Bill Viola. Rinascimento elettronico e le opere dei grandi maestri del passato

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In occasione della mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico, nella cornice rinascimentale di Palazzo Strozzi, si crea uno straordinario dialogo tra antico e contemporaneo, attraverso un inedito confronto diretto delle opere di Viola con quei capolavori di grandi maestri del passato che sono stati per lui fonte di ispirazione e ne hanno segnato l’evoluzione del linguaggio.

Oltre al confronto fra The Greeting e la Visitazione del Pontormo che lo ha ispirato e di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, in mostra, per la prima volta, si potrà vedere dal vivo l’accostamento di Emergence con il Cristo in pietà di Masolino da Panicale che il video cita letteralmente.
Emergence, con altri tre video presenti in mostra, appartiene alla serie “The Passions” (2000-2002), alla quale Bill cominciò a lavorare durante un periodo di ricerca al Getty Research Institute di Los Angeles diretto da Salvatore Settis, nel 1998. Qui l’artista lavorò per un anno alla rappresentazione delle passioni e delle sofferenze umane studiando assieme ad un gruppo di storici dell’arte ed accademici e osservando le opere della collezione.

width=La sala della mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico (Palazzo Strozzi, 10 marzo-23 luglio 2017) che espone il Cristo in pietà di Masolino da Panicale a confronto con The Emergence di Bill Viola. Foto Alessandro Moggi.

“The Passions” è collegata all’arte antica nei temi e nei formati. Ad esempio, Catherine’s Room è una vera e propria “video-predella” – ispirata da un’opera del pittore tardogotico senese Andrea di Bartolo, Caterina da Siena e quattro beate domenicane (Venezia, Gallerie dell’Accademia) – in cui la rappresentazione di gesti e azioni quotidiani all’interno della ripetuta scatola spaziale evoca l’inesorabile scorrere della vita dei personaggi femminili. La confidenza di Bill con l’arte senese risale a un soggiorno a Siena nel 1977. Spese molto tempo nella Pinacoteca Nazionale, dove conobbe i maestri senesi del Trecento e Quattrocento, sui quali afferma:

«Duccio, Lorenzetti, Giovanni di Paolo, il Maestro dell’Osservanza – tutti artisti molto diversi dai grandi nomi dell’arte fiorentina. La loro opera era in parte medievale, in parte rinascimentale, e rifuggiva dal realismo fotografico del metodo ottico in favore di una geometria soggettiva improntata sulle sensazioni e su una profonda spiritualità»
(Bill Viola intervistato da John G. Hanhardt).

width=width=Sopra Caterina da Siena fra quattro beate domenicane (Giovanna da Firenze, Vanna da Orvieto, Margherita da Città di Castello, Daniela da Orvieto) e scene delle vite di Andrea di Bartolo, 1394-1398 circa, Venezia, Gallerie dell’Accademia. Sotto Catherine’s Room di Bill Viola, 2001, Courtesy Bill Viola Studio.

L’ispirazione iniziale per Emergence non scaturì direttamente da un rimando a una tradizione iconografica “alta”. La prima idea era rappresentare semplicemente una donna in atto di sorreggere un uomo. Sarà soltanto in seguito, sfogliando libri su Masaccio e Masolino da Panicale, che incontrò una tavola a colori rappresentante l’affresco staccato di Empoli. L’artista ne fece uno schizzo e ripose il libro sullo scaffale: non era e non è mai stata sua intenzione “rifare” le opere antiche. Un giorno una foto di cronaca, in cui due donne tiravano fuori da un pozzo il cadavere di un uomo, gli fece tornare alla mente l’opera di Masolino: ne nacque una grande produzione con attori e macchine sceniche, dove la forma di un sepolcro rinascimentale si fondeva con quella di un pozzo; la presenza dell’acqua portava così un simbolo di vita in quell’immagine di morte, alludendo cristianamente alla Resurrezione. Bill scelse una delle sue attrici più collaudate e altri due performer più giovani, che in seguito avrebbero lavorato con lui nel monumentale ciclo Going Forth By Day (2002). Il ruolo dell’attore – un atletico trapezista – fu particolarmente gravoso: dovette passare molto tempo sott’acqua ed usare tutte le sue doti fisiche per riemergere in posizione rigida e ieratica da quel seppellimento all’inverso. Secondo Bill, questa scena:

«Al nostro occhio contemporaneo, sembra un annegamento; per il mio occhio interiore si tratta di ostetricia. Simili immagini hanno vita propria perché sono libere ed autonome» (Going Forth By Day, 2002).

width=A sinistra Emergence di Bill Viola, 2002, Courtesy Bill Viola Studio. A destra il Cristo in pietà di Masolino da Panicale (dettaglio), 1424, Empoli, Museo della Collegiata di Sant’Andrea.

La nostra selezione di opere include due lavori appartenenti alla serie Going Forth By Day. Si tratta di un’installazione “architettonica”, di notevoli dimensioni, composta da cinque grandi video proiettati su quattro pareti, creando un’esperienza spaziale totalizzante che Bill ha assimilato ai grandi cicli affrescati della tradizione centro-italiana, da Giotto a Luca Signorelli.
La scena più spettacolare di tutta la serie è probabilmente The Deluge, dove assistiamo all’esplosione di acqua che travolge una pura architettura classica ripresa frontalmente, spazzando via la quotidianità di una scena urbana popolata da varie persone diversamente affaccendate. A parte il dichiarato raffronto con l’ingarbugliato Giudizio universale di Signorelli a Orvieto, il repertorio visivo che sta dietro ad una tale invenzione affonda le sue radici nelle grandi scene “catastrofiche” della tradizione pittorica italiana, conosciute da Bill nelle sue peregrinazioni nel patrimonio delle chiese e dei musei fiorentini. Tra queste spicca, come capolavoro assoluto, l’affresco dipinto da Paolo Uccello per il Chiostro Verde di Santa Maria Novella che, con la sua monocromia, la geometrica architettura “metafisica” e i personaggi travolti dalle acque che non smettono di azzuffarsi, appare indiscutibilmente come l’antenato quattrocentesco del video di The Deluge.

width=La sala della mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico (Palazzo Strozzi, 10 marzo-23 luglio 2017) che espone Il Diluvio universale e recessione delle acque di Paolo Uccello a confronto con The Deluge di Bill Viola. Foto Alessandro Moggi.

