Un biglietto, tanti appuntamenti con l’arte

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Mai come quest’anno si prospetta una stagione invernale all’insegna dell’arte. Cinema, musica, teatro e altri imperdibili appuntamenti culturali riservati ai possessori del biglietto della mostra Ai Weiwei. Libero.
Un unico biglietto vi porterà alla scoperta dell’arte contemporanea in Toscana, accompagnandovi in un viaggio indimenticabile tra melodie, regie e film d’autore.

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In occasione dei due eventi più attesi dell’anno la mostra Ai Weiwei. Libero e l’inaugurazione della mostra La fine del mondo, Fondazione Palazzo Strozzi e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato propongono dal 16 ottobre uno speciale biglietto congiunto a € 14,00. Acquistabile presso le biglietterie di Palazzo Strozzi e del Centro Pecci, è valido fino alla chiusura delle mostre: 22 gennaio 2017 per la mostra Ai Weiwei. Libero e 19 marzo 2017 per la mostra La fine del mondo.

width=Altra imperdibile iniziativa è quella legata alla X Edizione della 50 giorni di Cinema internazionale a Firenze. I possessori di un biglietto della “50 Giorni” avranno diritto ad una riduzione del 20% per la mostra Ai Weiwei. Libero. Viceversa chi visiterà la mostra di Palazzo Strozzi avrà diritto ad un biglietto a prezzo ridotto ad una proiezione della “50 Giorni”.

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Non meno importante è la riduzione per gli spettacoli all’Opera di Firenze della Stagione 2016/2017 dell’80° Maggio Musicale Fiorentino.

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Tanti altri vantaggi, riduzioni e occasioni vi aspettano alla seguente pagina dedicata. Non vi rimane che conservare il biglietto e consultare tutti i programmi delle vostre istituzioni culturali preferite.

 

 

 

 

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Quattro dissidenti della storia fiorentina in mostra

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La mostra Ai Weiwei. Libero si collega alla città di Firenze anche per la presenza di quattro ritratti di dissidenti della sua storia eseguiti coi mattoncini LEGO.
Le opere proseguono la serie dedicata ai oppositori politici, ma è la prima volta che Ai Weiwei si confronta con personaggi del passato. I volti scelti sono quelli di Dante, l’esiliato per eccellenza della storia letteraria italiana, condannato in contumacia e morto in esilio; di Filippo Strozzi, bandito dalla famiglia Medici e tornato a Firenze dopo vent’anni trascorsi lontano dalla patria, costruttore del Palazzo in cui ha sede la mostra; di Girolamo Savonarola, figura discussa, ritenuto nell’Ottocento un “martire della libertà”, scomodo frate predicatore, giustiziato per l’opposizione al regime mediceo e per i sermoni contro la Chiesa di papa Borgia; di Galileo, il rivoluzionario scienziato toscano emblema della battaglia per la libertà di pensiero, incarcerato e processato per aver difeso le proprie idee.

width=In ordine dall’alto a sinistra: Dante Alighieri in LEGO, Filippo Strozzi in LEGO, Girolamo Savonarola in LEGO, Galileo Galilei in LEGO, 2016, Mattoncini LEGO. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

Volti che, nelle tinte non realistiche dei mattoncini, diventano immagini ludiche o pop. Fa parte del progetto di Ai Weiwei che i ritratti in LEGO siano assemblati nelle sedi espositive da volontari: a Firenze le opere sono state realizzate da 33 studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, che si ringraziano vivamente.

width=Insieme ai quattro ritratti gli studenti hanno messo in posa anche un trittico, riproduzione dei celebri scatti fotografici di Ai Weiwei Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han) del 1995, anch’esso realizzato con mattoncini LEGO.

width=Dropping a Han Dynasty Urn in LEGO, 2016, Mattoncini LEGO. Courtesy of Ai Weiwei Studio

Libero. La nascita di una mostra

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L’idea di una mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi nasce da un mio contatto con l’artista, avvenuto verso la fine del 2014, prima di assumere il ruolo di Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi. Volendo portare a Firenze la grande arte contemporanea, ritenevo di estremo interesse invitare colui che è stato definito il più influente artista dei nostri tempi a “invadere” il Palazzo in tutti i suoi spazi, dalla facciata al cortile, dalla Strozzina fino al Piano Nobile. Oltre a realizzare la prima grande mostra italiana di Ai Weiwei, l’intenzione era di far uscire il contemporaneo dagli spazi sotterranei della Strozzina nella quale, fino ad ora, è stato “ingabbiato”, ovvero conferire all’arte del presente, anche a Firenze, una dignità pari all’arte del passato.

width=Immagini dell’allestimento della mostra Ai Weiwei. Libero a Palazzo Strozzi

Una scelta simile trascende le ragioni puramente storico-artistiche perché Ai Weiwei non è un artista come gli altri. Avendo denunciato la corruzione di Stato e il mancato rispetto dei diritti umani in Cina, è stato arrestato, picchiato, segregato e privato delle libertà fondamentali. La sua attività di dissidente è andata di pari passo alla produzione artistica, continuando a produrre opere che ne esplicitano le convinzioni politiche lasciando spazio alla creatività e alle sperimentazioni. Ai Weiwei è diventato un simbolo della lotta per i diritti umani, come attesta il titolo di “Ambassador of Conscience” conferitogli da Amnesty International, e la sua voce echeggia fuori dal mondo dell’arte, si rivolge all’umanità intera e ci parla di temi legati all’umanità stessa.

Al tempo del mio invito, accolto subito con entusiasmo, Ai Weiwei non poteva ancora lasciare la Cina e pensavo, quindi, che si sarebbe trattato di un’altra mostra con l’artista coinvolto soltanto da lontano. Organizzai così un paio di visite al suo studio di Pechino per rompere il ghiaccio, per descrivergli le ragioni della mostra e per presentargli Palazzo Strozzi. Tante volte avevo visto immagini di quel luogo, il mitico studio nel distretto Caochangdi a nord est di Pechino, al punto che mi sembrava di esserci già stato: all’esterno il cancello di ferro, la bicicletta con i fiori freschi nel cestino, in strada videocamere di sorveglianza piazzate ovunque e auto evidentemente in incognito; all’interno l’edificio dalle forme semplici in mattoncini grigi con un gran viavai di persone: curatori, giornalisti, collezionisti tutti ad incontrare il grande recluso, tra decine di gatti che partecipavano a ogni discussione e progetto. In quel contesto così speciale non era facile comunicare all’artista il senso profondo di Palazzo Strozzi e della novità dell’operazione alla quale stavamo per dar vita. La restituzione del passaporto nell’estate del 2015 ha cambiato le cose, egli avrebbe potuto seguire sin dall’inizio i lavori della mostra e da allora i nostri incontri – sempre documentati dagli scatti del suo seguitissimo account Instagram – si sarebbero svolti nella più vicina Berlino, dove egli possiede uno straordinario studio: un enorme labirinto sotterraneo ricavato da una fabbrica di birra dismessa.

width=Arturo Galansino e Ai Weiwei nel suo studio a Berlino

Proprio la riacquistata libertà di viaggiare rappresenta uno spartiacque, un nuovo inizio nella carriera di Ai Weiwei e coincide con un allargamento dell’orizzonte di ricerca dell’artista verso temi che vanno oltre i confini cinesi. Da questa premessa scaturisce la scelta del titolo Libero, ma l’aggettivo vuole anche sottolineare la totale libertà con la quale l’artista ha potuto confrontarsi con gli spazi di Palazzo Strozzi stravolgendolo e utilizzandolo, per la prima volta, come un unicum.

