De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus Uno sguardo nell’invisibile

26 febbraio 2010

18 luglio 2010


Pochi artisti italiani hanno avuto sull’arte del xx secolo un impatto pari a quello di Giorgio de Chirico. Le sue opere metafisiche furono come un sasso lanciato in uno stagno, il cui moto si propagò nel mondo dell’arte in cerchi concentrici, che diventarono più deboli nel tempo, ma si avvertivano ancora molti decenni dopo.
Il ventunenne De Chirico per primo percepì un nuovo modo di vedere il mondo nel corso di un soggiorno a Firenze: «Durante un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su una panca in mezzo a piazza Santa Croce […]. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta. E la composizione del quadro apparve al mio spirito […]. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile».
Quella “illuminazione” o “rivelazione”, come la chiamava De Chirico, permea i quadri dell’artista degli anni Dieci e Venti del Novecento. Mentre il secolo correva a precipizio verso la Prima guerra mondiale, l’esperienza dell’alienazione suggerì a De Chirico – molto prima di altri – di dipingere quello che definì “il grande silenzio”. Le sue opere che mostrano piazze spazzate dal vento, con figure solitarie e statue che fissano ciecamente lo spazio, continuarono a perseguitare a lungo gli artisti molto dopo che De Chirico dipinse L’enigma di un pomeriggio d’autunno nel 1909.

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