eludere la censura. Questa installazione è altresì associata a Caochangdi, il distretto artistico nella zona nord-est di Pechino dove Ai Weiwei ha il suo studio.

11. Mythologies
La sala è dedicata a figure della cultura cinese. Le creature di seta e bambù sono ispirate a Shanhaijing (Il classico dei monti e dei mari), testo di geografia fantastica antico di oltre duemila anni, che Ai Weiwei non ha potuto leggere da bambino poiché vietato al pari di altri libri. Per fabbricare le figure l’artista si è ispirato ai disegni e agli aquiloni che creava da piccolo e ha coinvolto artigiani specializzati. Taifeng è il grande vento, che ha apparenza umana e coda di tigre, Feiyu il pesce volante, Huantouguo l’uomo-uccello. Anche la serie Zodiac Heads (Teste dello Zodiaco), formata da dodici teste in bronzo degli animali dell’astrologia cinese, riconduce alla cultura ancestrale di Ai Weiwei. L’artista ha voluto esporre Monkey (Scimmia) per ricordare che il 2016 è l’anno della Scimmia, segno instabile per eccellenza. Le figure, in origine parte di un orologio ad acqua concepito da gesuiti europei nel ’700 per il Palazzo d’Estate, furono trasferite poi nello Yuangminyuan, il Giardino della luminosità perfetta di Pechino. Saccheggiate da truppe francesi e britanniche nel 1860 durante la seconda guerra dell’oppio, sono state in parte ritrovate e riportate in Cina. Con quest’opera Ai Weiwei riflette sul passato coloniale, sulle distruzioni della modernità, su furti, restituzioni e valore delle opere d’arte.

12. Shanghai
Nel 2008 Ai Weiwei viene invitato dalle autorità di Shanghai a costruire uno studio a Malu Town. Quando lo studio è ultimato, nell’ottobre 2010, lo stesso governo municipale, a causa dell’attività politica, dichiara che è stato costruito senza i necessari permessi e stabilisce che venga demolito. Ai Weiwei invita così molte persone via Internet a partecipare a una festa il 7 novembre 2010, per celebrare contemporaneamente l’ultimazione dello studio e la sua demolizione. Per impedirgli di essere presente al party viene messo agli arresti domiciliari a Pechino: gli ottocento ospiti mangiano granchi di fiume, in cinese he xie, dal suono simile alla parola che indica “armonia”, slogan del governo, ma che ha anche assunto il significato di “censura”. Per questa mostra Ai Weiwei ha accatastato millecinquecento granchi in porcellana, ricordando che in Cina questi crostacei hanno una lunga tradizione iconografica L’11 gennaio 2011 lo studio viene raso al suolo senza preavviso. Le autorità cercano di impedirgli l’accesso durante la demolizione, ma l’artista riesce a salvare parti dell’edificio, che utilizza per creare Souvenir from Shanghai (Souvenir da Shanghai) cemento e macerie di mattoni posti a incorniciare il telaio di un letto della dinastia Qing.

STROZZINA

Strozzina

13. New York
Attratto dall’Occidente, nel febbraio 1981, a ventiquattro anni e con trenta dollari in tasca, Ai Weiwei si trasferisce negli Stati Uniti, prima per studiare inglese a Philadelphia e Berkeley, e poi a New York, dove entra alla Parsons New School for Design, al Greenwich Village. L’abbandona ben presto, spinto da quell’insofferenza verso le istituzioni che caratterizza la sua personalità. Frequenta musei e gallerie ed è influenzato da Marcel Duchamp, Andy Warhol e Jasper Johns. Gli oggetti esposti rinviano ai ready-made di Duchamp, il dipinto alle Cinque bottiglie di Coca Cola di Andy Warhol. Datano al periodo americano migliaia di fotografie in bianco e nero, quasi un blog ante litteram, con cui l’artista ha documentato i momenti di questa vita bohémien. Il suo appartamento diventa punto di incontro per gli artisti cinesi, per lo più dissidenti, che vivono negli USA, e Ai Weiwei rappresenta un collegamento tra intellettuali dei due mondi. Per mantenersi fa i lavori più svariati: contribuiscono al suo sostentamento i ritratti che esegue a Times Square e diviene leggendaria la sua abilità nel gioco del blackjack.

