Caterina un progetto con l’artista Cristina Pancini per A più voci

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A più voci è il programma che dal 2011 la Fondazione Palazzo Strozzi dedica alle persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura. Per ogni mostra vengono realizzati cicli di tre incontri, progettati e condotti in collaborazione con educatori geriatrici.

Fin dall’inizio di A più voci nel 2011 il terzo incontro di ogni ciclo è stato concepito come un “laboratorio”, nel quale favorire la comunicazione tra caregiver e persona con Alzheimer attraverso linguaggi differenti da quelli verbali.
Dalla primavera del 2016 si è aggiunta una nuova voce al progetto, quella di un artista, e il laboratorio è diventato, più propriamente, “un’esperienza”.
Dopo Virginia Zanetti, che ha collaborato nel 2016, a partire da gennaio 2017 abbiamo chiesto all’artista Cristina Pancini di creare un progetto specifico legato alle opere di Bill Viola. Dopo riflessioni, inciampi e passi avanti, sorretti da forte dialogo condiviso, ha preso forma il progetto Caterina.

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Il punto di partenza è stata l’opera Catherine’s Room, dove Bill Viola si è ispirato alla predella con Storie di Santa Caterina tra beate domenicane attribuita al pittore senese Andrea di Bartolo. È la stessa Santa la cui vita è narrata nella Legenda Maior scritta nel 1393 da Raimondo da Capua.

width=Bill Viola, Catherine’s Room, 2001, Courtesy Bill Viola Studio

Per la sua installazione video Bill Viola è stato attirato soprattutto dalle scene in basso della tavola di Andrea di Bartolo, che raccontano la vita intima di donne sole, con un tono quotidiano, scene in cui si ripete lo stesso spazio interno.

width=Andrea di Bartolo, Caterina da Siena fra quattro beate domenicane e scene delle vite, 1394-1398 circa, Venezia, Gallerie dell’Accademia

Emergono quindi tre Caterine: la Catherine di Bill Viola, la Santa Caterina del libro e quella della tavola trecentesca, tre rappresentazioni diverse e contemporaneamente un’unica figura.
Il progetto di Cristina si articola intorno a una nuova Caterina, questa volta una ragazza in carne e ossa che i partecipanti di A più voci hanno l’opportunità di incontrare: Caterina – Cristina o più semplicemente “Caterina”.

Il primo passo dell’esperienza rimane l’osservazione delle opere in mostra, ogni anziano con il proprio caregiver. Poi si torna nella sala del laboratorio, trasformata per l’occasione in uno spazio da esplorare attraverso quattro postazioni appositamente preparate e accompagnate ognuna da una lettera d’istruzioni: scrivere il proprio indirizzo di casa; guardare dentro la stanza per esaminarla con occhio attento e fotografarla; entrare in relazione con alcuni oggetti posti su un tavolo; guardare fuori (dalla finestra).

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La stanza costituisce anche una “sala d’attesa” per l’ultima tappa, che avviene in uno spazio separato in cui si trova Caterina. Qui ogni anziano con il proprio accompagnatore trova un taccuino, una penna e un’altra lettera. “È da molto tempo che non esco”, c’è scritto.
Quali possono essere i consigli da dare a qualcuno che sta per mettersi in viaggio dopo un periodo di separazione dal mondo? Riprendendo la tradizione dell’Album Amicorum le pagine si sono riempite con i suggerimenti di ognuno: “trova una brava sorella”, “annusa il profumo di una rosa”, “non perdere di vista il cielo e il mare”. Sono questi pensieri ad accompagnare Caterina nei suoi viaggi, dai quali sono giunti i racconti sotto forma di lettera indirizzata a ogni partecipante.

width=Caterina è diventata anche una pubblicazione, frutto di un lavoro a più mani, dove ogni aspetto, dalla scelta della carta all’impaginazione, da ogni singolo testo al tipo di carattere sono stati pensati e realizzati con cura. Una cartellina raccoglie quattro quaderni con le parole di ogni partecipante e le lettere che Caterina ha inviato dopo essere uscita nel mondo.