width=Ai Weiwei con il passaporto che gli è stato restituito dal governo cinese nel luglio 2015 e durante il sopralluogo a Palazzo Strozzi in dicembre

Con il suo nuovo passaporto, alla fine dell’anno scorso, Ai Weiwei era già a Firenze a effettuare i sopralluoghi. Per la prima volta si confrontava con un’architettura come quella di Palazzo Strozzi – uno dei più importanti palazzi civili del Quattrocento fiorentino – e la sua incredibile elasticità nel capire e interpretare gli spazi palesava la sua lunga esperienza di architetto e di artista. In quel momento cominciavano infiniti scambi e discussioni sulla mostra da farsi, il cui risultato è questa grande retrospettiva che attraversa trent’anni di carriera di uno dei più controversi personaggi del nostro tempo e che permette allo spettatore di seguire il rapporto ambivalente dell’artista cinese con il suo paese, diviso tra un profondo senso di appartenenza e un altrettanto forte impulso alla ribellione. L’opera di Ai Weiwei ci parla qui di temi importanti in modo potente e diretto, utilizzando strumenti e linguaggi artistici a cavallo tra Oriente e Occidente. Proprio esporre a Palazzo Strozzi rappresenta l’occasione di confrontarsi con il Rinascimento, momento fondante della cultura occidentale.

Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra

 

width=Arturo Galansino e Ai Weiwei sul loggiato di Palazzo Strozzi nel dicembre 2015.
Foto Alessandro Moggi

Ai Weiwei. Libero oltre Palazzo Strozzi

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Galleria degli Uffizi

Surveillance Camera e Self-Portrait

La mostra Ai Weiwei. Libero si apre alla città con la presenza alla Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi di due opere: Surveillance Camera (Videocamera di sorveglianza) e Self-Portrait (Autoritratto), che viene donato dall’artista alla Collezione degli Autoritratti. Le due opere sono poste in relazione col Corridoio Vasariano – la via pensile tra Palazzo Vecchio, gli Uffizi e la reggia di Pitti – costruita nel 1565, in soli cinque mesi, in occasione delle nozze dell’erede al granducato di Toscana, Francesco de’ Medici, con l’arciduchessa d’Austria Giovanna d’Asburgo. Un intervento di riqualificazione urbana, collegamento tra le due rive del fiume, che consente alla famiglia regnante di passare, in sicurezza e riserbo, sopra la città.
Il Corridoio è anche punto privilegiato di osservazione e controllo dei sudditi da parte del potere mediceo, ed è proprio alle implicazioni politiche di questo percorso aereo che si ricollega la Videocamera che richiama la stretta vigilanza a cui è stato sottoposto Ai Weiwei da parte del governo cinese per la sua attività di dissidente. Self-Portrait va ad aggiungersi alla raccolta di autoritratti iniziata nel 1664 dal cardinale Leopoldo de’ Medici: la più vasta e importante collezione al mondo, che continua ad accrescersi anche oggi, grazie alle donazioni di artisti contemporanei.

width=Surveillance Camera, 2010, Milano, collezione privata, qui fotografata agli Uffizi da Enrica Sacco

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Self-Portrait (Autoritratto), 2014, Courtesy of Ai Weiwei Studio.

In occasione della collaborazione, presentando il biglietto degli Uffizi alla biglietteria di Palazzo Strozzi si ottiene uno sconto del 50% alla mostra Ai Weiwei. Libero (€ 6,00 anziché € 12,00)

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Mercato Centrale di Firenze

Study of Perspective

In occasione della mostra di Palazzo Strozzi, il Mercato Centrale Firenze ospita un’ambientazione costituita da dieci gigantografie tratte da una delle più celebri serie fotografiche di Ai Weiwei: Study of Perspective (Studio prospettico), esposta nella sua interezza a Palazzo Strozzi. Le immagini rappresentano una sorta di ironico diario di viaggio in cui l’artista pone la sua macchina fotografica tra il viso e il dito medio indirizzato a un luogo sullo sfondo.
Protagonisti delle fotografie sono luoghi simbolici della biografia dell’artista (come il suo studio al 258 di Caochangdi a Pechino) ma anche icone di diverse città del mondo come il Colosseo a Roma, la Casa bianca a Washington, l’Opera House a Sydney, piazza Tienanmen a Pechino. Ai Weiwei modifica il nostro modo di vedere il mondo, in questo caso con un approccio ironico e dissacratorio che mette in discussione prospettive canoniche. Ai Weiwei non critica il potere in modo diretto, bensì i suoi simboli e il nostro modo di interfacciarsi a esso.

width=Ritirando il coupon all’Infopoint del Mercato Centrale Firenze si ottiene il biglietto ridotto alla mostra Ai Weiwei. Libero (€ 9,50 anziché € 12,00).

Dieci curiosità che forse non sapete su Ai Weiwei

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Vi abbiamo raccontato tutto ciò che c’è da sapere su Ai Weiwei, oggi siamo andati alla ricerca di altre dieci curiosità che forse non sapete sul suo conto.

1. È un ottimo giocatore di blackjack
Negli anni ’80 Ai Weiwei vive nel Queens, poi a Brooklyn e infine in un appartamento non ammobiliato nel Lower East Side a Manhattan. In quegli anni americani frequenta spesso i casinò di Atlantic City e diviene leggendaria la sua abilità nel blackjack.

width=Ai Weiwei ad Atlantic City. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

2. Ha realizzato un album heavy metal
Il suo album di protesta, The Divine Comedy, è stato pubblicato nel 2013. Il video del singolo Dumbass, che ricostruisce gli 81 giorni di giorni di detenzione di Ai Weiwei, è stato girato dal regista australiano Christopher Doyle.

Ai Weiwei, music video Dumbass, album The Divine Comedy.

3. Per realizzare Dropping a Han Dynasty Urn sono state distrutte due urne antiche di duemila anni
Per realizzare le tre famosissime foto in bianco e nero che ritraggono Ai Weiwei mentre fa cadere un’urna funeraria della dinastia Han, antica di oltre duemila anni, ci sono voluti due tentativi, quindi due urne. Gli scatti della prima performance non erano all’altezza delle aspettative dell’artista.

width=Dropping a Han Dynasty Urn, 1995. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

4. Non ha mai usato un computer prima del 2005
L’uso di Internet e dei social media è da più di dieci anni uno dei principali tratti distintivi dell’opera di Ai Weiwei. Questi risultati ci portano a pensare che l’artista dovesse essere fra i primi utilizzatori di queste tecnologie. In realtà Ai Weiwei ha rivelato di essersi seduto per la prima volta davanti ad un computer solo nel 2005. Da allora, la sua forza digitale è cresciuta senza sosta.

5. Ama i gatti
Ai Weiwei ama i gatti. Moltissimo. Nel suo studio di Pechino vivono circa 40 felini. Anche il documentario di Alison Klayman Ai Weiwei: Never Sorry (2012) si apre con una riflessione dell’artista sulla saggezza dell’animale: «Fra questi 40 gatti, uno di loro sa come aprire le porte. Se non avessi incontrato questo gatto capace di aprire le porte, non avrei mai pensato che i gatti potessero farlo. Ecco la differenza principale tra i gatti e gli esseri umani: un gatto capace di aprire una porta non la chiuderà mai dietro di sé».

width=Ai Weiwei con i suoi gatti nello studio di Pechino.

6. Ha reintrepretato Gangnam Style
Con Caonima Style Ai Weiwei trasforma la canzone virale Gangnam Style, del cantante pop coreano Psy, in un grido di protesta collettivo contro ogni repressione della libertà di parola.