14. Disturbing the Peace
Il 12 agosto 2009, alla vigilia del processo a Chengdu contro l’attivista Tan Zuoren, processato per la sua attività legata all’inchiesta sulla morte di migliaia di scolari nel terremoto del Sichuan, Ai Weiwei, venuto da Pechino a deporre in suo favore, viene trattenuto dalla polizia nella sua camera d’albergo, interrogato e picchiato. Inoltre non gli viene consentito di lasciare l’albergo per recarsi in tribunale a testimoniare. Tutti questi momenti, filmati o registrati dall’artista, sono stati riuniti nel documentario Lao Ma Ti Hua (Disturbare la pace). In settembre, mentre si trova a Monaco di Baviera per allestire alla Haus der Kunst la mostra So Sorry, deve essere operato d’urgenza per emorragia celebrale, causata probabilmente dai colpi ricevuti dalla polizia a Chengdu.

15. 258 Fake
L’uso dei nuovi media è uno dei principali tratti distintivi dell’opera di Ai Weiwei e Internet è il suo maggior mezzo di espressione. È nel 2005 che Ai Weiwei si apre a questa nuova forma di comunicazione quando inizia a tenere un blog. 258 Fake riunisce su 12 monitor 7677 fotografie scattate fra il 2003 e il 2011 a documentare – quasi ossessivamente – vita quotidiana e produzione artistica. Il titolo si riferisce allo studio di Pechino di Ai Weiwei, FAKE Design, al numero 258 di Caochangdi. La video-installazione riunisce immagini pubblicate sul suo blog. L’opera attesta anche il proliferare delle immagini nell’età dei media digitali.

16. Beijing East Village
Al ritorno in Cina nel 1993 Ai Weiwei trova una situazione mutata in seguito ai fatti del 1989 e alle stragi di piazza Tienanmen: alla liberalizzazione, anche in campo culturale, guidata da Deng Xiaoping del decennio 1979-1989, è seguita infatti la repressione della libertà. Gli artisti si riuniscono in modo semiclandestino e Ai Weiwei è uno dei fondatori dell’East Village nella periferia di Pechino, una comunità ispirata a quella di Manhattan cui aderiscono fotografi, musicisti, performer. Le immagini ne attestano l’attività. Crystal Cube (Cubo di cristallo) appartiene alla serie con cui Ai Weiwei – traendo ispirazione dalla scultura minimalista degli anni sessanta – ripropone un cubo utilizzando i materiali della tradizione cinese: tè, ceramica, marmo, ebano. Crystal Cube, del peso di oltre due tonnellate, è stata la riproduzione più complessa realizzata finora.

17. Leg Gun
Nel giugno del 2014 Ai Weiwei ha postato su Instagram una fotografia, in pantaloncini corti e calzini neri, in cui imbraccia la gamba come se si trattasse di una pistola. Ha accompagnato l’immagine con le parole “Beijing Anti-Terrorism Series”. Il gesto è diventato virale ed è stato ripreso da migliaia di follower in chiave politica, ironica o artistica. L’opera comunica lo stile tipico della protesta online in Cina, in cui il dissenso è espresso in modo indiretto e sotteso.