La pubblicazione nasce come collaborazione con la casa editrice Boîte.
Si ringrazia Cordenons per la fornitura della carta.

Scopri di più sul programma A più Voci a Palazzo Strozzi

L’esperienza dell’Alternanza scuola-lavoro a Palazzo Strozzi

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Quest’anno, durante l’anno scolastico 2016-2017, 14 ragazzi, per la metà studenti dell’ISIS Capponi-Machiavelli e per l’altra del liceo classico Michelangiolo, hanno avuto la possibilità di entrare a far parte dello staff della Fondazione Palazzo Strozzi, grazie al progetto di Alternanza scuola-lavoro.

L’Alternanza è un’esperienza formativa attuata dalla riforma scolastica della Buona scuola, per unire sapere e saper fare, orientare le aspirazioni degli studenti e aprire didattica e apprendimento al mondo esterno.
La Fondazione Palazzo Strozzi dal 2016 collabora con le scuole per il compimento di una parte delle ore totali che gli studenti dell’ultimo triennio dovranno completare.

Questa interazione tra i ragazzi (fra cui il sottoscritto) e la Fondazione Palazzo Strozzi ha lo scopo d’integrare gli studenti nell’organizzazione delle mostre partendo da mansioni semplici fino a incarichi via via più complessi e impegnativi, ma al tempo stesso più stimolanti.

width=Foto Martino Margheri

Inizialmente noi ragazzi abbiamo avuto un ruolo attivo nella preparazione dei materiali utilizzati dalla Fondazione per promuovere la conoscenza delle mostre agli insegnanti delle varie scuole della città di Firenze e della regione Toscana.

Successivamente abbiamo avuto l’opportunità di inserirci attivamente nelle mostre stesse come guide di quest’ultime, partecipando alle speciali aperture del giovedì sera nell’ambito del progetto chiamato Giovedì per i giovani, organizzato da Palazzo Strozzi.
In particolare abbiamo preso parte alla mostra dedicata a un artista cinese che negli ultimi tempi ha fatto molto parlare di sé: Ai Weiwei. Durante il corso di queste serate ci è stato affidato il compito di fare comprendere meglio la mostra Ai Weiwei. Libero, raccontandola ai suoi visitatori secondo il nostro personale punto di vista.

width=Foto Martino Margheri

Ora la nostra attenzione si è spostata sulla mostra in corso e sulle nuove e differenti tematiche e concetti proposti dal videoartista statunitense che ha avuto con la città di Firenze una relazione importante per lo sviluppo della propria attività e carriera artistica: Bill Viola.
Il confronto tra le sue opere e alcuni capolavori di grandi maestri d’arte del passato (tra i quali figurano nomi come Pontormo e Masolino) rappresenterà un’importante sfida per noi ragazzi e un’opportunità per avere una visione più completa del panorama artistico internazionale (n.d.r. il prossimo Giovedì per i giovani si terrà il 20 aprile 2017).

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Inoltre, in concomitanza con la mostra Bill Viola. Rinascimento elettronico e la fine dell’anno scolastico, noi ragazzi abbiamo avuto l’incarico di organizzare, sotto le direttive dei nostri tutor all’interno della Fondazione, una serata che si terrà giovedì 1° giugno negli spazi dell’esposizione e nel cortile di Palazzo Strozzi.

Una serata speciale, durante la quale noi “alternanti” ci troveremo in prima linea nelle fasi di progettazione e di realizzazione e che richiederà un nostro importante e profondo contributo.

Continuate a seguire i canali di Palazzo Strozzi per essere aggiornati sui nostri progressi e per avere maggiori dettagli sulla serata!