7. Dipingeva ritratti a Times Square
Nel 1987 il giovane Ai Weiwei per mantenersi eseguiva ritratti ai turisti a Times Square a New York.

width=Ai Weiwei esegue ritratti a Times Square a New York, anni ’80.

8. Ha inventato un meme
L’11 giugno 2014 Ai Weiwei ha condiviso sul proprio profilo Instagram uno scatto che lo ritrae con una gamba sollevata da entrambe le mani, nel gesto che imita quello di una pistola puntata. La foto è subito diventata un meme virale, noto come “Leg Gun”, quando centinaia di followers dell’artista hanno condiviso su Instagram il proprio scatto nella medesima posizione. Secondo Ai Weiwei, la posa è una presa di posizione contro l’uso eccessivo del potere in nome della lotta al terrorismo.

width=Ai Weiwei nello scatto originale “Leg Gun” e alcuni esempi del meme su Instagram.

9. Un asteroide si chiama come lui
Esatto. Esiste un corpo celeste chiamato Aiweiwei in suo onore. Si tratta di un asteroide della fascia principale, il cui nome tecnico è 83598 Aiweiwei. È stato scoperto il 25 settembre 2001.

10. I suoi semi di girasole sono stati rubati
Migliaia di semi di girasole trafugati dai visitatori dalla sua installazione alla Turbine Hall della Tate Modern del 2010 sono stati donati dai “ladri” ed esposti nella mostra Couriers of Taste alla Danson House del 2013, dopo un appello pubblico dei curatori.

 

Scopri la Ai Weiwei Story: tutto quello che c’è da sapere sull’artista del momento.

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Vademecum per la mostra

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Ai Weiwei. Libero
Artista dissidente e icona della lotta per la libertà di espressione, Ai Weiwei è noto a livello globale per l’unione di attivismo politico e ricerca artistica attraverso opere spettacolari e provocatorie. Protagonista di mostre presso i maggiori musei del mondo, Ai Weiwei ha invaso Palazzo Strozzi con lavori storici e nuove produzioni site-specific che coinvolgono tutto lo spazio: facciata, cortile, Piano Nobile e Strozzina. Per la prima volta Palazzo Strozzi è utilizzato come luogo espositivo unitario, creando un’esperienza inedita per i visitatori e permettendo all’artista cinese di confrontarsi con un contesto ricco di sollecitazioni rinascimentali. La mostra propone un percorso tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto, consentendo una totale immersione nel mondo di Ai Weiwei. Si spazia dunque dai lavori del periodo newyorkese alle iconiche installazioni fatte di assemblaggi di materiali e oggetti, fino alle opere politiche e controverse che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione, come i ritratti di dissidenti politici in LEGO o i progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.

FACCIATA

1. Facciata
L’installazione Reframe (Nuova cornice), pensata per la facciata di Palazzo Strozzi, nasce dall’impegno dell’artista sul fronte della migrazione e dei rifugiati. La serie di ventidue gommoni di salvataggio arancioni circonda le finestre del Piano Nobile sulle due facciate di piazza Strozzi e via Strozzi. L’installazione dà quindi vita a un’insolita decorazione del palazzo rinascimentale, creando una nuova cornice, un nuovo punto di vista, in un forte contrasto visivo e culturale, su uno dei simboli della storia dell’arte occidentale. Ai Weiwei vuole scuotere le coscienze per ricordare la tragedia vissuta da coloro che intraprendono un viaggio disumano verso le coste europee in fuga dalle distruzioni e dalle guerre. Le leggere imbarcazioni innestate sulla facciata ricordano le fragili strutture a cui i rifugiati si aggrappano in mare, ed evocano, insieme, come i migranti tentino di innestare se stessi su un altro luogo, in un ambiente sconosciuto quale è l’Europa.

CORTILE

Cortile mappa

2. Cortile
L’installazione Refraction (Rifrazione) è costituita da cucine solari assemblate a formare un’ala. Presentata per la prima volta nel 2014 nell’isola di Alcatraz, la famosa prigione nella baia di San Francisco, quest’ala è simbolo di libertà, ma essendo pesante e ancorata a terra, è come immobilizzata. Per le dimensioni ingombranti e gli elementi taglienti comunica un senso claustrofobico che fa percepire la ristrettezza in cui vivono i detenuti. È dunque metafora della privazione della libertà, la stessa imposta ad Ai Weiwei, incarcerato nel 2011 dalla polizia in un luogo segreto per ottantuno giorni. L’opera allude anche alla situazione politica tibetana, essendo questi pannelli solari utilizzati in Tibet per cucinare e preparare il tè. Porcelain Vases with Bamboo Poles (Vasi di porcellana e canne di bambù) crea un contrasto tra due materiali tipicamente cinesi e la pietra tipica dell’architettura italiana. In particolare l’uso del bambù, apparentemente fragile ma in realtà fortissimo grazie alla sua elasticità e perciò tradizionalmente usato nell’edilizia, amplifica le relazioni e le diversità da un punto di vista storico-architettonico.

PIANO NOBILE

Piano Nobile

3. Forever
L’installazione Stacked (Impilate), presentata in un allestimento site-specific per Palazzo Strozzi, assembla novecentocinquanta biciclette, mezzo di trasporto che è parte integrante dell’identità cinese. Declinata dal 2003 – quando fu presentata col titolo Forever – in diversi allestimenti, l’opera rinvia al ready-made con la Ruota di bicicletta di Duchamp del 1913. Ai Weiwei vuole sottolineare il problema dei trasporti, molto sentito in Cina, e del suo impatto sull’ambiente. Ma le biciclette hanno anche un altro significato per Ai Weiwei, perché nella sua infanzia possederne una significava la libertà di movimento. La marca utilizzata (“Forever”) era la più popolare in Cina dagli anni quaranta, quasi l’unica commercializzata quando l’artista era giovane. Stacked, separando le biciclette dalla loro funzione, le riconfigura come una sorta di labirinto simile alla rete di Internet ma, col suo carattere architettonico, allude anche a un arco trionfale o a un monumentale portale d’ingresso.

4. Sichuan
Alle 14,28 del 12 maggio 2008 un terremoto di magnitudo 8.0 gradi sulla scala Richter provoca nel Sichuan circa settantamila vittime. Migliaia di studenti muoiono nel crollo delle scuole, collassate a causa dei materiali scadenti utilizzati. Ai Weiwei si reca sul posto e comincia un’inchiesta che lo porterà a denunciare le responsabilità del governo cinese in quella tragedia e i tentativi di insabbiamento. La memoria del dramma è cristallizzata in una serie di opere come Snake Bag (Borsa serpente), formato da 360 zaini scolastici cuciti a formare un serpente, che ricorda i moltissimi oggetti appartenuti alle giovani vittime ritrovati dall’artista nelle macerie. Rebar and Case (Tondino e cassa) è costituita da contenitori in pregiato legno huali con riproduzioni in marmo bianco dei tondini in ferro rinvenuti contorti tra le macerie. I contenitori evocano le bare e la forma stravolta rispecchia gli oggetti che conservano.