18. Surveillance
Photographs of Surveillance (Fotografie di sorveglianza) riunisce una serie di fotografie pubblicate sul numero 43 della rivista FOAM “Freedom of Expression under Surveillance”, realizzato da Ai Weiwei in qualità di “guest editor”. Le fotografie sono state scattate negli anni dall’artista per documentare la propria vita. Le immagini mostrano la stretta vigilanza a cui Ai Weiwei è stato sottoposto dalle autorità cinesi, ma illustrano anche un punto di vista ribaltato, testimoniando la volontà dell’artista di tenere d’occhio quelli che lo sorvegliano. Tema ricorrente nella sua opera è la reinterpretazione, ispirata a Duchamp, di semplici oggetti di uso quotidiano che – tradotti in materiali pregiati quali marmo e cristallo – diventano simboli e icone. Al controllo dei cittadini da parte della politica allude Taxi Window Cranck, una maniglia di finestrino dei taxi di Pechino, analoga a quelle rimosse per impedire ai manifestanti di lanciare volantini dalle auto. Il video Discard the old path of closed doors and rigidity and reject evil attempts to change the Party’s banner (Abbandonare la vecchia politica delle porte chiuse e della rigidità e respingere i funesti tentativi di cambiare la bandiera del partito) ripercorre la vicenda. Mask (Maschera), altra opera ispirata ai problemi della Cina di oggi, è una maschera antigas appoggiata su una lastra tombale, scolpite in un unico blocco di marmo, per sottolineare il fortissimo inquinamento prodotto dalla rapida industrializzazione cinese. Tyre (Pneumatico) è invece parte della più recente ricerca di Ai Weiwei e richiama i salvagente – anche di fortuna – abbandonati sulle spiagge di Lesbo.

19. The Fake Case
Il film, del regista danese Andreas Johnsen, documenta la battaglia di Ai Weiwei contro il governo cinese. Segregato dalla polizia per oltre due mesi, viene rilasciato nel giugno 2011, accusato di frode fiscale commessa dal suo studio FAKE Design e multato per una cifra milionaria in dollari. Simpatizzanti organizzano una sottoscrizione popolare per raccogliere i soldi necessari per pagare la sanzione. Gli viene anche ritirato il passaporto, impedito di lasciare Pechino, proibito di pubblicare articoli su Internet e di parlare con la stampa. Il titolo del film allude al nome dello studio, ma anche a Fake nel senso di finzione, per sottolineare che si tratta di una montatura del governo relativa a un reato che non esiste. Il docu-film racconta altresì la creazione di S.A.C.R.E.D., opera – presentata in anteprima alla Biennale di Venezia del 2013 – che riproduce la prigionia di Ai Weiwei attraverso grandi diorami.

20. Selfie
Nel 2005 Ai Weiwei si apre a una nuova forma di espressione: su richiesta del portale cinese SINA inizia a tenere un blog su Internet e lo correda di fotografie per documentare attività artistica e vita personale, utilizzando la piattaforma per esprimere le sue idee sull’arte, l’architettura, la politica e la cultura. La sua denuncia contro il governo assume toni sempre più espliciti e duri a seguito del terribile terremoto del 2008. Nel maggio 2009 pubblica un elenco di nomi di bambini morti nel sisma, ma il blog – che raggiunge centomila contatti il giorno – è oscurato dal governo cinese. Passa dunque a Twitter e nei quattro anni successivi pubblica oltre centomila tweet, raggiungendo centinaia di migliaia di follower. I suoi interventi sui social media (dal 2009 è anche attivissimo su Instagram) col tempo assumono la valenza di una nuova forma d’arte. Ha affermato infatti: «Penso che l’arte non avrà nessun tipo di futuro se non riuscirà ad adattarsi alla tecnologia e alla vita di oggi».

Dieci cose da sapere su Ai Weiwei

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Artista concettuale, performer, pittore, fotografo, documentarista, regista, architetto, urbanista, designer, paroliere, blogger, scrittore, editore, dissidente politico, attivista in lotta per i diritti umani. Ecco le dieci cose da sapere sull’artista presto in mostra a Palazzo Strozzi.

