I risultati di “The Florence Experiment”

Descrizione dei materiali e metodi

L’esperimento, che ha avuto una durata complessiva di quattro mesi, ha riguardato un numero complessivo pari a circa 2200 piante di fagiolo. Tre gruppi di piante sono stati identificati: i) piante cresciute in condizioni di crescita ideali (ovvero quelle che non hanno sperimentato la caduta dallo scivolo), ii) piante lanciate dallo scivolo in assenza della persona (lanciate su un apposito carrello) iii) piante lanciate in presenza della persona. In occasione di ogni campionamento su ciascuna pianta sono stati misurati i seguenti parametri fisiologici attraverso l’impiego di uno strumento, il LICOR 6800: – Assimilazione netta di CO2, corrispondente al tasso fotosintetico della pianta; – Conduttanza stomatica, corrispondente al livello di apertura degli stomi delle foglie. Inoltre per le piante discese insieme alle persone sono stati registrati i seguenti parametri: età della persona, il sesso, fumatore o non fumatore, e la sensazione dominate durante la discesa (paura o euforia). Inoltre sono stati eseguiti tre campionamenti volti alla determinazione della concentrazione di composti organici volatili (COV) emessi dalle piante in risposta alla discesa dallo scivolo: queste misurazioni sono state eseguite attraverso l’impiego di uno spettrometro di massa, TOF-MS. I dati raccolti sono stati analizzati statisticamente attraverso appositi test statistici (ANOVA e Student t-test, α=0.05) volti a stabilire la significatività delle osservazioni. I risultati vengono presentati sottoforma di istogrammi riportanti il valore medio e l’errore standard della media.

Risultati

Le nostre osservazioni hanno dimostrato che le piante lanciate dallo scivolo in compagnia di una persona, presentano un livello fotosintetico e di conduttanza stomatica significativamente più basso sia delle piante di controllo non lanciate che di quelle lanciate senza la persona (Figura 1). Di contro, non sono state rilevate differenze statisticamente significative nei livelli di questi due parametri fisiologici in base al sesso, al fumo o allo stato emotivo (Figura 2) o all’eta (Figura 3) delle persone durante la discesa. Da queste osservazioni si può dedurre che la presenza della persona durante la discesa dallo scivolo ha sempre, indipendentemente dal tipo di persona, un effetto negativo sulla fisiologia della pianta.
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Per quanto riguarda l’emissione di COV abbiamo osservato una differenza nello spettro di emissione di sei composti principali da parte di piante lanciate (con e senza la persona) rispetto a quelle di controllo (Figura 4). In particolare, in piante lanciate in presenza di persone, abbiamo osservato una minore emissione di alcuni COV (Esil-Acetato, Acetaldeide, Acido acetico, Isobutanolo, Acetato di Metile) e una maggiore emissione di Metanolo rispetto alle piante di controllo non lanciate. Una risposta diversa è stata osservata nelle piante discese dallo scivolo senza la persona; in questo caso le piante hanno mostrato maggiori livelli di emissioni di Metanolo, Esil-Acetato, Acetaldeide e Acido acetico e minori livelli di emissioni di Isobutanolo e Acetato di Metile rispetto ai controlli.
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Rhythm 0 compie 44 anni!

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La sala in Strozzina dedicata a Rhythm 0.

Foto di Alessandro MoggiEra il 1974 infatti quando Marina Abramović diede vita a una delle sue performance più discusse.