5. Wood
Fin dal suo ritorno in Cina nel 1993 dagli Stati Uniti, Ai Weiwei inizia a interessarsi alle antichità e all’antiquariato. Colleziona mobili e parti di templi delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911) abbattuti per essere sostituiti da nuove costruzioni. Nei lavori in legno Ai Weiwei reinterpreta la tradizione cinese: armonia di proporzioni e tecnica che non prevede l’uso di chiodi, viti o colla, ma solo di raffinati incastri. Map of China (Mappa della Cina) è una scultura-puzzle formata da legni che simboleggiano la diversità etnica e culturale di un Paese che, pur restando unitario, rappresenta la fusione di un’enorme massa di individui. Ai Weiwei è fedele agli antichi valori formali, ma li stravolge: nei due tavoli, esaltandone il nonsense, è ricostruita e modificata la struttura, lasciando però intatta la patina originaria. Grapes (Grappolo) unisce trentaquattro sgabelli – oggetti tra i più tipici della vita popolare cinese – e sfida la gravità in una composizione che prolifera ripetendo il modulo iniziale, come avviene nelle megalopoli. The Animal That Looks like a Llama but is Actually an Alpaca (L’animale che sembra un lama ma è un alpaca) è una intricata carta da parati decorata dal logo di Twitter, da un alpaca, oltre che da videocamere di sorveglianza, catene e manette per ricordare la detenzione di Ai Weiwei nel 2011. Il curioso titolo allude al gergo usato in Cina per evitare la censura su Internet.

6. Renaissance
La sala è dedicata alla rilettura del Rinascimento italiano da parte di Ai Weiwei: i poliedri Divina Proportio (Divina proporzione) e Untitled – Wooden Ball (Senza titolo – Palla di legno) evocano i disegni eseguiti da Leonardo da Vinci per illustrare il trattato De divina proportione di Luca Pacioli del 1497, anche se prima fonte d’ispirazione è uno dei giochi dei gatti che popolano il suo studio di Pechino. Un doppio piano, alto-basso, che insieme a quello antico-moderno, naturale-tecnologico, è caratteristico del linguaggio dell’artista. I ritratti in LEGO proseguono la serie dedicata ai dissidenti politici. Per Palazzo Strozzi Ai Weiwei ha scelto quattro personaggi del passato legati a Firenze che hanno subito privazioni della libertà. Si tratta di Dante, l’esiliato per eccellenza della storia letteraria italiana; di Filippo Strozzi, bandito per venti anni – come il padre di Ai Weiwei – dai Medici e che al ritorno in patria costruì il Palazzo in cui ha sede la mostra; di Girolamo Savonarola, figura discussa, giustiziato per l’opposizione al regime mediceo e alla Chiesa di papa Borgia; di Galileo, scienziato incarcerato e processato per aver difeso le proprie idee. Volti che, nelle tinte non realistiche dei mattoncini, diventano immagini ludiche o pop.

7. Objects
Questi oggetti, nonostante l’uso di materiali preziosi e tecniche raffinate, sono legati ad abusi di diritti umani e alla censura. In passato il ruyi era uno scettro. L’artista ne ha interpretato la forma usando la porcellana, il materiale più delicato della tradizione cinese, per affrontare il tema del mercato degli organi umani – a cui alludono le interiora di pollo – di cui la Cina pare avere il triste primato. Le grucce e le manette ricordano la prigionia di Ai Weiwei, arrestato il 3 aprile 2011 dalla polizia e detenuto per ottantun giorni in un luogo segreto. Nella cella non c’era spazio per la biancheria pulita e l’artista ha ottenuto dalle guardie sei grucce di plastica su cui appendeva la biancheria che lavava quotidianamente. Nel corso della prigionia Ai Weiwei è stato interrogato più di cinquanta volte, mentre era incatenato con manette a una seggiola. Questi oggetti che hanno segnato la sua detenzione sono stati poi realizzati in materiali pregiati: le grucce in cristallo e legno huali, le manette in giada, elevando questi oggetti d’uso e facendoli diventare simboli di oppressione.

8. Jingdezhen
Nel lavoro di Ai Weiwei si fondono riferimenti alla storia cinese passata e presente e, riallacciandosi all’antica produzione autoctona, l’artista crea oggetti in porcellana realizzati artigianalmente a Jingdezhen, antica capitale di questo genere di fabbricazione. The Wave (L’onda) ricorda le opere della dinastia Yuan in cui l’acqua è rappresentazione ricorrente, e rinvia anche alle stampe giapponesi, soprattutto all’Onda di Hokusai. Free Speech Puzzle (Puzzle della libertà di parola), è costituito da trentadue tasselli di porcellana dipinta a mano che riproducono la suddivisione della Cina in province, comprese quella di Hainan e quella, contesa, di Taiwan. Imitando la tradizione di scrivere su pendenti di vario materiale il nome della famiglia come buon auspicio, Ai Weiwei ripete su ogni pezzo del puzzle il motto “Free Speech”, che diventa quindi quello di tutta la Cina e di ogni suo cittadino. Remains (Resti) è la riproduzione in porcellana di resti umani scoperti in uno dei campi di lavoro in cui, all’epoca della Rivoluzione culturale, venivano rinchiusi i dissidenti come il padre di Ai Weiwei.

9. Vases
Fondamentale per il linguaggio di Ai Weiwei è il rapporto fra tradizione e modernità: attraverso la manipolazione di oggetti, immagini e metafore, l’artista mostra un rapporto ambivalente con il proprio paese, diviso tra senso d’appartenenza e ribellione. Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han) è una controversa e famosissima performance del 1995 che lo vede distruggere un’urna funeraria della dinastia Han antica di oltre duemila anni. Fissata in tre iconici scatti fotografici, viene qui riproposta in una versione in LEGO, medium che Ai Weiwei utilizza sempre più sovente negli ultimi anni. Colpisce l’espressione indifferente dell’artista, per sottolineare che è un atto consapevole di barbarie culturale, paragonabile alla distruzione dell’eredità storica cinese portata avanti dal governo con la Rivoluzione culturale. Su questa linea si inserisce anche la serie Han Dynasty Vases with Auto Paint (Vasi della dinastia Han con vernice per carrozzeria) in cui l’artista immerge antichissimi vasi neolitici in latte di vernice per carrozzeria annullandone il valore storico e culturale, e trasformandole al contempo in opere contemporanee.

10a. Study of Perspective
Al 1995 risale la prima serie di fotografie Study of Perspective (Studio prospettico) ambientata in piazza Tienanmen a Pechino. Le quaranta fotografie – suddivise in questa sala e nella prossima – sono accomunate dal suo braccio sinistro sollevato con il dito medio alzato, davanti a monumenti mondiali altamente simbolici come la Casa bianca, la Gioconda, la Tour Eiffel, gli skyline di Hong-Kong e New York, piazza San Marco, il Colosseo o la Sagrada Família. Con il gesto profanatorio Ai Weiwei vuole attirare l’attenzione dell’osservatore affinché metta in discussione il proprio atteggiamento nei confronti di governi, istituzioni e persino della cultura. In occasione di questa mostra l’artista ha realizzato una nuova immagine della serie Study of Perspective, in cui il dito medio è sollevato contro Palazzo Strozzi. Collegata alla serie è la carta da parati Finger (Dito) in cui viene reiterata ossessivamente la provocazione.

10b. Blossom and Grass
Con le mattonelle in porcellana Blossom (Sbocciato) l’artista richiama, attraverso l’uso della tecnica artistica cinese per eccellenza, la campagna detta dei “Cento fiori”, che nel 1956 ha rappresentato un breve momento di apertura da parte del governo nei confronti della libertà di espressione. Come molte produzioni di Ai Weiwei ha richiesto il lavoro di numerose maestranze, al pari di Iron Grass (Erba d’acciaio), formata da ciuffi di erba in ghisa. La parola cinese per erba, cao, è anche un’imprecazione, e viene usata in Cina su Internet per eludere la censura. Questa installazione è altresì associata a Caochangdi, il distretto artistico nella zona nord-est di Pechino dove Ai Weiwei ha il suo studio.