Going Forth By Day è un epico “video-affresco” in cui Bill ha realizzato la sua composizione sin nei minimi dettagli cecando di catturare gli ideali storico-artistici creando, per rubare la definizione a John G. Hanhardt, un «Umanesimo del nostro tempo».
A questo concetto si rifanno anche le opere più recenti, come il dittico proiettato su grandi lastre di granito nero Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity.
Il dittico si ispira, alla sensuale rappresentazione dei giovani corpi nudi di Adamo ed Eva, tipica della iconografia düreriana. Durante una illuminante visita al Prado nel 1984, resa celebre nei suoi racconti, Bill rimase particolarmente colpito da Adamo ed Eva di Albrecht Dürer; e quest’impressione decantò nella sua mente per una trentina d’anni, fino alla realizzazione di quest’opera in cui due anziani personaggi indagano alla luce di una torcia i loro corpi in disfacimento come in una vanitas contemporanea. Due belle tavole di Lukas Cranach ispirate a Dürer sono esposte vicine alla videoinstallazione.

Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra

width=Sopra Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity di Bill Viola ed Adamo ed Eva di Lukas Cranach, esposti a Palazzo Strozzi. Foto Alessandro Moggi.

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The Greeting di Bill Viola e la Visitazione del Pontormo – Capolavori a confronto

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In occasione della mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico (Palazzo Strozzi, 10 marzo-23 luglio 2017) non ci si poteva esimere dall’avvicinare ancora una volta The Greeting al quadro che lo ha ispirato: la Visitazione del Pontormo.
Il confronto venne fatto già una volta, nel 2001 a Carmignano, e poi ripetuto nell’epocale mostra del 2014 Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della Maniera a Palazzo Strozzi, ma in entrambi i casi in modo indiretto, ovvero con il video allestito in un ambiente separato rispetto al dipinto.

width=A sinistra la Visitazione di Pontormo, a destra The Greeting di Bill Viola.

The Greeting, presentato con clamore nel padiglione americano alla Biennale di Venezia nel 1995, ha una notevole importanza nel corpus dell’artista e corrisponde al primo lavoro di una nuova sperimentazione legata all’arte antica.
Pontormo sembra essere l’old master preferito di Bill, che ricorda così la sua visita, al tempo del suo soggiorno fiorentino, alla Deposizione, capolavoro del maestro in Santa Felicita, con quella sua composizione estrema e quei colori allucinati che ricordavano all’artista i paradisi lisergici cari alla beat generation:

«La Visitazione di Pontormo è stata la prima opera d’arte antica che mi ha ispirato. […] Ero entrato nella chiesa di Santa Felicita, subito dopo Ponte Vecchio, a vedere la Deposizione. Fui molto colpito dai colori. Uscendo mi domandai, sinceramente, che cos’avesse fumato il pittore per dipingere quei rosa, per dipingere quegli azzurri incredibili. Sembrava che avesse lavorato sotto l’effetto dell’LSD.
Ma la Visitazione no, non l’avevo vista. Del resto stava fuori Firenze, a Carmignano. Il mio incontro con quel quadro è avvenuto anni dopo, in California. Una storia buffa. […] Ero andato in una libreria, cercavo un libro, non ricordo più quale. Mentre stavo uscendo vedo con la coda dell’occhio un volume appoggiato sul banco. Un nuovo testo su Pontormo. Sulla copertina era riprodotta la Visitazione, mi colpirono i colori. Di quel quadro non sapevo niente, ma non potevo smettere di guardarlo. Ho comprato il libro e l’ho portato a casa. Ma aspettai mesi prima di prenderlo in mano. Alla fine, apro il libro, lo leggo, resto affascinato dalle idee, dai colori di quel pittore»
(Il colore Viola del Manierismo 2014).

width=La sala della mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico (Palazzo Strozzi, 10 marzo-23 luglio 2017) che espone la Visitazione di Pontormo a confronto con The Greeting di Bill Viola.

Bill lavorò perciò al suo video senza aver visto dal vero la pala di Carmignano, veduta solo nel 2001. Un incontro ravvicinato con il Pontormo giovanile avvenne soltanto alla fine del 2013, attraverso Palazzo Strozzi, mentre era in restauro in preparazione della mostra Pontormo e Rosso, nello studio di Daniele Rossi a Firenze. In quell’occasione Bill si congeda dal capolavoro scrivendo sul libro degli ospiti del laboratorio queste parole:

«For Master Pontormo,
Thank you for your Inspiration and your Spirit.
I am forever grateful for all that you had given me. You are a great master.
I wish I could show you my work with the Moving Image.
I look forward to seeing you in Heaven, in the section for Artists.
With gratitude and respect
Bill Viola»

width=Il pensiero dedicato a Pontormo scritto da Bill Viola sul libro degli ospiti nel laboratorio di Daniele Rossi, 2013.

 

width=“L’incontro” di Bill Viola con la Visitazione di Pontormo durante il restauro dell’opera nel 2013.

The Greeting aprì a Bill un nuovo e sterminato territorio creativo, cambiando la natura spontanea e diretta del suo modo di catturare immagini in vere e proprie produzioni cinematografiche. Anche i suoi temi si svilupparono e, dalla vita quotidiana ripresa da telecamere a mano e dai viaggi avventurosi assieme a Kira, passò a trattare di storie bibliche e riferirsi alla grande tradizione artistica occidentale. In quest’opera una scena di pochi secondi viene dilatata attraverso un rallentamento estremo, grazie all’utilizzo di una telecamera speciale in grado di ottenere trecento fotogrammi al secondo. Ciò che interessava all’artista era la rappresentazione di un momento preciso, semplice e quotidiano, quello dell’incontro fra tre donne, all’interno del quale mostrare le complesse dinamiche interiori e sociali di un fatto così ordinario.
Secondo Bill questa sfida, nella quale egli stesso si stava cimentando, era ancor più dura per i pittori del passato, che potevano contare su un solo “fotogramma”, attorno al quale “mettere la cornice”.

Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra

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Il 2017 di Palazzo Strozzi

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Il 2017 a Palazzo Strozzi è iniziato con il grande successo di Ai Weiwei. Libero, terminata domenica 22 gennaio, una delle mostre di arte contemporanea più visitate di sempre in Italia. La mostra ha infatti raggiunto la cifra record di 150.000 visitatori, riscuotendo allo stesso tempo un grandissimo successo di critica.

 

BILL VIOLA. RINASCIMENTO ELETTRONICO

È cominciato quindi il conto alla rovescia per Bill Viola. Rinascimento elettronico che aprirà al pubblico venerdì 10 marzo. Fino al 23 luglio 2017 questa grande mostra celebrerà il maestro indiscusso della videoarte contemporanea, in dialogo con l’architettura di Palazzo Strozzi e in un inedito confronto con grandi capolavori del Rinascimento.

width=La rassegna si pone come un evento unico per ripercorrere la carriera dell’artista, in un percorso espositivo unitario tra Piano Nobile e Strozzina – attraverso straordinarie esperienze di immersione tra spazio, immagine e suono – dalle prime sperimentazioni degli anni settanta fino alle grandi installazioni successive al Duemila.
Uno straordinario dialogo tra antico e contemporaneo attraverso il confronto delle opere di Viola con quei capolavori di grandi maestri del Rinascimento che sono stati per lui fonte di ispirazione.
Sarà così protagonista la speciale relazione tra Bill Viola e Firenze. È qui infatti che l’artista ha iniziato la sua carriera nel campo della videoarte quando, tra il 1974 e il ’76, è stato direttore tecnico di art/tapes/22, centro di produzione e documentazione del video. Il rapporto con la storia e l’arte toscana verrà inoltre esaltato attraverso importanti collaborazioni con realtà museali e istituzioni come il Grande Museo del Duomo, le Gallerie degli Uffizi e il Museo di Santa Maria Novella a Firenze, ma anche con le città di Empoli e Arezzo.

width=Bill Viola nello studio di Daniele Rossi nel 2013 a Firenze, insieme alla Visitazione del Pontormo, sottoposta a restauro

 

ARTE A FIRENZE NEL SECONDO CINQUECENTO

Successivamente, dal 22 settembre 2017 al 21 gennaio 2018, Palazzo Strozzi ospiterà una straordinaria mostra dedicata all’arte del secondo Cinquecento a Firenze, ultimo atto d’una trilogia dedicata all’arte del XVI secolo a Firenze, iniziata con Bronzino nel 2010 e Pontormo e Rosso Fiorentino nel 2014.
La mostra, a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali e allestita negli spazi del Piano Nobile, si confronterà con lo sviluppo dell’arte fiorentina nella seconda metà del secolo attraverso dipinti, sculture e disegni di artisti come Andrea del Sarto, Bronzino, Pontormo, Giorgio Vasari, Giambologna, Bartolomeo Ammannati, Santi di Tito.
Un’occasione irripetibile per scoprire l’eccezionale epoca culturale e di estro intellettuale segnata dalla Controriforma del Concilio di Trento e dalla figura di Francesco I de’ Medici, uno dei più geniali rappresentanti del mecenatismo di corte in Europa.

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Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, La Notte, 1553-1555, Roma, Galleria Colonna

 

UTOPIE RADICALI

Sempre in autunno gli spazi della Strozzina ospiteranno Utopie Radicali (20 ottobre 2017-21 gennaio 2018), un’esposizione – prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Fondazione CR Firenze e Osservatorio per le Arti Contemporanee – dedicata alla straordinaria stagione creativa fiorentina del movimento radicale tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Per la prima volta in un’unica mostra saranno esposte le opere visionarie di gruppi e personalità come 999, Archizoom, Remo Buti, Gianni Pettena, Superstudio, Ufo, Zzigurat, in un caledoscopico dialogo tra oggetti di design, video, installazioni, performance e narrazioni. Il racconto di un altro mondo possibile, un’utopia critica che ha avuto il merito di rompere con lo status quo di quegli anni, rendendo Firenze il centro di una rivoluzione di pensiero che ha segnato lo sviluppo delle arti a livello internazionale.

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Zzigurat, Linear City, 1969, Firenze

 

L’obiettivo del 2017 è rendere Palazzo Strozzi un luogo ancora più vivo e ancora più aperto, a Firenze e al mondo, non solo grazie a queste grandi mostre, ma anche grazie alle conferenze, agli eventi e alle attività che qui saranno realizzate.
Speriamo di incontrarvi presto.

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I post del giovedì: l’Angolo del Curatore

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Durante la mostra Ai Weiwei. Libero ogni giovedì avete trovato sul nostro canale Facebook un post per approfondire e scoprire curiosità legate all’artista e alle opere esposte. È il nostro Angolo del Curatore, una rubrica che esiste ormai da anni, e che per Ai Weiwei ha visto in tutto 15 post scritti personalmente da Ludovica Sebregondi, che ricopre appunto il ruolo di curatrice della Fondazione Palazzo Strozzi.
Ecco i post che avete amato di più, una classifica che avete fatto voi con i vostri like e le vostre condivisioni.

L’Angolo del Curatore, tornerà dopo l’inaugurazione della prossima mostra dedicata a Bill Viola, sempre di giovedì. Vi aspettiamo quindi dal 15 marzo sulla pagina Facebook di Palazzo Strozzi.

 

1) Gatti e cani

Scrive Ai Weiwei: «I gatti e i cani in casa mia godono di molti privilegi; sembrano più loro i signori del castello di quanto non lo sia io. Le pose piene di contegno che assumono nel cortile spesso mi ispirano più gioia che la casa stessa. Sembrano dire: “Questo è il mio territorio”, e ciò mi rende felice. Comunque, non ho mai progettato uno spazio speciale per loro. Non riesco a pensare come un animale e questa è una delle ragioni per cui li rispetto: per me è impossibile entrare nel loro regno. Tutto quello che posso fare è aprir loro la mia casa, osservarli, e alla fine scoprire che amano questo o quel posto. Sono imprevedibili».

