Il debutto di Peggy Guggenheim in Italia

di Ludovica Sebregondi

Alle 17 di giovedì 24 febbraio 1949 la mostra La collezione Guggenheim inaugurò a Firenze nei sotterranei di Palazzo Strozzi la Strozzina come nuovo spazio espositivo fiorentino dedicato principalmente all’arte contemporanea. Direzione, organizzazione e segreteria della Strozzina furono assunte dallo Studio Italiano di Storia dell’Arte, fondato e diretto dal critico Carlo Ludovico Ragghianti.
Peggy Guggenheim era tornata in Europa dagli Stati Uniti nel 1947 e aveva deciso di stabilirsi a Venezia, e proprio alla Biennale del 1948, la prima dopo la fine della guerra, aveva presentato la propria collezione.

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Peggy Guggenheim all’inaugurazione dell’esposizione della sua collezione presso il padiglione greco, alla XXIV Biennale di Venezia, mentre accoglie il Presidente Luigi Einaudi, 1948. © Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche, donazione Cassa di Risparmio di Venezia, 2005

La mostra fiorentina dell’anno successivo fu possibile anche grazie alla disponibilità di Rodolfo Pallucchini, Segretario Generale della Biennale, che aveva agevolato la realizzazione dell’esposizione. A Firenze, rispetto alla mostra dell’anno precedente, fu aggiunto circa un terzo di opere inedite per il pubblico italiano. La copertina del piccolo catalogo reca il 19 febbraio come data di inaugurazione e il 10 marzo quale giorno di chiusura. Non siamo in grado di confermare quest’ultima, mentre l’apertura fu rinviata al 24 febbraio.

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Copertina del catalogo della mostra “La collezione Guggenheim” che inaugura gli spazi espositivi della Strozzina, in Palazzo Strozzi a Firenze

Ricorda Peggy Guggenheim nell’autobiografia: «Quando arrivai a Firenze fui colpita […] da alcuni terribili paraventi che assomigliavano a tende da doccia e che erano stati sistemati per creare più spazio». Peggy ricorda Ragghianti come un «critico molto noto» che – dopo l’annullamento della mostra al Museo di Torino poiché le autorità avevano deciso «di non esporre quadri così moderni» – le aveva proposto di presentare la collezione «a Firenze nella Strozzina, la cantina del Palazzo Strozzi, che lui stava per trasformare in una galleria d’arte moderna». Se allestimento e spazi la lasciarono perplessa, Peggy fu invece molto soddisfatta del «catalogo eccellente, che da allora in poi rimase la base di tutti i cataloghi in italiano».

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Retro del catalogo della mostra, con un disegno di Max Ernst tratto dal catalogo della collezione di Peggy Guggenheim pubblicato, in inglese, nel 1942

La mostra della Collezione Guggenheim provocò a Firenze accese discussioni. La critica si divise: già la domenica precedente all’inaugurazione Pietro Annigoni sulle pagine del «Mattino dell’Italia Centrale» nella recensione dal famoso titolo Arriva a Palazzo Strozzi il baraccone della Guggenheim, si scagliò violentemente contro la «vecchia e annoiata miliardaria americana», ma soprattutto contro gli organizzatori della mostra, «certi antiquari o storici d’arte o studiosi d’arte», colpevoli di aver portato «nel cuore di Firenze […] una pagliacciata». Secondo Annigoni «mai come ora Firenze è apparsa cafona e provinciale», per essersi piegata a ospitare simili opere.

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Pietro Annigoni, Arriva a Palazzo Strozzi il baraccone della Guggenheim, “Il Mattino dell’Italia Centrale”, 20 febbraio 1949.

Non fu il solo, un pesante attacco fu sferrato da Piero Bargellini su un altro articolo uscito sul «Mattino dell’Italia Centrale». Il pezzo, intitolato con sarcastico gioco di parole Le commissioni della Signora Peggy, la presenta come un’ereditiera che invece «di fare incetta di canini di varie razze o d’idoletti cinesi», «ha messo insieme, con raffinato e perverso gusto, pezzi rari d’artisti cubisti, astrattisti, prunisti, simultaneismi, neoplasticisti, costruttivisti, supremalisti, dadaisti, surrealisti, neoclassicisti, primitivisti, e chi più n’ha, più ne metta». 
Non erano però solo i fiorentini a non comprendere l’importanza dell’esposizione, se la poetessa Elise Cabbot di Dublin, New Hampshire – entusiasta della quantità di quadri esposti – chiese: «Ma dove lo trova, Peggy, il tempo di dipingerli tutti?».