11. Mythologies
La sala è dedicata a figure della cultura cinese. Le creature di seta e bambù sono ispirate a Shanhaijing (Il classico dei monti e dei mari), testo di geografia fantastica antico di oltre duemila anni, che Ai Weiwei non ha potuto leggere da bambino poiché vietato al pari di altri libri. Per fabbricare le figure l’artista si è ispirato ai disegni e agli aquiloni che creava da piccolo e ha coinvolto artigiani specializzati. Taifeng è il grande vento, che ha apparenza umana e coda di tigre, Feiyu il pesce volante, Huantouguo l’uomo-uccello. Anche la serie Zodiac Heads (Teste dello Zodiaco), formata da dodici teste in bronzo degli animali dell’astrologia cinese, riconduce alla cultura ancestrale di Ai Weiwei. L’artista ha voluto esporre Monkey (Scimmia) per ricordare che il 2016 è l’anno della Scimmia, segno instabile per eccellenza. Le figure, in origine parte di un orologio ad acqua concepito da gesuiti europei nel ’700 per il Palazzo d’Estate, furono trasferite poi nello Yuangminyuan, il Giardino della luminosità perfetta di Pechino. Saccheggiate da truppe francesi e britanniche nel 1860 durante la seconda guerra dell’oppio, sono state in parte ritrovate e riportate in Cina. Con quest’opera Ai Weiwei riflette sul passato coloniale, sulle distruzioni della modernità, su furti, restituzioni e valore delle opere d’arte.

12. Shanghai
Nel 2008 Ai Weiwei viene invitato dalle autorità di Shanghai a costruire uno studio a Malu Town. Quando lo studio è ultimato, nell’ottobre 2010, lo stesso governo municipale, a causa dell’attività politica, dichiara che è stato costruito senza i necessari permessi e stabilisce che venga demolito. Ai Weiwei invita così molte persone via Internet a partecipare a una festa il 7 novembre 2010, per celebrare contemporaneamente l’ultimazione dello studio e la sua demolizione. Per impedirgli di essere presente al party viene messo agli arresti domiciliari a Pechino: gli ottocento ospiti mangiano granchi di fiume, in cinese he xie, dal suono simile alla parola che indica “armonia”, slogan del governo, ma che ha anche assunto il significato di “censura”. Per questa mostra Ai Weiwei ha accatastato millecinquecento granchi in porcellana, ricordando che in Cina questi crostacei hanno una lunga tradizione iconografica L’11 gennaio 2011 lo studio viene raso al suolo senza preavviso. Le autorità cercano di impedirgli l’accesso durante la demolizione, ma l’artista riesce a salvare parti dell’edificio, che utilizza per creare Souvenir from Shanghai (Souvenir da Shanghai) cemento e macerie di mattoni posti a incorniciare il telaio di un letto della dinastia Qing.

STROZZINA

Strozzina

13. New York
Attratto dall’Occidente, nel febbraio 1981, a ventiquattro anni e con trenta dollari in tasca, Ai Weiwei si trasferisce negli Stati Uniti, prima per studiare inglese a Philadelphia e Berkeley, e poi a New York, dove entra alla Parsons New School for Design, al Greenwich Village. L’abbandona ben presto, spinto da quell’insofferenza verso le istituzioni che caratterizza la sua personalità. Frequenta musei e gallerie ed è influenzato da Marcel Duchamp, Andy Warhol e Jasper Johns. Gli oggetti esposti rinviano ai ready-made di Duchamp, il dipinto alle Cinque bottiglie di Coca Cola di Andy Warhol. Datano al periodo americano migliaia di fotografie in bianco e nero, quasi un blog ante litteram, con cui l’artista ha documentato i momenti di questa vita bohémien. Il suo appartamento diventa punto di incontro per gli artisti cinesi, per lo più dissidenti, che vivono negli USA, e Ai Weiwei rappresenta un collegamento tra intellettuali dei due mondi. Per mantenersi fa i lavori più svariati: contribuiscono al suo sostentamento i ritratti che esegue a Times Square e diviene leggendaria la sua abilità nel gioco del blackjack.

14. Disturbing the Peace
Il 12 agosto 2009, alla vigilia del processo a Chengdu contro l’attivista Tan Zuoren, processato per la sua attività legata all’inchiesta sulla morte di migliaia di scolari nel terremoto del Sichuan, Ai Weiwei, venuto da Pechino a deporre in suo favore, viene trattenuto dalla polizia nella sua camera d’albergo, interrogato e picchiato. Inoltre non gli viene consentito di lasciare l’albergo per recarsi in tribunale a testimoniare. Tutti questi momenti, filmati o registrati dall’artista, sono stati riuniti nel documentario Lao Ma Ti Hua (Disturbare la pace). In settembre, mentre si trova a Monaco di Baviera per allestire alla Haus der Kunst la mostra So Sorry, deve essere operato d’urgenza per emorragia celebrale, causata probabilmente dai colpi ricevuti dalla polizia a Chengdu.

15. 258 Fake
L’uso dei nuovi media è uno dei principali tratti distintivi dell’opera di Ai Weiwei e Internet è il suo maggior mezzo di espressione. È nel 2005 che Ai Weiwei si apre a questa nuova forma di comunicazione quando inizia a tenere un blog. 258 Fake riunisce su 12 monitor 7677 fotografie scattate fra il 2003 e il 2011 a documentare – quasi ossessivamente – vita quotidiana e produzione artistica. Il titolo si riferisce allo studio di Pechino di Ai Weiwei, FAKE Design, al numero 258 di Caochangdi. La video-installazione riunisce immagini pubblicate sul suo blog. L’opera attesta anche il proliferare delle immagini nell’età dei media digitali.

16. Beijing East Village
Al ritorno in Cina nel 1993 Ai Weiwei trova una situazione mutata in seguito ai fatti del 1989 e alle stragi di piazza Tienanmen: alla liberalizzazione, anche in campo culturale, guidata da Deng Xiaoping del decennio 1979-1989, è seguita infatti la repressione della libertà. Gli artisti si riuniscono in modo semiclandestino e Ai Weiwei è uno dei fondatori dell’East Village nella periferia di Pechino, una comunità ispirata a quella di Manhattan cui aderiscono fotografi, musicisti, performer. Le immagini ne attestano l’attività. Crystal Cube (Cubo di cristallo) appartiene alla serie con cui Ai Weiwei – traendo ispirazione dalla scultura minimalista degli anni sessanta – ripropone un cubo utilizzando i materiali della tradizione cinese: tè, ceramica, marmo, ebano. Crystal Cube, del peso di oltre due tonnellate, è stata la riproduzione più complessa realizzata finora.

17. Leg Gun
Nel giugno del 2014 Ai Weiwei ha postato su Instagram una fotografia, in pantaloncini corti e calzini neri, in cui imbraccia la gamba come se si trattasse di una pistola. Ha accompagnato l’immagine con le parole “Beijing Anti-Terrorism Series”. Il gesto è diventato virale ed è stato ripreso da migliaia di follower in chiave politica, ironica o artistica. L’opera comunica lo stile tipico della protesta online in Cina, in cui il dissenso è espresso in modo indiretto e sotteso.