1. Suo padre era un poeta
Ai Weiwei nasce nel 1957 a Pechino da una famiglia di intellettuali. I suoi genitori, Ai Qing (1910-1996) e Gao Ying (1933), sono entrambi letterati. Il padre Ai Qing è uno dei maggiori poeti cinesi del secolo scorso, diverse volte candidato al premio Nobel.

width=I genitori di Ai Weiwei Ai Qing e Gao Ying.

 

2. È cresciuto in esilio
Alla fine degli anni cinquanta Ai Qing e la famiglia vengono inviati in un campo di rieducazione militare a Shihezi, nella provincia dello Xinjiang nel nord-ovest della Cina. In seguito sono spostati in un villaggio ancora più isolato e vivono per anni nel deserto del Gobi. Ai Qing è condannato ai lavori forzati: per umiliarlo gli viene affidato l’incarico di pulire le latrine del paese. Nel 1976 Ai Qing viene riabilitato e torna a Pechino con la famiglia.

width=Ai Weiwei a due anni, 1959.

 

3. Il rapporto, anche conflittuale, con la tradizione cinese è fondamentale per il suo linguaggio
Un esempio di tale rapporto è l’Han Dynasty Urn with Coca Cola Logo del 1994, un recipiente della dinastia Han cui l’artista aggiunge, dipingendolo a mano, il logo della bevanda, per sottolineare il problematico rapporto tra memoria storica e consumismo nella nuova economia capitalistica cinese. Altra declinazione del suo rapporto con l’arte antica cinese è Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han; 1995), controversa e famosissima performance che lo vede far cadere un’urna funeraria della dinastia Han antica di oltre duemila anni, fissata da tre iconici scatti fotografici in bianco e nero.

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Han Dynasty Urn with Coca Cola Logo
, 1995

width=Dropping a Han Dynasty Urn, 1995. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

 

4. Ha vissuto negli Stati Uniti
Nel febbraio 1981, a ventiquattro anni e con trenta dollari in tasca, Ai Weiwei si trasferisce negli Stati Uniti per studiare inglese a Filadelfia e Berkeley. L’anno successivo si sposta a New York, dove entra alla Parsons New School for Design e studia tra l’altro con Sean Scully, ma lascia dopo sei mesi. Frequenta musei e gallerie ed è influenzato da Marcel Duchamp, Andy Warhol e Jasper Johns. È questa la sua vera formazione. Per mantenersi svolge i più svariati lavori e cambia una decina di case nel Queens, a Brooklyn e poi nel Lower East Side a Manhattan. Il suo appartamento diventa punto di incontro per gli artisti cinesi, perlopiù in fuga dal regime, e Ai Weiwei rappresenta un collegamento tra intellettuali dei due paesi. Nel 1993, alla notizia di una grave malattia del padre, Ai Weiwei torna in Cina.

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A sinistra: Ai Weiwei davanti a To Be Looked at (from the Other Side of the Glass) with One Eye, Close to, for Almost an Hour, di Marcel Duchamp, al Museum of Modern Art di New York. New York Photographs, 1983-1993 (1987).
A destra: Ai Weiwei nel suo appartamento sulla East Third Street a New York, 1984.

 

5. Un attivista in lotta per i diritti umani
In Ai Weiwei pensiero artistico e attività politica sono indissolubilmente legati. Artista dissidente, in aperto contrasto col governo cinese, è noto per il suo impegno sociale a favore della libertà di espressione e dei diritti umani. Attualmente è all’attenzione dei media di tutto il mondo per la sua protesta politica a favore dei rifugiati. A fine gennaio 2016 chiude anticipatamente la mostra Ruptures alla Fondazione Jens Faurschou di Copenaghen per protesta contro la decisione del governo danese di confiscare i beni ai rifugiati e richiedenti asilo. Qualche giorno dopo viene ritratto dal fotografo Rohit Chawla in una posa che richiama la sconvolgente immagine di Alan Kurdi, diventato il simbolo della crisi dei rifugiati siriani. In occasione dalla mostra Ai Weiwei. Libero ventidue grandi gommoni di salvataggio saranno ancorati alle finestre di Palazzo Strozzi. Con questa installazione intitolata Reframe (Nuova cornice) Ai Weiwei vuole attirare l’attenzione sulla crisi umanitaria e di valori che sta scuotendo le fondamenta dell’Europa.