Giulio Pancani
“Alternante” dell’ISIS Capponi-Machiavelli

Muri, il laboratorio con l’artista Virginia Zanetti per A più voci

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Be involved. Speak your mind clearly. Let your voice be heard
Sii coinvolto. Esprimi le tue opinioni. Fai sentire la tua voce
Ai Weiwei

A più voci è il programma che dal 2011 la Fondazione Palazzo Strozzi dedica alle persone con Alzheimer e a chi se ne prende cura. Per ogni mostra vengono realizzati cicli di tre incontri,  progettati e condotti insieme da educatori museali e geriatrici.
A più voci, giunto alla sua dodicesima edizione, offre un’esperienza piacevole, stimolante ed emozionante da condividere insieme, per cercare nuovi modi di comunicare grazie alle emozioni suscitate dalle opere d’arte.

Un incontro di laboratorio making art completa ogni ciclo di attività. Fin dall’inizio il progetto è stato concepito per stimolare la comunicazione anche attraverso linguaggi differenti da quelli verbali. Sentire, toccare, manipolare, comporre o costruire sono opportunità di creazione e narrazione in dialogo con il proprio caregiver, con il resto del gruppo, con gli artisti esposti in mostra. Già il gesto di selezionare oggetti e materiali si è dimostrata un’occasione di espressione di sé importante all’interno del laboratorio.

width=Dalla primavera del 2016 si è aggiunta una nuova voce al progetto, quella dell’artista Virginia Zanetti, alla quale abbiamo chiesto di farci entrare nel suo linguaggio artistico. Le sue opere spesso prendono la forma di performance, traducendosi in sculture collettive, installazioni pubbliche o fotografie e per realizzarle Virginia richiede la collaborazione delle persone, che entrano così a far parte del processo artistico.

In occasione della mostra Ai Weiwei. Libero il punto di partenza è stato Souvenir da Shangai, un grande muro costruito con le macerie dello studio dell’artista distrutto a Shanghai dalle autorità cinesi. Un’installazione che parla di censura e del suo opposto, la libertà di parola. Da qui il titolo del laboratorio: Muri.

width=La riflessione si è indirizzata sulle parole che quotidianamente ognuno decide di non dire perché obbligato e frenato da convenzioni sociali, dalla paura o da limiti autoimposti.
Per il laboratorio Muri Virginia ha lavorato su questo tema chiedendo a una persona per volta, da sola davanti a lei:
Qual è un pensiero, una parola che non vuoi/non puoi dire? Io li trascriverò per te.

Ponendosi in una posizione di ascolto e definendosi come “un’esecutrice tecnica”, Virginia ha poi riletto ogni risposta singolarmente a ciascun partecipante, lasciandogli la scelta di cancellarla oppure salvarla e renderla pubblica (in forma anonima). Significativamente, tutti hanno scelto di mostrarla, esponendo pensieri e parole che rimangono quotidianamente nascosti, sepolti dentro, stavolta finalmente liberati.

width=Mentre i partecipanti, uno alla volta, hanno attraversato la porta entrando nella stanza con Virginia, gli altri, in gruppo, hanno continuato a concentrarsi sulla dinamica della coppia. I selfie di Ai Weiwei sono stati l’ispirazione per creare due scatti. Il primo per imitare le espressioni e le pose dell’artista; il secondo pensato come un autoritratto di coppia, dopo una reciproca più approfondita conoscenza attraverso un’attenta osservazione di due minuti ed un’esplorazione del volto dell’altro attraverso il tatto.

width=Per le persone con Alzheimer stare da soli con un’altra persona che non sia il caregiver è un’esperienza forte che capita raramente. Necessariamente c’è sempre qualcuno che dice cosa fare e come farlo. Lo stesso vale spesso per il caregiver. Tra i due spesso c’è una condivisione anche dei momenti più intimi. Per questo il tempo da spendere soli, di fronte a una persona dedicata all’ascolto, senza alcuna forma di giudizio, voleva essere l’offerta di uno spazio di libertà. Un tempo sospeso dove ogni parola pronunciata è stata colta come un frammento, un elemento prezioso, e riconosciuta come un dono agli altri; il frutto di uno sforzo che ognuno ha fatto per conquistarsi uno spazio di libertà.