18. Surveillance
Photographs of Surveillance (Fotografie di sorveglianza) riunisce una serie di fotografie pubblicate sul numero 43 della rivista FOAM “Freedom of Expression under Surveillance”, realizzato da Ai Weiwei in qualità di “guest editor”. Le fotografie sono state scattate negli anni dall’artista per documentare la propria vita. Le immagini mostrano la stretta vigilanza a cui Ai Weiwei è stato sottoposto dalle autorità cinesi, ma illustrano anche un punto di vista ribaltato, testimoniando la volontà dell’artista di tenere d’occhio quelli che lo sorvegliano. Tema ricorrente nella sua opera è la reinterpretazione, ispirata a Duchamp, di semplici oggetti di uso quotidiano che – tradotti in materiali pregiati quali marmo e cristallo – diventano simboli e icone. Al controllo dei cittadini da parte della politica allude Taxi Window Cranck, una maniglia di finestrino dei taxi di Pechino, analoga a quelle rimosse per impedire ai manifestanti di lanciare volantini dalle auto. Il video Discard the old path of closed doors and rigidity and reject evil attempts to change the Party’s banner (Abbandonare la vecchia politica delle porte chiuse e della rigidità e respingere i funesti tentativi di cambiare la bandiera del partito) ripercorre la vicenda. Mask (Maschera), altra opera ispirata ai problemi della Cina di oggi, è una maschera antigas appoggiata su una lastra tombale, scolpite in un unico blocco di marmo, per sottolineare il fortissimo inquinamento prodotto dalla rapida industrializzazione cinese. Tyre (Pneumatico) è invece parte della più recente ricerca di Ai Weiwei e richiama i salvagente – anche di fortuna – abbandonati sulle spiagge di Lesbo.

19. The Fake Case
Il film, del regista danese Andreas Johnsen, documenta la battaglia di Ai Weiwei contro il governo cinese. Segregato dalla polizia per oltre due mesi, viene rilasciato nel giugno 2011, accusato di frode fiscale commessa dal suo studio FAKE Design e multato per una cifra milionaria in dollari. Simpatizzanti organizzano una sottoscrizione popolare per raccogliere i soldi necessari per pagare la sanzione. Gli viene anche ritirato il passaporto, impedito di lasciare Pechino, proibito di pubblicare articoli su Internet e di parlare con la stampa. Il titolo del film allude al nome dello studio, ma anche a Fake nel senso di finzione, per sottolineare che si tratta di una montatura del governo relativa a un reato che non esiste. Il docu-film racconta altresì la creazione di S.A.C.R.E.D., opera – presentata in anteprima alla Biennale di Venezia del 2013 – che riproduce la prigionia di Ai Weiwei attraverso grandi diorami.

20. Selfie
Nel 2005 Ai Weiwei si apre a una nuova forma di espressione: su richiesta del portale cinese SINA inizia a tenere un blog su Internet e lo correda di fotografie per documentare attività artistica e vita personale, utilizzando la piattaforma per esprimere le sue idee sull’arte, l’architettura, la politica e la cultura. La sua denuncia contro il governo assume toni sempre più espliciti e duri a seguito del terribile terremoto del 2008. Nel maggio 2009 pubblica un elenco di nomi di bambini morti nel sisma, ma il blog – che raggiunge centomila contatti il giorno – è oscurato dal governo cinese. Passa dunque a Twitter e nei quattro anni successivi pubblica oltre centomila tweet, raggiungendo centinaia di migliaia di follower. I suoi interventi sui social media (dal 2009 è anche attivissimo su Instagram) col tempo assumono la valenza di una nuova forma d’arte. Ha affermato infatti: «Penso che l’arte non avrà nessun tipo di futuro se non riuscirà ad adattarsi alla tecnologia e alla vita di oggi».

Dieci cose da sapere su Ai Weiwei

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Artista concettuale, performer, pittore, fotografo, documentarista, regista, architetto, urbanista, designer, paroliere, blogger, scrittore, editore, dissidente politico, attivista in lotta per i diritti umani. Ecco le dieci cose da sapere sull’artista presto in mostra a Palazzo Strozzi.

1. Suo padre era un poeta
Ai Weiwei nasce nel 1957 a Pechino da una famiglia di intellettuali. I suoi genitori, Ai Qing (1910-1996) e Gao Ying (1933), sono entrambi letterati. Il padre Ai Qing è uno dei maggiori poeti cinesi del secolo scorso, diverse volte candidato al premio Nobel.

width=I genitori di Ai Weiwei Ai Qing e Gao Ying.

 

2. È cresciuto in esilio
Alla fine degli anni cinquanta Ai Qing e la famiglia vengono inviati in un campo di rieducazione militare a Shihezi, nella provincia dello Xinjiang nel nord-ovest della Cina. In seguito sono spostati in un villaggio ancora più isolato e vivono per anni nel deserto del Gobi. Ai Qing è condannato ai lavori forzati: per umiliarlo gli viene affidato l’incarico di pulire le latrine del paese. Nel 1976 Ai Qing viene riabilitato e torna a Pechino con la famiglia.

width=Ai Weiwei a due anni, 1959.

 

3. Il rapporto, anche conflittuale, con la tradizione cinese è fondamentale per il suo linguaggio
Un esempio di tale rapporto è l’Han Dynasty Urn with Coca Cola Logo del 1994, un recipiente della dinastia Han cui l’artista aggiunge, dipingendolo a mano, il logo della bevanda, per sottolineare il problematico rapporto tra memoria storica e consumismo nella nuova economia capitalistica cinese. Altra declinazione del suo rapporto con l’arte antica cinese è Dropping a Han Dynasty Urn (Distruzione di un’urna della dinastia Han; 1995), controversa e famosissima performance che lo vede far cadere un’urna funeraria della dinastia Han antica di oltre duemila anni, fissata da tre iconici scatti fotografici in bianco e nero.

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Han Dynasty Urn with Coca Cola Logo
, 1995

width=Dropping a Han Dynasty Urn, 1995. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

 

4. Ha vissuto negli Stati Uniti
Nel febbraio 1981, a ventiquattro anni e con trenta dollari in tasca, Ai Weiwei si trasferisce negli Stati Uniti per studiare inglese a Filadelfia e Berkeley. L’anno successivo si sposta a New York, dove entra alla Parsons New School for Design e studia tra l’altro con Sean Scully, ma lascia dopo sei mesi. Frequenta musei e gallerie ed è influenzato da Marcel Duchamp, Andy Warhol e Jasper Johns. È questa la sua vera formazione. Per mantenersi svolge i più svariati lavori e cambia una decina di case nel Queens, a Brooklyn e poi nel Lower East Side a Manhattan. Il suo appartamento diventa punto di incontro per gli artisti cinesi, perlopiù in fuga dal regime, e Ai Weiwei rappresenta un collegamento tra intellettuali dei due paesi. Nel 1993, alla notizia di una grave malattia del padre, Ai Weiwei torna in Cina.

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A sinistra: Ai Weiwei davanti a To Be Looked at (from the Other Side of the Glass) with One Eye, Close to, for Almost an Hour, di Marcel Duchamp, al Museum of Modern Art di New York. New York Photographs, 1983-1993 (1987).
A destra: Ai Weiwei nel suo appartamento sulla East Third Street a New York, 1984.