width=A sinistra in alto: Ai Weiwei è ritratto dal fotografo Rohit Chawla in una posa che richiama l’immagine di Alan Kurdi.
A sinistra in basso: il post su Instagram di Ai Weiwei che annuncia la chiusura anticipata della mostra Ruptures alla Fondazione Jens Faurschou di Copenaghen.
A destra: Reframe, rendering del progetto per la facciata di Palazzo Strozzi.

 

6. Reinventa l’antico
Nel lavoro di Ai Weiwei si trovano molto spesso riferimenti alle tecniche artistiche e artigianali cinesi passate e presenti. Riallacciandosi alla tradizione, l’artista crea oggetti in porcellana realizzati artigianalmente a Jingdezhen, storica capitale di questa produzione. Nel 2010 Ai Weiwei realizza la gigantesca installazione Sunflower Seeds (Semi di girasole) per la Tate Modern a Londra. Mobilita 1600 artigiani, che modellano, dipingono a mano e cuociono cento milioni di semi di girasole in porcellana. Tra le opere legate al passato rientra anche Map of China (Mappa della Cina; 2003), scultura-puzzle formata da legni di tipo tieli, il pregiato “legno ferro”, recuperati dai templi della dinastia Qing (1644-1911) distrutti dal governo cinese per essere sostituiti da moderne costruzioni.

width=A sinistra: Ai Weiwei con l’installazione Sunflower Seeds alla Tate Modern di Londra, 2010.
A destra: Map of China, 2013. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

 

7. È anche un architetto
Pur non avendo mai frequentato corsi di architettura, nel 1999 Ai Weiwei progetta la propria casa-studio, l’ormai iconico numero 258 nel villaggio di Caochangdi, quartiere artistico a nord-est di Pechino, costruendola in soli sessanta giorni seguendo metodi tradizionali e utilizzando materiali locali. Nel 2002 Ai Weiwei accetta l’invito degli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron di collaborare quale consulente artistico al progetto per lo stadio di Pechino destinato ai Giochi olimpici. Il grandioso Nido di uccello (The Bird’s Nest), è il simbolo delle Olimpiadi del 2008, e il risultato più “ufficiale” in questo settore e di tutta la carriera di Ai Weiwei.

width=A sinistra: la costruzione della casa-studio di Ai Weiwei al numero 258 nel villaggio di Caochangdi.
A destra: la costruzione e l’inaugurazione del Nido di uccello, simbolo delle Olimpiadi del 2008 a Pechino.

 

8. È stato in prigione
L’evento che incide più profondamente sulla vita di Ai Weiwei risale al 3 aprile 2011, quando viene arrestato all’aeroporto internazionale di Pechino a causa della sua attività di opposizione al governo. Ai Weiwei viene detenuto illegalmente per 81 giorni in un luogo segreto, sorvegliato senza interruzione da due guardie. Al momento del rilascio è accusato di evasione fiscale, gli viene ritirato il passaporto, impedito di lasciare Pechino per un anno, proibito di pubblicare articoli su Internet e di parlare con la stampa, mentre le sue opere sono allontanate dai musei e il suo nome cancellato dai motori di ricerca e da Sina Weibo, il canale social più popolare in Cina. L’artista viene segregato in casa propria, con agenti di polizia che piantonano la zona e una ventina di telecamere di sorveglianza collocate sui pali della luce. Il 22 luglio 2015 all’artista viene ridato il passaporto. È libero di raggiungere la Germania, dove risiedono la compagna e il figlio Ai Lao.

width=A sinistra: telecamere di sorveglianza davanti allo studio di Ai Weiwei.
A destra: Ai Weiwei con il passaporto che gli è stato restituito dal governo cinese nel 2015.