Ogni frase viene alla fine affissa insieme a tutte le altre su una parete, creando un nuovo muro dove le parole censurate diventano visibili. Trascritte e poi rilette da Virginia, e quindi filtrate dall’operazione artistica, assumono una dimensione collettiva e diventano un’opera d’arte: specchio di pensieri che sono contemporaneamente di uno e di tutti.

 

Collezionismi

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Due collezioni a confronto, quella di Solomon e di Peggy Guggenheim, hanno definito nel tempo il concetto di arte moderna, dal Surrealismo all’Action Painting fino all’Informale e alla Pop art.

Da questo confronto nasce la mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim da cui prende spunto il progetto educativo Collezionismi.

Collezionismi nasce dall’idea di utilizzare la mostra come terreno di confronto finalizzato alla produzione di nuove opere d’arte e nuovi progetti artistici. Collezionismo a 360 gradi dunque: come pratica artistica, come approccio operativo, come metodo di lavoro. Organizzare una raccolta di oggetti o immagini, secondo un’idea, una riflessione, un racconto, come stimolo per nuovi scenari o la definizione di inedite suggestioni visive.

Il progetto ha coinvolto gli studenti delle Accademie d’arte di Firenze che, dopo una visita alla mostra e l’incontro con due artisti, Chiara Betazzi e Francesco Carone -la cui ricerca artistica ha un forte legame con l’idea di collezione- hanno esplorato possibili forme di collezionismo attraverso la fotografia, la performance e la pittura.

width=Ogni studente ha attinto dal proprio percorso di formazione e dalle proprie esperienze, traducendo l’atto del collezionare non solo in una raccolta di oggetti, ma in una serie più complessa di attività, scendendo più in profondità nel processo creativo.

In un incontro pubblico a Palazzo Strozzi, i partecipanti al progetto hanno presentato in anteprima le produzioni più significative: c’è chi ha catturato il proprio tempo attraverso una video performance, chi ha costruito scatole cinesi concettuali attraverso collezioni di fotografie il cui soggetto sono collezioni di sculture, chi ha utilizzato gli oggetti dimenticati della propria infanzia come incipit di un progetto video in stop-motion.

width=Tante le possibili forme di “collezionismo” realizzate dai ragazzi che, grazie alla collaborazione con gli studenti del corso di Art Management dello IED Firenze, sono divenute una mostra di arte contemporanea dal titolo #tantecose.

Il progetto espositivo #tantecose si terrà negli spazi di IED (in via Bufalini 6R) e ONART Gallery, (in via della Pergola 57-61/r) dal 23 al 30 giugno 2016 presentando non solo il concetto del collezionismo di opere d’arte ispirate alle collezioni dei Guggenheim, esposte a Palazzo Strozzi, ma considerando anche i vari approcci psicologici del collezionismo come azione di raccolta di oggetti, pensieri e esperienze.

L’atto di collezionare include una selezione: una scelta specifica degli elementi selezionati. #tantecose invita lo spettatore ad esplorare la natura di queste scelte.

width=Collezionismi è realizzato grazie alla collaborazione di:
Accademia di Belle Arti di Firenze (Marco Raffaele)
LABA Firenze (Federica Chezzi, Massimo Innocenti)
IED (Daria Filardo)
Fondazione Studio Marangoni, (Lucia Minunno, Margherita Verdi)
Chiara Bettazzi e Francesco Carone

Dove vivo io

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«Abitare è essere ovunque a casa propria». Inizia così il documentario del 1977 dell’architetto Ugo La Pietra. A questo pensiero e alla migrazione contemporanea rappresentata nella mostra Liu Xiaodong: Migrazioni si ispira il progetto Dove vivo io, realizzato dal Dipartimento Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi.

L’idea è di raccontare la comunità che vive nei luoghi raffigurati dal pittore Liu Xiaodong, attraverso una testimonianza diretta, fatta di voci, suoni e immagini. Un progetto pensato per far emergere i legami con il territorio e i percorsi emotivi di chi abita quotidianamente la città.

Come ci rappresentano e cosa raccontano di noi i luoghi in cui viviamo? Quanto siamo influenzati dai quartieri, dalle vie e dalle piazze che frequentiamo? Quanto la nostra presenza modifica questi luoghi?