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2) Possedere un’opera di Ai Weiwei e non saperlo

Ai Weiwei si è mantenuto a New York tra gli anni ottanta e novanta anche facendo ritratti a Times Square. Chissà quanti si sono fatti ritrarre e hanno poi perso quel disegno? Oppure lo conservano ignari del suo valore, e di aver scelto un giovane con un grande futuro.

width=Ai Weiwei a Times Square, 1987, New York Photographs 1983-1993, Courtesy of Ai Weiwei Studio.

 

3) Un’incisione resa in 3-D

Ai Weiwei in The Wave (2004) ha reso tridimensionale un particolare della xilografia La grande onda di Kanagawa di Hokusai (1830-1831).

width=A sinistra: Ai Weiwei, The Wave (L’onda), 2004, Courtesy of Ai Weiwei Studio.
A destra Katsushika Hokusai, La grande onda di Kanagawa, 1830-1831, dettaglio.

 

4) Leg Gun, la misteriosa “Gamba fucile”

Ai Weiwei nel giugno 2014 ha postato una fotografia su Instagram, e il suo gesto di imbracciare la gamba come se fosse un fucile è diventato virale in rete come “Leg Gun”. Giorni dopo l’artista ha aggiunto, come spiegazione un’istantanea del balletto Il Distaccamento Rosso Femminile, presentato la prima volta in Cina nel 1964. Era una delle otto uniche opere ammesse nel periodo della Rivoluzione Culturale, ricavata da un precedente film diretto dal politico Zhou Enlai. La vicenda è basata sulla storia vera di un gruppo di donne dell’isola Hainan, che combatterono contro le forze del Guomindang, negli anni ’30.
Ringraziamo Pio Tarantino – laureatosi alla Sapienza di Roma con una tesi sugli autoritratti dei fotografi cinesi contemporanei – per questo approfondimento.
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5) Sei volte Arturo

La foto di Alessandro Moggi mostra uno dei possibili giochi di rifrazione consentiti da Crystal Cube (2014, Courtesy of Ai Weiwei Studio), un cubo in cristallo di un metro per lato che è un vero e proprio caleidoscopio: ed ecco Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi, per sei.
E voi, siete capaci di scattare una foto – senza toccare l’opera, la più fragile di quelle esposte – in cui l’immagine sia ripetuta un numero superiore di volte?

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Ai Weiwei. Libero. Una sfida per Palazzo Strozzi

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Fin da subito la mostra si è profilata come una sfida, sfida culturale e sfida di carattere tecnico.
Si trattava di portare installazioni di arte contemporanea all’interno di una struttura infinitamente più fragile e complessa delle grandi architetture per le quali l’arte contemporanea è pensata. La scelta curatoriale è stata perciò molto calibrata, pensata specificamente per le esigenze degli spazi di Palazzo Strozzi, per fornire al visitatore un percorso espositivo comprendente una rassegna il più possibile esaustiva della produzione di Ai Weiwei.

Sono presenti anche opere nuove, concepite apposta per Palazzo Strozzi. In particolare i quattro ritratti in LEGO di personaggi storici continuano, legandola saldamente alla storia di Firenze, la famosa galleria dedicata ai dissidenti politici di tutto il mondo attraverso le effigi di Dante, l’esiliato per eccellenza della nostra storia letteraria, di Galileo, personaggio che incarna gli ideali di verità e l’oppressione contro il progresso della scienza, di Savonarola, il predicatore simbolo della morale che si oppone al potere (personaggio controverso che, anche per questo motivo, ha interessato particolarmente l’artista) e, per legarsi ulteriormente alla nostra sede espositiva, di Filippo Strozzi, fondatore del palazzo e strenuo oppositore della famiglia Medici.
I quattro nuovi ritratti formano una sezione dedicata al Rinascimento, assieme a Divina Proportio, il poliedro che ricorda i disegni di Leonardo per il trattato di Luca Pacioli, ma che ha avuto come prima fonte di ispirazione un gioco usato dai gatti che popolano lo studio di Ai Weiwei a Pechino.

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Sopra: la sala Renaissance in mostra, dedicata alla rilettura del Rinascimento.
Sotto, da sinistra a destra: Dante Alighieri in LEGO, Filippo Strozzi in LEGO, Girolamo Savonarola in LEGO, Galileo Galilei in LEGO, 2016, Mattoncini LEGO. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

Sono stati pochi, fino a ora, i contatti tra l’opera di Ai Weiwei e il Rinascimento italiano, ma mi ha colpito molto, durante una visita fatta insieme agli Uffizi, vedere l’artista, sempre impenetrabile e controllato, quasi commosso di fronte alla Nascita di Venere e alla Primavera. I due capolavori di Botticelli erano infatti illustrati in uno dei pochi libri con immagini che da bambino egli aveva a disposizione negli anni dell’esilio nel deserto del Gobi, quando il padre, il poeta Ai Qing, era costretto dal regime di Mao alla rieducazione attraverso i lavori forzati.
Proprio agli Uffizi l’artista ha deciso di donare un autoritratto di LEGO – che si aggiunge alla più grande collezione al mondo di autoritratti – e nella Galleria, durante la mostra, viene esposta una iconica Surveillance Camera in marmo, messa in relazione con il Corridoio Vasariano, simbolo del potere e del controllo del principe sulla città.
Questa non è l’unica collaborazione messa in atto: il Mercato Centrale di Firenze ospita un’installazione di maxi fotografie della serie Study of Perspective mentre, in novembre a Torino, presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia ha aperto la mostra documentaria e fotografica Around Ai Weiwei. Photographs 1983-2016 (fino al 12 febbraio 2017).

width=Sopra: Arturo Galansino e Ai Weiwei agli Uffizi nel dicembre 2015, Self-Portrait (Autoritratto) in LEGO, 2014, Courtesy of Ai Weiwei Studio e Surveillance Camera, 2010, Milano, collezione privata, qui fotografata agli Uffizi.
Sotto: l’ambientazione legata alla serie Study of Perspective al Mercato Centrale di Firenze, la locandina della mostra Around Ai Weiwei a CAMERA.