 

9. È estremamente attivo sui social media
L’uso dei nuovi media è da più di dieci anni uno dei maggiori tratti distintivi dell’opera di Ai Weiwei. Nel 2005 su richiesta del portale cinese SINA, Ai Weiwei inizia a tenere un blog corredandolo di fotografie sulla sua attività artistica e vita personale. Nel maggio 2009, in seguito al terremoto che il 12 maggio 2008 provoca nel Sichuan circa settantamila vittime, Ai Weiwei pubblica l’elenco di migliaia di bambini e ragazzi morti nel crollo di una ventina di scuole, collassate a causa dei materiali scadenti utilizzati nella costruzione degli edifici. Il blog, che raggiunge centinaia di migliaia di contatti il giorno, è oscurato dal governo cinese. Durante i suoi arresti domiciliari, dal 2011 al 2015, Ai Weiwei ha trovato nei social media una nuova possibilità di esprimersi. Dal suo studio ha iniziato a creare e a condividere video, film documentari, meme ironici, foto e registrazioni audio. Con il suo uso creativo e allo stesso tempo compulsivo di Twitter e Instagram, Ai Weiwei ha completamente sfruttato la forza di Internet come strumento di espressione pubblica.

10. È un “uomo del Rinascimento”
Attraverso le sue azioni e le sue opere Ai Weiwei dimostra costantemente di vedere il mondo in una luce diversa e di essere pronto a restituirci la sua visione dell’arte rivolta alla ricerca del significato più profondo dell’essere umano. Anche per questo è stato definito un moderno “uomo del Rinascimento”: un uomo che, attraversando generi artistici diversi, – dall’architettura al cinema, dalla fotografia alla poesia, dalla scultura alla pittura – può trasformare un manufatto artigianale in arte, un oggetto inerte come un tondino di ferro o un gommone nel grido lacerante dell’umanità. Ai Weiwei non è semplicemente una delle tante star del sistema dell’arte contemporaneo, e non è nemmeno soltanto un attivista rivolto ai problemi della modernità, ma è piuttosto un libero pensatore che dimostra di voler dare all’arte un importantissimo ruolo sociale e politico, nel senso più nobile del termine.

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In occasione della mostra che inaugurerà a settembre, Palazzo Strozzi ha creato all’interno del proprio sito la Ai Weiwei Story: un racconto della vita dell’artista tramite immagini e video, che ripercorre i momenti più importanti della sua storia artistica e personale.

 

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“Liu Xiaodong: Migrazioni”: il punto di vista del Direttore

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di Arturo Galansino, Direttore Generale Fondazione Palazzo Strozzi

I progetti artistici di Liu Xiaodong nascono da un personale rapporto con i luoghi e le persone che li abitano; luoghi con cui egli entra in contatto attraverso un’indagine documentaristica fatta, oltre che di immagini pittoriche, anche di annotazioni scritte, disegni, schizzi, fotografie, video e immagini catturate con il cellulare. La sua pittura nasce dalla somma di queste ricerche scaturite dall’osservazione del reale e la potenza del suo linguaggio pittorico risiede proprio in questo rapporto “dal vero” e nella capacità di rallentare la visione richiamando l’attenzione su soggetti a prima vista ordinari. L’idea della mostra di Liu Xiaodong alla Strozzina di Palazzo Strozzi, organizzata in collaborazione con la galleria Massimo De Carlo, si è sviluppata partendo dalla contestualizzazione del lavoro dell’artista e dal suo interesse per la vicina Prato, dove forti sono le contraddizioni a causa dell’importante presenza cinese che caratterizza la città da circa trent’anni. L’approccio dell’artista alla realtà, oggetto della sua pittura, consiste proprio nella ricerca dell’imperfezione e del contrasto: “What I’m interested in are imperfect things filled with contradictions”, dichiara in un’intervista pubblicata nel catalogo della mostra Hometown Boy presso l’UCCA di Pechino (2010).