A queste domande risponde un gruppo di ragazze e ragazzi, che vivono tra Prato e Firenze, riflettendo sui luoghi del proprio vissuto quotidiano: una strada, una piazza o qualsiasi altro posto legato ad un ricordo, a un’emozione, alla personale percezione della città.

Il punto di partenza è stato quello di individuare sulla mappa di Prato, i “luoghi del cuore”; è seguita una visita in città per scoprire insieme le aree indicate: un percorso durante il quale ognuno ha raccontato le storie, le trasformazioni, le relazioni, con una particolare attenzione al quartiere di Chinatown. La fase successiva è stata quella di intervistare persone che vivono nel territorio, scelte direttamente dai partecipanti.

width=Ad ogni luogo corrisponde una storia: c’è chi ha indicato Piazza dell’Immaginario, chi via Pistoiese, chi piazza Duomo, raccontando così frammenti della città. Vincenzo, spazzino italiano, si prende cura della strade del Macrolotto Zero; Giulia, ex studentessa di medicina, vive in Italia da venticinque anni lavorando come sarta, innamorata del centro storico pratese; Massimiliano, ha un cognome e un passaporto cinese, senza però conoscere la lingua. Tante le storie che si intrecciano, raccolte in un progetto sonoro, con sottotitoli in italiano e cinese, affiancato da una selezione di fotografie e mappe dei luoghi raccontati.

Il video, le fotografie e le mappe che potete vedere per intero qui, sono il risultato di alcuni mesi di lavoro che hanno permesso di scoprire, approfondire e raccontare l’articolata convivenza multiculturale che caratterizza Prato.

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Tutte le interviste e le fotografie sono disponibili sul nostro account Youtube e Flickr.

width=Il progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione con Sara Jacopini, Miao Miao Huang e all’attenzione e sensibilità di tutti i partecipanti.
Il progetto audio è stato realizzato in collaborazione con Radio Papesse.
La documentazione fotografica e il montaggio video è di Giancarlo Barzagli.
Le mappe sono state realizzate da Emanuele Barili.

 

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Una mostra, tanti modi di visitarla

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Palazzo Strozzi dedica un’attenzione particolare ai propri visitatori e propone un’ampia selezione di attività pensate per rendere la visita alla mostra un’esperienza ancora più significativa. Oltre ai percorsi guidati con gli educatori si può scegliere un’attività da fare in autonomia come il Kit Famiglie o il Kit Disegno per scoprire le opere in mostra per scoprire le opere da inaspettati punti di vista. E per chi vuole prendersi una pausa durante la visita la Sala Lettura offre una selezione di libri da sfogliare ispirati ai temi e agli artisti della mostra.

 

Sala lettura: una sala sempre aperta alle vostre storie

La sala lettura è un luogo speciale all’interno del percorso espositivo dedicato ai visitatori che vogliono far volare l’immaginazione, che desiderano scoprire e sfogliare le pubblicazioni dedicate ai temi e agli artisti della mostra oppure, semplicemente, a chi vuole un momento di pausa dalla visita.

In occasione della mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim, troverete in sala lettura una grande parete con la cronologia degli eventi collegati alla vita di Solomon e Peggy Guggenheim e il progetto La storia di un’opera d’arte. Avrete infatti la possibilità di creare un nuovo contesto e una nuova storia per i dipinti di Francis Bacon, di Wassily Kandinsky e per un mobile di Alexander Calder, disegnando su tre album che sono sempre a disposizione del pubblico e della sua creatività.

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Kit Famiglie

Il Kit famiglie è dedicato ad adulti e bambini, pensato appositamente per condividere la visita in mostra in maniera divertente e creativa. Ogni tappa del percorso prevede un’attività che permette un approfondimento inedito sugli artisti e sulle opere della mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim.

Con il Kit potrete: scoprire, osservare, inventare, disegnare, creare storie, affidarvi al caso, progettare sculture in movimento, lasciarvi stupire dall’arte!