Un altro segno importante è Reframe, l’opera site-specific che si è impadronita di due lati della facciata di Palazzo Strozzi: una fila di ventidue grandi gommoni di salvataggio arancioni che si innestano come una decorazione – una nuova cornice, appunto – composta di corpi estranei installati sulla pura architettura rinascimentale. L’opera si inserisce nella nuova linea produttiva di Ai Weiwei, legata ai temi delle migrazioni e dei migranti. Reframe vuole essere, quindi, un monito, una sorta di grido d’allarme, ma anche di speranza verso una risoluzione del problema.

width=L’installazione Reframe per la facciata di Palazzo Strozzi.

Ospitare una simile retrospettiva oggi a Firenze significa pensare alla nostra città come a una moderna capitale culturale, legata non solo alle vestigia del proprio passato, ma finalmente in grado di partecipare in modo attivo al dibattito artistico e culturale del presente.

Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra

Eventi, Film, Conferenze. Non perderti il mese di dicembre a Palazzo Strozzi!

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width=Tanti gli appuntamenti in programma per il mese di dicembre a Palazzo Strozzi, ma anche in tutta la città di Firenze, collegati alla mostra Ai Weiwei. Libero (aperta fino al 22 gennaio 2017).
Inoltre in occasione del ponte dell’8 dicembre e del Natale l’esposizione resterà regolarmente aperta con i seguenti orari:
tutti i giorni, compresi i festivi dalle 10.00 alle 20.00
ogni giovedì, compresi i festivi dalle 10.00 alle 23.00
La biglietteria chiude un’ora prima rispetto all’orario di chiusura delle sale.

 

Conferenza Ai Weiwei tra Pechino, New York e Firenze
Giovedì 1° dicembre alle 17.00, presso il Lyceum Club Internazionale di Firenze

Dalla formazione dell’artista negli anni ottanta tra Pechino e New York, alla mostra di Palazzo Strozzi che celebra trent’anni della sua prolifica carriera con opere che espandono la sua ricerca e i suoi riferimenti culturali anche a Firenze e alla sua storia.

La conferenza, di Riccardo Lami e Ludovica Sebregondi, si terrà presso Lyceum Club Internazionale di Firenze, in via degli Alfani 48.
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili

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Giovedì per i Giovani
Giovedì 1° dicembre dalle ore 19.00 alle ore 22.00, a Palazzo Strozzi

In occasione della mostra Ai Weiwei. Libero un gruppo di studenti del Liceo Machiavelli-Capponi e del Liceo Michelangiolo di Firenze sarà a disposizione dei visitatori per conoscere l’opera dell’artista cinese e approfondire i temi che stanno dietro alle sue grandi installazioni.

Attività gratuita con il biglietto di ingresso della mostra.

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Proiezione del documentario BETWEEN FENCES
Giovedì 1° dicembre alle ore 20.45, presso il Cinema La Compagnia di Firenze

Il Festival dei Popoli, in occasione della sua 57esima edizione (25 novembre-4 dicembre) presenta, in collaborazione con Fondazione Palazzo Strozzi e la mostra Ai Weiwei. Libero, il focus Looking for Neverland, dedicato al tema dei rifugiati.

Nell’ambito del focus, il maestro del cinema documentario Avi Mograbi, sarà presente alla proiezione di BETWEEN FENCES (Francia/Israele, 84′, 2016), la sua ultima opera presentata allo scorso Festival di Berlino.

Biglietto intero € 7,00, ridotto: € 5,00
Cinema La Compagnia, Via Cavour 50/r, Firenze

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Palazzo Strozzi partecipa a Strings City
Sabato 3 dicembre dalle ore 20.30, a Palazzo Strozzi

Quaranta luoghi culturali cittadini si trasformano nel palcoscenico per trenta ore di musica, eventi musicali grandi e piccoli, realizzati solo con strumenti a corda.

Anche la Fondazione Palazzo Strozzi partecipa all’iniziativa ospitando il concerto Hic et Nunc (duo, quartetto e solista) a cura della Scuola di Musica di Fiesole. La musica contemporanea riempie gli spazi della mostra di Ai Weiwei. Libero, per un’immersione totale ed appagante nell’arte di oggi.

Primo spettacolo alle ore 20.30, in replica alle ore 21.30 e alle ore 22.30 (durata 30 minuti).
Biglietti esauriti, disponibile la sola lista d’attesa.

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Conferenza Artisti e attivisti nell’epoca dei social network
Mercoledì 7 dicembre alle ore 18.30, a Palazzo Strozzi

Alcuni artisti come Ai Weiwei hanno messo in luce le potenzialità e le contraddizioni della Rete come strumento che può farsi mezzo di emancipazione e diffusione del pensiero libero e al tempo stesso arma di controllo sociale.

La conferenza, di Fabio Chiusi e Domenico Quaranta si terrà presso la Sala Ferri di Palazzo Strozzi.
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili

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Giornata mondiale per i diritti umani

Sabato 10 dicembre dalle ore 11.00, al Mercato Centrale Firenze e a Palazzo Strozzi

Fondazione Palazzo Strozzi e Mercato Centrale Firenze si uniscono a Amnesty International in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani con un ampio programma di iniziative nell’ambito della mostra Ai Weiwei. Libero, aderendo a “Write for Rights”, la maratona mondiale di appelli di Amnesty International, anche quest’anno in favore di persone che stanno subendo violazioni dei diritti umani.
Alle ore 11.00 presso il Mercato Centrale Firenze si terrà una conferenza pubblica, mentre alle ore 15.00, 16.00, 17.00 e 18.00 saranno organizzate delle speciali visite guidate alla mostra di Palazzo Strozzi, in cui una selezione di opere di Ai Weiwei sarà illustrata insieme ad un approfondimento sui diritti umani.