 

5. Un attivista in lotta per i diritti umani
In Ai Weiwei pensiero artistico e attività politica sono indissolubilmente legati. Artista dissidente, in aperto contrasto col governo cinese, è noto per il suo impegno sociale a favore della libertà di espressione e dei diritti umani. Attualmente è all’attenzione dei media di tutto il mondo per la sua protesta politica a favore dei rifugiati. A fine gennaio 2016 chiude anticipatamente la mostra Ruptures alla Fondazione Jens Faurschou di Copenaghen per protesta contro la decisione del governo danese di confiscare i beni ai rifugiati e richiedenti asilo. Qualche giorno dopo viene ritratto dal fotografo Rohit Chawla in una posa che richiama la sconvolgente immagine di Alan Kurdi, diventato il simbolo della crisi dei rifugiati siriani. In occasione dalla mostra Ai Weiwei. Libero ventidue grandi gommoni di salvataggio saranno ancorati alle finestre di Palazzo Strozzi. Con questa installazione intitolata Reframe (Nuova cornice) Ai Weiwei vuole attirare l’attenzione sulla crisi umanitaria e di valori che sta scuotendo le fondamenta dell’Europa.

width=A sinistra in alto: Ai Weiwei è ritratto dal fotografo Rohit Chawla in una posa che richiama l’immagine di Alan Kurdi.
A sinistra in basso: il post su Instagram di Ai Weiwei che annuncia la chiusura anticipata della mostra Ruptures alla Fondazione Jens Faurschou di Copenaghen.
A destra: Reframe, rendering del progetto per la facciata di Palazzo Strozzi.

 

6. Reinventa l’antico
Nel lavoro di Ai Weiwei si trovano molto spesso riferimenti alle tecniche artistiche e artigianali cinesi passate e presenti. Riallacciandosi alla tradizione, l’artista crea oggetti in porcellana realizzati artigianalmente a Jingdezhen, storica capitale di questa produzione. Nel 2010 Ai Weiwei realizza la gigantesca installazione Sunflower Seeds (Semi di girasole) per la Tate Modern a Londra. Mobilita 1600 artigiani, che modellano, dipingono a mano e cuociono cento milioni di semi di girasole in porcellana. Tra le opere legate al passato rientra anche Map of China (Mappa della Cina; 2003), scultura-puzzle formata da legni di tipo tieli, il pregiato “legno ferro”, recuperati dai templi della dinastia Qing (1644-1911) distrutti dal governo cinese per essere sostituiti da moderne costruzioni.

width=A sinistra: Ai Weiwei con l’installazione Sunflower Seeds alla Tate Modern di Londra, 2010.
A destra: Map of China, 2013. Courtesy of Ai Weiwei Studio.

 

7. È anche un architetto
Pur non avendo mai frequentato corsi di architettura, nel 1999 Ai Weiwei progetta la propria casa-studio, l’ormai iconico numero 258 nel villaggio di Caochangdi, quartiere artistico a nord-est di Pechino, costruendola in soli sessanta giorni seguendo metodi tradizionali e utilizzando materiali locali. Nel 2002 Ai Weiwei accetta l’invito degli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron di collaborare quale consulente artistico al progetto per lo stadio di Pechino destinato ai Giochi olimpici. Il grandioso Nido di uccello (The Bird’s Nest), è il simbolo delle Olimpiadi del 2008, e il risultato più “ufficiale” in questo settore e di tutta la carriera di Ai Weiwei.

width=A sinistra: la costruzione della casa-studio di Ai Weiwei al numero 258 nel villaggio di Caochangdi.
A destra: la costruzione e l’inaugurazione del Nido di uccello, simbolo delle Olimpiadi del 2008 a Pechino.

 

8. È stato in prigione
L’evento che incide più profondamente sulla vita di Ai Weiwei risale al 3 aprile 2011, quando viene arrestato all’aeroporto internazionale di Pechino a causa della sua attività di opposizione al governo. Ai Weiwei viene detenuto illegalmente per 81 giorni in un luogo segreto, sorvegliato senza interruzione da due guardie. Al momento del rilascio è accusato di evasione fiscale, gli viene ritirato il passaporto, impedito di lasciare Pechino per un anno, proibito di pubblicare articoli su Internet e di parlare con la stampa, mentre le sue opere sono allontanate dai musei e il suo nome cancellato dai motori di ricerca e da Sina Weibo, il canale social più popolare in Cina. L’artista viene segregato in casa propria, con agenti di polizia che piantonano la zona e una ventina di telecamere di sorveglianza collocate sui pali della luce. Il 22 luglio 2015 all’artista viene ridato il passaporto. È libero di raggiungere la Germania, dove risiedono la compagna e il figlio Ai Lao.

width=A sinistra: telecamere di sorveglianza davanti allo studio di Ai Weiwei.
A destra: Ai Weiwei con il passaporto che gli è stato restituito dal governo cinese nel 2015.

 

9. È estremamente attivo sui social media
L’uso dei nuovi media è da più di dieci anni uno dei maggiori tratti distintivi dell’opera di Ai Weiwei. Nel 2005 su richiesta del portale cinese SINA, Ai Weiwei inizia a tenere un blog corredandolo di fotografie sulla sua attività artistica e vita personale. Nel maggio 2009, in seguito al terremoto che il 12 maggio 2008 provoca nel Sichuan circa settantamila vittime, Ai Weiwei pubblica l’elenco di migliaia di bambini e ragazzi morti nel crollo di una ventina di scuole, collassate a causa dei materiali scadenti utilizzati nella costruzione degli edifici. Il blog, che raggiunge centinaia di migliaia di contatti il giorno, è oscurato dal governo cinese. Durante i suoi arresti domiciliari, dal 2011 al 2015, Ai Weiwei ha trovato nei social media una nuova possibilità di esprimersi. Dal suo studio ha iniziato a creare e a condividere video, film documentari, meme ironici, foto e registrazioni audio. Con il suo uso creativo e allo stesso tempo compulsivo di Twitter e Instagram, Ai Weiwei ha completamente sfruttato la forza di Internet come strumento di espressione pubblica.

10. È un “uomo del Rinascimento”
Attraverso le sue azioni e le sue opere Ai Weiwei dimostra costantemente di vedere il mondo in una luce diversa e di essere pronto a restituirci la sua visione dell’arte rivolta alla ricerca del significato più profondo dell’essere umano. Anche per questo è stato definito un moderno “uomo del Rinascimento”: un uomo che, attraversando generi artistici diversi, – dall’architettura al cinema, dalla fotografia alla poesia, dalla scultura alla pittura – può trasformare un manufatto artigianale in arte, un oggetto inerte come un tondino di ferro o un gommone nel grido lacerante dell’umanità. Ai Weiwei non è semplicemente una delle tante star del sistema dell’arte contemporaneo, e non è nemmeno soltanto un attivista rivolto ai problemi della modernità, ma è piuttosto un libero pensatore che dimostra di voler dare all’arte un importantissimo ruolo sociale e politico, nel senso più nobile del termine.

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In occasione della mostra che inaugurerà a settembre, Palazzo Strozzi ha creato all’interno del proprio sito la Ai Weiwei Story: un racconto della vita dell’artista tramite immagini e video, che ripercorre i momenti più importanti della sua storia artistica e personale.

 

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Collezionismi

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Due collezioni a confronto, quella di Solomon e di Peggy Guggenheim, hanno definito nel tempo il concetto di arte moderna, dal Surrealismo all’Action Painting fino all’Informale e alla Pop art.

Da questo confronto nasce la mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim da cui prende spunto il progetto educativo Collezionismi.

Collezionismi nasce dall’idea di utilizzare la mostra come terreno di confronto finalizzato alla produzione di nuove opere d’arte e nuovi progetti artistici. Collezionismo a 360 gradi dunque: come pratica artistica, come approccio operativo, come metodo di lavoro. Organizzare una raccolta di oggetti o immagini, secondo un’idea, una riflessione, un racconto, come stimolo per nuovi scenari o la definizione di inedite suggestioni visive.