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Da un lato Prato, come luogo di intenso contrasto, e dall’altro la dirompente bellezza della campagna toscana, hanno rappresentato per l’artista i due punti di osservazione della realtà. Innamoratosi del paesino di Chiusure, tra le Crete senesi e la Val d’Orcia, dove in passato aveva trascorso un periodo di studio e lavoro, Liu Xiadong ha voluto rappresentarlo in mostra come luogo ideale e “sognato”, immagine della Toscana da cartolina meta del turismo internazionale, opposto alla Toscana delle fabbriche pratesi che invece ha rappresentato il sogno dei cittadini di Wenzhou alla ricerca del benessere economico. Il racconto che il pittore ha creato per Palazzo Strozzi nasce quindi da Prato e dall’immagine sognata della Toscana per poi proseguire fino ai confini d’Europa, a quei luoghi oggi attraversati dai migranti in cerca di una vita migliore. Il progetto Migranti, infatti, è stato concepito allargandosi concettualmente dai luoghi a noi noti fino a un discorso più ampio sulla crisi che interessa l’Europa in maniera sempre più grave e urgente. La serie di dipinti intitolata Refugees è dedicata ai migranti di oggi, quelli degli anni Dieci del Duemila, che fuggono per motivi sociali, umanitari e politici, diversamente dai cinesi provenienti dalla città-prefettura di Wenzhou giunti a Prato tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento per ragioni economiche. I soggetti di questi dipinti sono persone provenienti dalla Siria, dal Medioriente o dal Nord Africa, incontrate nel suo viaggio tra Vienna, Bodrum (Turchia) e Kos (Grecia) che hanno condiviso dei momenti di vita con l’artista.

width=Liu Xiaodong, Refugees 4 (Rifugiati 4), 2015, Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/ Hong Kong

La serie Chinatown rappresenta invece persone e luoghi incontrati durante il suo soggiorno a Prato, come l’interno di un laboratorio tessile o i momenti di vita ordinaria e di relax colti durante le esplorazioni nel Macrolotto Zero, residenza della maggior parte dei cittadini cinesi pratesi. Non è soltanto il conflitto culturale e sociale che Liu Xiaodong qui vuol raccontare, ma anche la quotidianità e la consuetudine di vita di un gruppo sociale che ha una storia importante e un percorso unico nella storia italiana ed europea, come ci racconta il giornalista e sociologo Giorgio Bernardini nel saggio “>Sogni di gloria economica: i destini incrociati di Prato e Wenzhou nel catalogo e nella sala della mostra da lui curata e dedicata a questo tema. In tutte le sue opere lo stile pittorico di Liu Xiaodong è controllato e consapevole, immerso nella realtà che vuol registrare. Come un moderno macchiaiolo, scrive sempre in catalogo Francesco Bonami nel saggio “Pennellate istantanee”, l’artista sembra rifuggire un particolare coinvolgimento emotivo o espressivo e legarsi invece all’oggettività dell’immagine, filtrata dal primo approccio fotografico e video. Il pittore, che in passato aveva avuto aspirazioni di regista cinematografico, presenta qui i suoi dipinti assieme ad un film documentario realizzato da Yang Bo, direttore della Shengshizeyu Advertising Company di Pechino.

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In alto Liu Xiaodong, Chinatown 4, 2016. In basso Liu Xiaodong, Chinatown 3, 2015. Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/Hong Kong

Nel voler mostrare e descrivere il “vero”, Liu Xiaodong porta l’osservatore a soffermarsi sul proprio rapporto con le immagini, sulla realtà e, di conseguenza, sui processi mentali ed emotivi messi in atto nei diversi momenti, esperienze, episodi della storia e della nostra vita. L’arte di Xiaodong ci dà occasione di riflettere sul nostro modo di vedere, capire, sentire la realtà. Ci porta a guardarci dall’esterno ed esplorare chi siamo.