Le visite sono gratuite con il biglietto di ingresso alla mostra.
Prenotazione obbligatoria
Tel. +39 055 2469600
prenotazioni@palazzostrozzi.org

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Stamp style wordmark / logo produced for Amnesty International’s Letter Writing Marathon or Write for Rights events in December 2014.
All Design Files are available for download here:
https://amnesty.app.box.com/s/7d6lhv4e4ea3gz0cz40u/1/2418301651

 

Incontro pubblico fra Arturo Galansino e Virgilio Sieni
Mercoledì 21 dicembre alle ore 19.00, presso CANGO

In occasione del Festival La democrazia del corpo (Cango, 8 ottobre-30 dicembre 2016), Arturo Galansino (direttore della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra) e Virgilio Sieni (direttore di Cango) tengono un incontro pubblico per discutere sul tema dell’uso del corpo nella pratica artistica di Ai Weiwei e in quella coreografica di Virgilio Sieni.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili
CANGO, via Santa Maria 25, Firenze.

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Libero. La nascita di una mostra

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L’idea di una mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi nasce da un mio contatto con l’artista, avvenuto verso la fine del 2014, prima di assumere il ruolo di Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi. Volendo portare a Firenze la grande arte contemporanea, ritenevo di estremo interesse invitare colui che è stato definito il più influente artista dei nostri tempi a “invadere” il Palazzo in tutti i suoi spazi, dalla facciata al cortile, dalla Strozzina fino al Piano Nobile. Oltre a realizzare la prima grande mostra italiana di Ai Weiwei, l’intenzione era di far uscire il contemporaneo dagli spazi sotterranei della Strozzina nella quale, fino ad ora, è stato “ingabbiato”, ovvero conferire all’arte del presente, anche a Firenze, una dignità pari all’arte del passato.

width=Immagini dell’allestimento della mostra Ai Weiwei. Libero a Palazzo Strozzi

Una scelta simile trascende le ragioni puramente storico-artistiche perché Ai Weiwei non è un artista come gli altri. Avendo denunciato la corruzione di Stato e il mancato rispetto dei diritti umani in Cina, è stato arrestato, picchiato, segregato e privato delle libertà fondamentali. La sua attività di dissidente è andata di pari passo alla produzione artistica, continuando a produrre opere che ne esplicitano le convinzioni politiche lasciando spazio alla creatività e alle sperimentazioni. Ai Weiwei è diventato un simbolo della lotta per i diritti umani, come attesta il titolo di “Ambassador of Conscience” conferitogli da Amnesty International, e la sua voce echeggia fuori dal mondo dell’arte, si rivolge all’umanità intera e ci parla di temi legati all’umanità stessa.

Al tempo del mio invito, accolto subito con entusiasmo, Ai Weiwei non poteva ancora lasciare la Cina e pensavo, quindi, che si sarebbe trattato di un’altra mostra con l’artista coinvolto soltanto da lontano. Organizzai così un paio di visite al suo studio di Pechino per rompere il ghiaccio, per descrivergli le ragioni della mostra e per presentargli Palazzo Strozzi. Tante volte avevo visto immagini di quel luogo, il mitico studio nel distretto Caochangdi a nord est di Pechino, al punto che mi sembrava di esserci già stato: all’esterno il cancello di ferro, la bicicletta con i fiori freschi nel cestino, in strada videocamere di sorveglianza piazzate ovunque e auto evidentemente in incognito; all’interno l’edificio dalle forme semplici in mattoncini grigi con un gran viavai di persone: curatori, giornalisti, collezionisti tutti ad incontrare il grande recluso, tra decine di gatti che partecipavano a ogni discussione e progetto. In quel contesto così speciale non era facile comunicare all’artista il senso profondo di Palazzo Strozzi e della novità dell’operazione alla quale stavamo per dar vita. La restituzione del passaporto nell’estate del 2015 ha cambiato le cose, egli avrebbe potuto seguire sin dall’inizio i lavori della mostra e da allora i nostri incontri – sempre documentati dagli scatti del suo seguitissimo account Instagram – si sarebbero svolti nella più vicina Berlino, dove egli possiede uno straordinario studio: un enorme labirinto sotterraneo ricavato da una fabbrica di birra dismessa.

width=Arturo Galansino e Ai Weiwei nel suo studio a Berlino

Proprio la riacquistata libertà di viaggiare rappresenta uno spartiacque, un nuovo inizio nella carriera di Ai Weiwei e coincide con un allargamento dell’orizzonte di ricerca dell’artista verso temi che vanno oltre i confini cinesi. Da questa premessa scaturisce la scelta del titolo Libero, ma l’aggettivo vuole anche sottolineare la totale libertà con la quale l’artista ha potuto confrontarsi con gli spazi di Palazzo Strozzi stravolgendolo e utilizzandolo, per la prima volta, come un unicum.

width=Ai Weiwei con il passaporto che gli è stato restituito dal governo cinese nel luglio 2015 e durante il sopralluogo a Palazzo Strozzi in dicembre

Con il suo nuovo passaporto, alla fine dell’anno scorso, Ai Weiwei era già a Firenze a effettuare i sopralluoghi. Per la prima volta si confrontava con un’architettura come quella di Palazzo Strozzi – uno dei più importanti palazzi civili del Quattrocento fiorentino – e la sua incredibile elasticità nel capire e interpretare gli spazi palesava la sua lunga esperienza di architetto e di artista. In quel momento cominciavano infiniti scambi e discussioni sulla mostra da farsi, il cui risultato è questa grande retrospettiva che attraversa trent’anni di carriera di uno dei più controversi personaggi del nostro tempo e che permette allo spettatore di seguire il rapporto ambivalente dell’artista cinese con il suo paese, diviso tra un profondo senso di appartenenza e un altrettanto forte impulso alla ribellione. L’opera di Ai Weiwei ci parla qui di temi importanti in modo potente e diretto, utilizzando strumenti e linguaggi artistici a cavallo tra Oriente e Occidente. Proprio esporre a Palazzo Strozzi rappresenta l’occasione di confrontarsi con il Rinascimento, momento fondante della cultura occidentale.

Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra

 

width=Arturo Galansino e Ai Weiwei sul loggiato di Palazzo Strozzi nel dicembre 2015.
Foto Alessandro Moggi

“Liu Xiaodong: Migrazioni”: il punto di vista del Direttore

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di Arturo Galansino, Direttore Generale Fondazione Palazzo Strozzi

I progetti artistici di Liu Xiaodong nascono da un personale rapporto con i luoghi e le persone che li abitano; luoghi con cui egli entra in contatto attraverso un’indagine documentaristica fatta, oltre che di immagini pittoriche, anche di annotazioni scritte, disegni, schizzi, fotografie, video e immagini catturate con il cellulare. La sua pittura nasce dalla somma di queste ricerche scaturite dall’osservazione del reale e la potenza del suo linguaggio pittorico risiede proprio in questo rapporto “dal vero” e nella capacità di rallentare la visione richiamando l’attenzione su soggetti a prima vista ordinari. L’idea della mostra di Liu Xiaodong alla Strozzina di Palazzo Strozzi, organizzata in collaborazione con la galleria Massimo De Carlo, si è sviluppata partendo dalla contestualizzazione del lavoro dell’artista e dal suo interesse per la vicina Prato, dove forti sono le contraddizioni a causa dell’importante presenza cinese che caratterizza la città da circa trent’anni. L’approccio dell’artista alla realtà, oggetto della sua pittura, consiste proprio nella ricerca dell’imperfezione e del contrasto: “What I’m interested in are imperfect things filled with contradictions”, dichiara in un’intervista pubblicata nel catalogo della mostra Hometown Boy presso l’UCCA di Pechino (2010).

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Da un lato Prato, come luogo di intenso contrasto, e dall’altro la dirompente bellezza della campagna toscana, hanno rappresentato per l’artista i due punti di osservazione della realtà. Innamoratosi del paesino di Chiusure, tra le Crete senesi e la Val d’Orcia, dove in passato aveva trascorso un periodo di studio e lavoro, Liu Xiadong ha voluto rappresentarlo in mostra come luogo ideale e “sognato”, immagine della Toscana da cartolina meta del turismo internazionale, opposto alla Toscana delle fabbriche pratesi che invece ha rappresentato il sogno dei cittadini di Wenzhou alla ricerca del benessere economico. Il racconto che il pittore ha creato per Palazzo Strozzi nasce quindi da Prato e dall’immagine sognata della Toscana per poi proseguire fino ai confini d’Europa, a quei luoghi oggi attraversati dai migranti in cerca di una vita migliore. Il progetto Migranti, infatti, è stato concepito allargandosi concettualmente dai luoghi a noi noti fino a un discorso più ampio sulla crisi che interessa l’Europa in maniera sempre più grave e urgente. La serie di dipinti intitolata Refugees è dedicata ai migranti di oggi, quelli degli anni Dieci del Duemila, che fuggono per motivi sociali, umanitari e politici, diversamente dai cinesi provenienti dalla città-prefettura di Wenzhou giunti a Prato tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento per ragioni economiche. I soggetti di questi dipinti sono persone provenienti dalla Siria, dal Medioriente o dal Nord Africa, incontrate nel suo viaggio tra Vienna, Bodrum (Turchia) e Kos (Grecia) che hanno condiviso dei momenti di vita con l’artista.

width=Liu Xiaodong, Refugees 4 (Rifugiati 4), 2015, Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/ Hong Kong

La serie Chinatown rappresenta invece persone e luoghi incontrati durante il suo soggiorno a Prato, come l’interno di un laboratorio tessile o i momenti di vita ordinaria e di relax colti durante le esplorazioni nel Macrolotto Zero, residenza della maggior parte dei cittadini cinesi pratesi. Non è soltanto il conflitto culturale e sociale che Liu Xiaodong qui vuol raccontare, ma anche la quotidianità e la consuetudine di vita di un gruppo sociale che ha una storia importante e un percorso unico nella storia italiana ed europea, come ci racconta il giornalista e sociologo Giorgio Bernardini nel saggio “>Sogni di gloria economica: i destini incrociati di Prato e Wenzhou nel catalogo e nella sala della mostra da lui curata e dedicata a questo tema. In tutte le sue opere lo stile pittorico di Liu Xiaodong è controllato e consapevole, immerso nella realtà che vuol registrare. Come un moderno macchiaiolo, scrive sempre in catalogo Francesco Bonami nel saggio “Pennellate istantanee”, l’artista sembra rifuggire un particolare coinvolgimento emotivo o espressivo e legarsi invece all’oggettività dell’immagine, filtrata dal primo approccio fotografico e video. Il pittore, che in passato aveva avuto aspirazioni di regista cinematografico, presenta qui i suoi dipinti assieme ad un film documentario realizzato da Yang Bo, direttore della Shengshizeyu Advertising Company di Pechino.

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In alto Liu Xiaodong, Chinatown 4, 2016. In basso Liu Xiaodong, Chinatown 3, 2015. Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/Hong Kong

Nel voler mostrare e descrivere il “vero”, Liu Xiaodong porta l’osservatore a soffermarsi sul proprio rapporto con le immagini, sulla realtà e, di conseguenza, sui processi mentali ed emotivi messi in atto nei diversi momenti, esperienze, episodi della storia e della nostra vita. L’arte di Xiaodong ci dà occasione di riflettere sul nostro modo di vedere, capire, sentire la realtà. Ci porta a guardarci dall’esterno ed esplorare chi siamo.