Avrete sempre con voi tutto il necessario per una visita in autonomia: un piccolo libro con giochi e suggerimenti per osservare le opere, oggetti speciali da usare in mostra e un diario per condividere la propria esperienza con le persone che lo utilizzeranno in futuro.

Il Kit Famiglie si può richiedere gratuitamente al Punto Info della mostra, è sempre disponibile e non è neccesaria la prenotazione.

Si ringrazia Il Bisonte per la borsa del Kit Famiglie

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Kit Disegno

Un album, una matita, una gomma ed un suggerimento per osservare le opere!

Il Kit Disegno è un materiale disponibile per i visitatori della mostra, pensato per allenare lo sguardo ed esprimere la propria creatività attraverso la più antica forma d’arte: il disegno.

Disegnare è guardare, è conoscere, è interagire con un’opera d’arte in modo diverso, è un metodo per concentrarsi e allo stesso tempo per perdersi davanti ad un quadro o una scultura. Un’immagine disegnata contiene in sé l’esperienza dell’osservazione, tradurre quello che vediamo in un nuovo disegno rappresenta il nostro personale sforzo di dare una forma al mondo.

Il Kit Disegno è rivolto a chiunque voglia visitare la mostra e sperimentare un nuovo modo di guardare l’arte dei grandi artisti. L’importante non è realizzare un bel disegno, ma lasciare che occhio, mano e matita lavorino insieme trasportandoci nell’esperienza della creazione.

Il Kit si può richiedere gratuitamente al Punto Info della mostra, sempre disponibile e non necessita di prenotazione.

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Scoprite tutte le attività educative di Palazzo Strozzi

Un giovedì speciale a Palazzo Strozzi

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Immaginate un giovedì sera a Palazzo Strozzi, la mostra Bellezza divina (terminata domenica 24 gennaio) e un gruppo di ragazze e ragazzi, tra i 18 e i 20 anni, che vi guida tra le sale espositive per osservare e discutere delle opere insieme a voi, soffermandosi su quelle che maggiormente hanno colpito la loro attenzione. Quello che vi abbiamo appena descritto è il Giovedì per i Giovani, appuntamento che, da alcuni anni, è diventato un momento imprescindibile dell’attività didattica di Palazzo Strozzi, dove arte e giovani trovano un punto d’incontro e di dialogo.

Ragazzi alla mostra

L’idea del progetto è di offrire ai ragazzi delle scuole superiori un’esperienza di confronto con l’arte, dando loro la possibilità di diventare i protagonisti del racconto di un’opera esposta in mostra. Per raggiungere l’obiettivo è necessario stabilire un contatto ravvicinato con l’opera, mettersi in gioco e superare la timidezza, sviluppare un vocabolario specifico e riflettere sulla comunicazione. Un’attività in cui si mescolano apprendimento, curiosità e passione, per un’esperienza formativa che ogni volta coinvolge studenti, insegnati e visitatori.

In occasione della mostra appena conclusa Bellezza divina, grazie alla collaborazione con le professoresse Giovanna Ragionieri e Francesca Giannetti abbiamo lavorato al progetto con due scuole superiori fiorentine: il Liceo Artistico Statale “Leon Battista Alberti” e l’Istituto Statale d’Istruzione Superiore “Gobetti Volta”. Gli studenti hanno aderito all’esperienza per i motivi più diversi: c’è chi ha preso parte al progetto per superare le proprie barriere emotive (come parlare in pubblico), chi semplicemente per passione dell’arte, chi come approfondimento del proprio percorso scolastico, chi per farsi un’idea su un possibile lavoro futuro. I partecipanti erano accomunati dal desiderio di comprendere l’arte e di comunicare il loro punto di vista.

Ma come si racconta un’opera d’arte? Come relazionarsi a qualcuno che non si conosce? Quale opera scegliere? Tante le domande e tante le preoccupazioni che si sono posti i ragazzi.