«Sul tavolo ci sono settantadue oggetti che possono essere usati a piacere su di me. Io sono l’oggetto. Durante la performance mi assumo la totale responsabilità. La performance e l’ultima del ciclo dei ritmi (Rhythm 10, Rhythm 5, Rhythm 2, Rhythm 4, Rhythm 0). Concludo la mia ricerca sul corpo conscio e inconscio.
Oggetti sul tavolo: pistola, proiettile, vernice blu, pettine, campana frusta, rossetto, coltellino svizzero, forchetta, profumo, cucchiaio, cotone, fiori, fiammiferi, rosa, candela, acqua, sciarpa, specchio, bicchiere, macchina fotografica Polaroid, piuma, catene, chiodi, ago, spilla da balia, forcina, spazzola, benda, vernice rossa, vernice bianca, forbici, penna, libro, cappello, fazzoletto, foglio di carta bianco, coltello da cucina, martello, sega, pezzo di legno, accetta, bastone, osso di agnello, quotidiano, pane, vino, miele, sale, zucchero, sapone, torta, tubo di metallo, bisturi, lancia di metallo, confezione di lamette da rasoio, piatto, calice, cerotto, alcol, medaglia, stola di pelliccia, paio di scarpe, sedia, lacci in pelle, gomitolo, cavo di metallo, zolfo, uva, olio d’oliva, rametto di rosmarino, miele»

Così descrive le sensazioni di quelle ore la stessa Marina Abramović nella sua autobiografia “Attraversare i muri”:

Fu lo Studio Morra di Napoli a invitarmi: “Vieni qui e fa’ quello che vuoi”. Era l’inizio del 1975. […] progettai una performance in cui sarebbe stato il pubblico ad agire. Io sarei stata solo l’oggetto, il ricettacolo. Mi sarei presentata alla galleria e sarei rimasta lì, in pantaloni neri e T-shirt nera, davanti a un tavolo contenente settantadue oggetti [..] Alle otto di sera si presentò una considerevole folla, che trovò sul tavolo queste istruzioni […] Durante questo intervallo di tempo mi assumo ogni responsabilità. Durata: 6 ore (dalle 20 alle 02) Studio Morra, Napoli, 1975. Se qualcuno voleva caricare la pistola e usarla, ero pronta alle conseguenze. Quello che dissi a me stessa fu: “Va bene, vediamo che cosa succede.” Per le prime tre ore non successe molto. Il pubblico era intimidito da me. Me ne stavo lì, con lo sguardo perso nel vuoto, senza guardare niente e nessuno in particolare; ogni tanto qualcuno mi porgeva la rosa, metteva lo scialle sulle mie spalle o mi dava un bacio. In seguito cominciarono a succedere delle cose, all’inizio lentamente e poi in fretta. Fu molto interessante; in genere, le visitatrici dicevano agli uomini che cosa farmi, piuttosto che farlo di persona (anche se più tardi, quando qualcuno mi punse con uno spillo, fu una donna ad asciugarmi le lacrime). Per lo più si trattava del normale pubblico del mondo dell’arte italiano, i mariti con le loro mogli. A ripensarci, penso che il motivo per cui non venni violentata fu che erano presenti le mogli. Quando si fece notte fonda, nella galleria cominciò ad avvertirsi una certa tensione sessuale. Non era da me che proveniva, ma dai visitatori. Eravamo nell’Italia meridionale, dove la chiesa cattolica esercitava una forte influenza, e nell’atteggiamento verso le donne c’era una spiccata dicotomia tra puttana e Madonna. Dopo tre ore, un uomo mi tagliò in due la maglietta e me la tolse. La gente mi costringeva ad assumere varie posizioni. Se mi facevano chinare la testa, la tenevo giù; se la tiravano su, restavo così. Ero una marionetta, completamente passiva. A seno nudo. Qualcuno mi mise in testa la bombetta. Qualcun altro prese il rossetto, scrisse “Io sono libero” sullo specchio e me lo mise in mano. Sempre con il rossetto qualcun altro mi scrisse “End” sulla fronte. Un altro mi scattò delle Polaroid e me le infilò in mano come carte da gioco. Le cose si fecero più audaci. Due tizi mi sollevarono di peso e mi portarono in giro. Mi misero sul tavolo, mi allargarono le gambe e conficcarono il coltello a poca distanza dal mio sesso. Qualcuno mi punse con gli spilli. Un altro mi versò lentamente in testa un bicchiere d’acqua. Qualcuno mi fece un taglio sul collo con il coltello e succhiò il sangue. Ho ancora la cicatrice. E poi c’era un uomo di statura molto bassa che mi stava appiccicato, ansimando. Mi faceva paura. Nessun altro e nessun’altra cosa me ne aveva fatta, ma lui sì. Dopo un po’ mise il proiettile nella pistola e me la mise nella mano destra. La puntò verso il mio collo e toccò il grilletto. Dal pubblico si levò un mormorio; qualcuno fermò il tizio e ci fu una baruffa. Alcuni visitatori volevano evidentemente proteggermi; altri volevano che la performance continuasse. Dato che eravamo nel Sud, la gente alzò la voce e gli animi si infiammarono. Il piccoletto venne cacciato fuori dalla galleria e la performance continuò. Di fatto, il pubblico divenne sempre più attivo, come in trance. Poi, alle due di notte, si fece avanti il gallerista e mi disse che erano passate le sei ore. Smisi di guardare nel vuoto e fissai il pubblico. “La performance è finita,” disse il gallerista. “Grazie.” Ero in uno stato pietoso: mezza nuda, sanguinante, con i capelli bagnati. A quel punto accadde una cosa strana: d’un tratto quelli che erano ancora lì ebbero paura di me. Mentre andavo verso di loro, uscirono di corsa dalla galleria. Il gallerista mi riportò al mio albergo e andai nella mia stanza, con un senso di solitudine che non avvertivo da un pezzo. Ero sfinita, ma la testa continuava a ronzarmi, facendomi rivedere immagini di quella serata. Quando mi avevano punto e tagliato il collo, non avevo sentito niente, ma ora pulsavo di dolore. E non riuscivo a liberarmi della paura ispirata dal piccoletto. Alla fine piombai in una specie di dormiveglia. La mattina mi guardai allo specchio, e un’intera ciocca di capelli mi era diventata grigia. In quel momento mi resi conto che il pubblico può ucciderti. Il giorno dopo, decine di persone che avevano partecipato all’evento telefonarono in galleria. Dicevano di essere terribilmente dispiaciute; non si erano rese conto di ciò che era successo mentre erano lì, non sapevano che cosa fosse successo a loro.