“Rappresentare le migrazioni” di Liu Xiaodong

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Lo scorso settembre, la Fondazione Palazzo Strozzi mi ha invitato ad andare a Prato. Parte della città è quasi interamente popolata da cinesi, che vi abitano e vi procreano da ormai due o tre generazioni. La pelletteria e i capi d’abbigliamento prodotti nelle loro fabbriche di Prato sono venduti in tutto il mondo. Dopo Prato ho anche tentato di seguire il tragitto che i rifugiati siriani stavano compiendo in quel periodo per entrare in Europa. Dalla penisola di Akyarlar, nel sud della Turchia, all’isola di Kos, e poi alla ferrovia che collega il confine ungherese a quello austriaco, fino ad arrivare alla stazione centrale di Vienna. Lungo il percorso, oltre ai rifugiati siriani c’erano anche molti afghani, pachistani, iraniani e africani.

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Liu Xiaodong, Sketched map of refugee trail to Europe 2015-2016. Courtesy Liu Xiaodong studio

La migrazione è sempre stata e sempre sarà un fenomeno ineludibile del genere umano, dal passato più remoto sino al futuro. Il desiderio di trovare un posto migliore, una vita più perfetta, è intrinseco nell’uomo. Le migrazioni sono colme di speranze ed energie e gravate da ansie e perdite.

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In alto Liu Xiaodong, Refugees 4 (Rifugiati 4), 2015, Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/ Hong Kong; in basso Liu Xiaodong, Photo paintings. Courtesy Liu Xiaodong studio.

Credo che il problema e l’angoscia che affliggono l’Europa siano legati alla necessità di trovare un modo per preservare le tradizioni della sua società e insieme gestire le difficoltà scaturite dalla convivenza nel continente di una moltitudine di persone delle culture più disparate. È qualcosa di analogo alla mia curiosità e apprensione verso il cambiamento, quando so che potrebbe essere un bene ma al contempo ho paura che minaccerà il mio vecchio stile di vita. I miei genitori invecchiano e muoiono, mia figlia cresce e affronterà problemi e pericoli di ogni sorta. Sono molto angosciato. Non posso fare altro che dipingerli. Dipingere ciò che vedo. Ma in una società in mutamento non vi è un’unica soluzione, un’unica risposta per placare quest’angoscia. L’Europa ed io siamo entrambi legati alle nostre angosce.

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Liu Xiaodong, Chinatown 3, 2015, Courtesy the artist and Massimo De Carlo, Milano/London/Hong Kong.

Vi invitiamo a visitare la mostra Liu Xiaodong: migrazioni alla Strozzina di Palazzo Strozzi fino al 19 giugno 2016.

Vi aspettano inoltre una serie di appuntamenti che approfondiscono le tematiche della mostra attraverso conferenze e talk che si terranno presso la Strozzina di Palazzo Strozzi: qui il calendario completo dell’iniziativa.

Dietro le quinte. Ascensori ad arte

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di Ludovica Sebregondi

Da molte mostre ormai l’ascensore di Palazzo Strozzi “si veste” per accogliere i visitatori ancor prima di entrare in mostra. Già salendo dal terreno al Piano Nobile si è proiettati tra le opere esposte, seguendo un filo narrativo, allusivo o ironico a seconda del tema dell’esposizione.

Sembra semplice, ma bisogna aggirare lacci e lacciuoli: si parte infatti da un’idea ma, come sempre, è necessario un lavoro di squadra. Compagnia di avventure fin dalle prime volte è stata Beatrice Pignotti, dello Studio RovaiWeber, che suggerisce e aiuta a capire quali immagini possano essere adatte: per poter sostenere un ingrandimento che deve arrivare a oltre due metri di altezza, devono essere foto ad altissima risoluzione, ma anche la sua sensibilità di grafica è fondamentale. Non si tratta delle uniche difficoltà, e non sempre le immagini scelte sono libere da diritti o i proprietari (musei o privati) acconsentono che vengano utilizzate per questo ambiente particolare. A questo punto viene in aiuto Manuela Bersotti, responsabile della gestione delle immagini della Fondazione Palazzo Strozzi. Una volta sottoposto il progetto al direttore generale Arturo Galansino, sarà Claudio Chiarusi di Stampa in Stampa, insieme al suo staff, a stampare i file e a posizionare le stampe nell’ascensore.

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È sempre una festa quando si arriva a questo momento poiché significa che la mostra è pronta, che tutte le opere sono arrivate a destinazione e sono già state collocate. Fino a poco prima l’ascensore è tappezzato di nastro adesivo, e subito dopo siamo pronti per l’inaugurazione.

Tra le tante mostre che in questi anni si sono susseguite, alcune hanno visto un ascensore particolarmente azzeccato. Così per Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici (dal settembre 2010 al gennaio 2011, sono passati ormai cinque anni), al centro una voluttuosa Venere (Roma, Galleria Colonna), non era concupita solo dal giovane Amore e da un satiro, ma anche da due uomini che le rivolgevano lo sguardo: in tralice il collezionista Pierantonio Bandini (Ottawa, National Gallery of Canada), intenso ma perplesso il condottiero, Stefano IV Colonna (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini).

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Solo un anno fa, nella primavera del 2015, un’occasione straordinaria ci è stata offerta da Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico: si era infatti accolti da splendidi e possenti corpi maschili già nell’ascensore, vera e propria “scatola nera della bellezza”, che preparava alle straordinarie sculture esposte in mostra. Se ai lati due figure erano viste dal retro, sulle ante mobili, vere e proprie quinte teatrali, apparivano di fronte un possente Eracle (Chieti, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo) e l’atletico Apoxyomenos di Efeso del Kunsthistorisches Museum di Vienna.

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Ed eccoci alla mostra attuale, Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim: in questo caso è la stessa Peggy Guggenheim, a grandezza naturale, ad accogliere i visitatori per accompagnarli in mostra. La fotografia appartiene all’Archivio Locchi ed è stata scattata il 24 febbraio 1949 al momento dell’inaugurazione dell’esposizione della Collezione Guggenheim che inaugurò gli spazi della Strozzina. A distanza di sessantasette anni dai sotterranei di Palazzo Strozzi le opere salgono al Piano Nobile e l’ascensore ne simboleggia l’ascesa.

width=E per la prossima mostra, Ai Weiwei a Palazzo Strozzi che si aprirà il 23 settembre 2016, chissà cosa ci inventeremo? Vi invitiamo fin da ora a scoprirlo.