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A questo proposito Martino Margheri e Alessio Bertini, del Dipartimento Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi, hanno organizzato un calendario di incontri di avvicinamento alle due serate, per preparare i ragazzi sul percorso espositivo, sulle singole opere e sulle strategie comunicative da adottare con il pubblico della mostra.

Le “lezioni” da apprendere sono molteplici:

1: presentarsi e stabilire un contatto con il visitatore;

2: coinvolgere il visitatore attraverso il racconto dell’opera;

3: restituire la ricchezza di un percorso espositivo;

4: condividere le proprie idee e trasmettere la propria passione per l’arte.

Il risultato è stato un evento speciale, che ha permesso di visitare la mostra con occhi nuovi, confrontandosi con il punto di vista degli studenti, con la loro spontaneità e la loro passione.

Vi aspettiamo per il prossimo Giovedì per i Giovani in occasione della mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim!


Gli insegnati interessati a partecipare con le proprie classi al progetto in occasione delle prossime mostre possono rivolgersi al Dipartimento Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi: edu@palazzostrozzi.org

Si ringrazia per le foto Martino Margheri.

 

HOLY! HOLY! HOLY!

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Footnote to Howl di Allen Ginsberg, poema beat del 1955, è il simbolo di una generazione che metteva in discussione i propri valori, ma non solo, sono anche i versi da cui parte il progetto Holy!Holy!Holy! per Università e Accademie d’arte, realizzato in occasione della mostra Bellezza divina tra Van Gogh Chagall e Fontana.

La mostra offre un terreno di confronto sul rapporto tra arte e religione, la trasformazione di temi iconografici legati al sacro tra Ottocento e Novecento, e soprattutto, le modalità con cui gli artisti hanno avvertito il sentimento del sacro e lo hanno rappresentato. La varietà e l’evoluzione di questo “genere” artistico è leggibile nelle attualizzazioni, nelle trasformazioni e negli stravolgimenti che le opere in mostra testimoniano. Ma come si declina oggi il rapporto tra arte e sacro? Quali forme e modalità espressive possono rinnovare un tema così complesso, in cui si sovrappongono elementi culturali, identitari e politici?

A rispondere queste domande sarà il progetto Holy!Holy!Holy!, o meglio, i suoi partecipanti. Saranno infatti gli studenti di California State University, Lorenzo De’ Medici, Syracuse University e SACI, a misurarsi sul tema realizzando nuove opere nate dal confronto diretto con la mostra.

La mostra Bellezza divina tra Van Gogh Chagall e Fontana è infatti il punto di partenza di un percorso attraverso l’evoluzione storica e politica dell’arte sacra degli ultimi due secoli. Le visite dialogiche in mostra e due talk con gli artisti Nicoletta Salomon e Fabrizio Ajello, le cui ricerche artistiche hanno una forte relazione con il tema proposto, serviranno come momenti d’approfondimento, confronto e analisi, fondamentali per l’elaborazione di idee e lo sviluppo di una o più opere. Per l’artista Nicoletta Salomon la dimensione del sacro si auto-rivela nel fare arte, ossia nell’atto stesso che porta alla creazione artistica, pittorica o poetica; è nel gesto artistico, nella sua ritualità, che si svelerebbe il sacro. L’artista Fabrizio Ajello, invece, pone come momento di riflessione e di identità il suo incontro/confronto con gli spazi storicamente adibiti al sacro.

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Al termine di questo ciclo di visite e incontri, gli studenti, affiancati dai propri docenti, avranno a disposizione un periodo di lavoro durante il quale potranno produrre nuove opere che indaghino ed esprimano la loro personale lettura del tema. Il 9 dicembre, dalle ore 18.00 alle 19.30, gli studenti coinvolti presenteranno le produzioni più significative in un incontro pubblico nella sala lecture della Strozzina a Palazzo Strozzi.

Il progetto è realizzato grazie alla collaborazione di:
California State University (Marsha Steinberg)
Lorenzo De’ Medici (Gianluca Maver)
SACI (Daria Filardo)
Syracuse University, (Kirsten Stromberg, Stafani Talini)

e gli artisti:
Fabrizio Ajello
Nicoletta Salomon