La mostra Marina Abramović. The Cleaner sarà a Palazzo Strozzi fino al 20 gennaio 2019. Fai il biglietto online e vieni in Strozzina per scoprire di più sulla storia, gli strumenti e le performance dell’artista serba.

Il calendario delle reperformance di “Marina Abramović. The Cleaner”

La retrospettiva di Marina Abramović a Firenze Marina Abramović. The Cleaner comprende anche una serie di reperformance delle opere più famose dell’artista serba. Vediamo quindi il calendario delle attività che vengono eseguite a Palazzo Strozzi.

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Imponderabilia

Tutti i giorni dalle 10.30 alle 19.30. Giovedì dalle 10.30 alle 21.30.

Cleaning the Mirror

Tutti i giorni dalle 14.30 alle 19.30. Giovedì dalle 10.30 alle 15.30 e dalle 16.30 alle 21.30.

Luminosity

Tutti i giorni dalle 15.00 alle 16.00.

The House with the Ocean View

Reperformance che durerà 12 giorni: da martedì 4 dicembre a domenica 16 dicembre.

Per saperne di più visita la pagina del sito.  Puoi anche fare il biglietto online e saltare la fila.

Nella mostra “Marina Abramović. The Cleaner” si possono fare fotografie?

La risposta è sì, ma è necessario rispettare alcune importanti regole. Vediamole insieme:

  1. Non essere invadenti
  2. Non usare cavalletto o selfie-stick
  3. Non usare il flash
  4. Non invadere lo spazio dei performer (tenersi ad almeno 3 metri di distanza).