Il progetto ha coinvolto gli studenti delle Accademie d’arte di Firenze che, dopo una visita alla mostra e l’incontro con due artisti, Chiara Betazzi e Francesco Carone -la cui ricerca artistica ha un forte legame con l’idea di collezione- hanno esplorato possibili forme di collezionismo attraverso la fotografia, la performance e la pittura.

width=Ogni studente ha attinto dal proprio percorso di formazione e dalle proprie esperienze, traducendo l’atto del collezionare non solo in una raccolta di oggetti, ma in una serie più complessa di attività, scendendo più in profondità nel processo creativo.

In un incontro pubblico a Palazzo Strozzi, i partecipanti al progetto hanno presentato in anteprima le produzioni più significative: c’è chi ha catturato il proprio tempo attraverso una video performance, chi ha costruito scatole cinesi concettuali attraverso collezioni di fotografie il cui soggetto sono collezioni di sculture, chi ha utilizzato gli oggetti dimenticati della propria infanzia come incipit di un progetto video in stop-motion.

width=Tante le possibili forme di “collezionismo” realizzate dai ragazzi che, grazie alla collaborazione con gli studenti del corso di Art Management dello IED Firenze, sono divenute una mostra di arte contemporanea dal titolo #tantecose.

Il progetto espositivo #tantecose si terrà negli spazi di IED (in via Bufalini 6R) e ONART Gallery, (in via della Pergola 57-61/r) dal 23 al 30 giugno 2016 presentando non solo il concetto del collezionismo di opere d’arte ispirate alle collezioni dei Guggenheim, esposte a Palazzo Strozzi, ma considerando anche i vari approcci psicologici del collezionismo come azione di raccolta di oggetti, pensieri e esperienze.

L’atto di collezionare include una selezione: una scelta specifica degli elementi selezionati. #tantecose invita lo spettatore ad esplorare la natura di queste scelte.

width=Collezionismi è realizzato grazie alla collaborazione di:
Accademia di Belle Arti di Firenze (Marco Raffaele)
LABA Firenze (Federica Chezzi, Massimo Innocenti)
IED (Daria Filardo)
Fondazione Studio Marangoni, (Lucia Minunno, Margherita Verdi)
Chiara Bettazzi e Francesco Carone

Dove vivo io

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«Abitare è essere ovunque a casa propria». Inizia così il documentario del 1977 dell’architetto Ugo La Pietra. A questo pensiero e alla migrazione contemporanea rappresentata nella mostra Liu Xiaodong: Migrazioni si ispira il progetto Dove vivo io, realizzato dal Dipartimento Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi.

L’idea è di raccontare la comunità che vive nei luoghi raffigurati dal pittore Liu Xiaodong, attraverso una testimonianza diretta, fatta di voci, suoni e immagini. Un progetto pensato per far emergere i legami con il territorio e i percorsi emotivi di chi abita quotidianamente la città.

Come ci rappresentano e cosa raccontano di noi i luoghi in cui viviamo? Quanto siamo influenzati dai quartieri, dalle vie e dalle piazze che frequentiamo? Quanto la nostra presenza modifica questi luoghi?

A queste domande risponde un gruppo di ragazze e ragazzi, che vivono tra Prato e Firenze, riflettendo sui luoghi del proprio vissuto quotidiano: una strada, una piazza o qualsiasi altro posto legato ad un ricordo, a un’emozione, alla personale percezione della città.

Il punto di partenza è stato quello di individuare sulla mappa di Prato, i “luoghi del cuore”; è seguita una visita in città per scoprire insieme le aree indicate: un percorso durante il quale ognuno ha raccontato le storie, le trasformazioni, le relazioni, con una particolare attenzione al quartiere di Chinatown. La fase successiva è stata quella di intervistare persone che vivono nel territorio, scelte direttamente dai partecipanti.

width=Ad ogni luogo corrisponde una storia: c’è chi ha indicato Piazza dell’Immaginario, chi via Pistoiese, chi piazza Duomo, raccontando così frammenti della città. Vincenzo, spazzino italiano, si prende cura della strade del Macrolotto Zero; Giulia, ex studentessa di medicina, vive in Italia da venticinque anni lavorando come sarta, innamorata del centro storico pratese; Massimiliano, ha un cognome e un passaporto cinese, senza però conoscere la lingua. Tante le storie che si intrecciano, raccolte in un progetto sonoro, con sottotitoli in italiano e cinese, affiancato da una selezione di fotografie e mappe dei luoghi raccontati.

Il video, le fotografie e le mappe che potete vedere per intero qui, sono il risultato di alcuni mesi di lavoro che hanno permesso di scoprire, approfondire e raccontare l’articolata convivenza multiculturale che caratterizza Prato.

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Tutte le interviste e le fotografie sono disponibili sul nostro account Youtube e Flickr.

width=Il progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione con Sara Jacopini, Miao Miao Huang e all’attenzione e sensibilità di tutti i partecipanti.
Il progetto audio è stato realizzato in collaborazione con Radio Papesse.
La documentazione fotografica e il montaggio video è di Giancarlo Barzagli.
Le mappe sono state realizzate da Emanuele Barili.

 

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Il ponte del 2 giugno a Palazzo Strozzi

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Sapete già come trascorrere questo lungo weekend di festa?

Da oggi inizia il lungo ponte del 2 giugno da dedicare alle nostre passioni, al tempo libero ritrovato, alle gite in giro per l’Italia e ai nostri immancabili appuntamenti con l’arte. Non c’è occasione migliore per visitare Firenze e Palazzo Strozzi!

Proprio a Palazzo Strozzi, all’interno della cornice di uno dei capolavori dell’architettura rinascimentale fiorentina, vi aspettano due grandi mostre di arte moderna e contemporanea: Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim e Liu Xiaodong: Migrazioni.

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Entrambe rimarranno aperte al pubblico giovedì 2 giugno sino alle ore 23.00 (con ultimo ingresso alle ore 22.00), mentre venerdì, sabato e domenica vi faranno compagnia fino alle ore 20.00 (ultimo ingresso alle ore 19.00).

Se desiderate unire la vostra passione per il moderno al contemporaneo, vi suggeriamo di acquistare il biglietto congiunto che vi permetterà di vedere sia i capolavori delle collezioni Guggenheim, sia le opere frutto della riflessione sulle migrazioni contemporanee dell’artista cinese Liu Xiaodong.

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Lasciatevi guidare in una visita in mostra su misura per voi, scoprite le visite guidate per singoli visitatori:

Per la mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim
ogni giovedì alle 17.30 e ogni sabato alle 16.30.
Altri appuntamenti disponibili su prenotazione:
ogni giovedì alle 19.30;
ogni sabato alle 18.30;
ogni domenica alle 18.00.
Il costo della visita è di € 8,00 a persona e non comprende il biglietto d’ingresso.
Sistema radio auricolare obbligatorio € 1,00 a persona disponibile in biglietteria.

Prenotazione obbligatoria
lunedì-venerdì
9.00-13.00; 14.00-18.00
prenotazioni@palazzostrozzi.org

Per la mostra Liu Xiaodong: Migrazioni
ogni domenica alle 16.30
La visita è gratuita con il biglietto d’ingresso alla mostra, non è necessaria la prenotazione.

Insomma per chi resterà o arriverà a Firenze, per chi si concederà la bellezza dell’arte o il meritato relax, questo primo fine settimana di giugno si preannuncia davvero imperdibile.