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Non in tutte le mostre di Palazzo Strozzi è possibile fotografare le opere esposte, talvolta i prestatori delle opere impongono questo divieto per motivi di copyright, talvolta la delicatezza di un’opera d’arte rende necessario questo divieto proprio perché la forte luce dei flash potrebbe compromettere lo stato di conservazione.
C’è anche un’altra ragione, spesso sottovalutata: visitare una mostra circondati da decine di fotografi appassionati può tramutare un’esperienza unica di incontro con l’arte in un maldestro tentativo di evitare macchine fotografiche e telefoni cellulari che spuntano da ogni parte.

Il lavoro dei performer richiede grande concentrazione e sforzo fisico, trovarsi una macchina fotografica sotto il naso influisce negativamente sulla loro performance.
Inoltre, così come è necessario tenersi alla giusta distanza da un quadro o una scultura, anche nel caso dei performer in mostra è necessario mantenere la giusta distanza per non disturbare lo svolgimento dell’azione e permettere agli altri visitatori di vedere ciò che sta accadendo.

Ultima nota: la performance art si caratterizza per la sua immaterialità, per la capacità di generare forti sensazioni e trasformarsi in un ricordo, diverso per ognuno di noi, da condividere verbalmente. Come dice Marina Abramović, dobbiamo riuscire a vivere il qui e l’ora con la consapevolezza che ciò che vediamo e proviamo è irripetibile e l’unicità risiede proprio nella transitorietà; immancabilmente ci perdiamo tutto questo se siamo occupati a inquadrare, mettere a fuoco e scattare.

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5 motivi per visitare “Marina Abramović. The Cleaner”

Marina Abramović a Firenze

I cinque punti che caratterizzano la retrospettiva, in mostra a Palazzo Strozzi fino al 20 gennaio 2019

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1)

Perché è la prima mostra dedicata da Palazzo Strozzi a un’artista donna, la più importante rappresentante dell’arte performativa. Assolutamente inedita per l’Italia in questa formula immersiva, Marina Abramović. The Cleaner offre la possibilità agli spettatori di conoscere a tutto tondo l’arte di Marina Abramović, che con le sue opere e la sua storia – 50 anni di carriera – ha invaso tutti gli spazi del Palazzo: dal cortile alla Strozzina al Piano Nobile.

2)

Perché la mostra è un racconto speciale del rapporto di Marina Abramović con l’Italia, dove hanno avuto luogo alcune delle sue memorabili performance, che sono ripercorse nell’esposizione mettendo in evidenza il rapporto strettissimo dell’artista col nostro Paese.

3)

Perché Marina Abramović è l’artista che più di ogni altra segna la nostra contemporaneità: pur avendo fatto parte del secolo scorso, ha traghettato la sua arte nel Terzo Millennio.

4)

Perché è un’artista che, riflettendo sulla propria vita, da sempre ha portato alla ribalta temi cruciali, che ci riguardano tutti, riuscendo a comunicare come nessun altro artista col presente, interpretandone le contraddizioni e le urgenze. Ha saputo “far pulizia”, tenendo solo quello che serve ed è essenziale.

5)

Perché sarà possibile per il visitatore partecipare direttamente alle re-performance che ogni giorno vengono realizzate negli spazi di Palazzo Strozzi, tuffandosi in esperienze che rendono questa mostra un vero e proprio e indimenticabile esperimento vivente.

 

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Manifesto della vita di un artista Marina Abramović

 width=Come l’artista deve condurre la sua vita

L’artista non dovrebbe mentire
a se stesso
o ad altri
L’artista non dovrebbe rubare
idee altrui
L’artista non dovrebbe scendere
a compromessi
con se stesso o
per il mercato dell’arte
L’artista non dovrebbe uccidere
un altro uomo
L’artista non dovrebbe fare
di se stesso un idolo
L’artista non dovrebbe fare
di se stesso un idolo
L’artista non dovrebbe fare
di se stesso un idolo

La vita sentimentale di un artista

L’artista dovrebbe evitare
di innamorarsi di un altro artista
L’artista dovrebbe evitare
di innamorarsi di un altro artista
L’artista dovrebbe evitare
di innamorarsi di un altro artista

L’artista e l’erotismo

L’artista dovrebbe sviluppare
un punto di vista erotico sul mondo
L’artista dovrebbe essere erotico
L’artista dovrebbe essere erotico
L’artista dovrebbe essere erotico

L’artista e la sofferenza

L’artista dovrebbe soffrire
Dalla sofferenza scaturiscono
i lavori migliori
La sofferenza porta trasformazioni
Attraverso la sofferenza l’artista
trascende il proprio spirito
Attraverso la sofferenza l’artista
trascende il proprio spirito
Attraverso la sofferenza l’artista
trascende il proprio spirito

L’artista e la depressione

L’artista non dovrebbe essere
depresso
La depressione è una malattia e
dovrebbe essere curata
La depressione è improduttiva
per l’artista
La depressione è improduttiva
per l’artista
La depressione è improduttiva
per l’artista

L’artista e il suicidio

Il suicidio è un crimine contro la vita
L’artista non dovrebbe suicidarsi
L’artista non dovrebbe suicidarsi
L’artista non dovrebbe suicidarsi

L’artista e l’ispirazione

L’artista dovrebbe guardarsi dentro
in cerca di ispirazione
Più l’artista guarda dentro di se,
più diventa universale
L’artista è universo
L’artista è universo
L’artista è universo

L’artista e l’autocontrollo

L’artista non dovrebbe avere
autocontrollo sulla sua vita
L’artista dovrebbe avere totale
autocontrollo sul suo lavoro
L’artista non dovrebbe avere
autocontrollo sulla sua vita
L’artista dovrebbe avere totale
autocontrollo sul suo lavoro

L’artista e la trasparenza

L’artista dovrebbe dare e ricevere
contemporaneamente
La trasparenza è ricezione
La trasparenza è dare
La trasparenza è ricevere
La trasparenza è ricezione
La trasparenza è dare
La trasparenza è ricevere
La trasparenza è ricezione
La trasparenza è dare
La trasparenza è ricevere

L’artista e i simboli

L’artista crea i propri simboli
I simboli sono il linguaggio
dell’artista
Il linguaggio, poi, deve essere
tradotto
A volte è difficile trovare
la chiave
A volte è difficile trovare
la chiave
A volte è difficile trovare
la chiave

L’artista e il silenzio

L’artista deve comprendere il silenzio
L’artista deve creare uno spazio
perché il silenzio entri nel suo lavoro
Il silenzio è come un’isola in mezzo
a un oceano burrascoso
Il silenzio è come un’isola in mezzo
a un oceano burrascoso
Il silenzio è come un’isola in mezzo
a un oceano burrascoso

I possedimenti dell’artista

I monaci buddisti consigliano
di possedere soltanto nove cose:
1 veste per l’estate
1 veste per l’inverno
1 paio di scarpe
1 scodella per elemosinare il cibo
1 zanzariera
1 libro di preghiere
1 ombrello
1 tappetino su cui dormire
1 paio di occhiali se necessari
L’artista dovrebbe decidere da solo
un minimo numero di oggetti
da possedere
L’artista dovrebbe avere sempre più
di sempre meno
L’artista dovrebbe avere sempre più
di sempre meno
L’artista dovrebbe avere sempre più
di sempre meno

Lista di amici dell’artista

L’artista dovrebbe avere amici che
elevino il suo spirito
L’artista dovrebbe avere amici che
elevino il suo spirito
L’artista dovrebbe avere amici che
elevino il suo spirito

Lista di nemici dell’artista

I nemici sono molto importanti
Il Dalai Lama ha detto che è facile
provare compassione per gli amici,
molto meno per i nemici
L’artista deve imparare a perdonare
L’artista deve imparare a perdonare
L’artista deve imparare a perdonare
L’artista e la solitudine:
L’artista deve passare lunghi periodi
di solitudine
La solitudine è estremamente
importante
lontano da casa
lontano dal proprio studio
lontano dalla famiglia
lontano dagli amici
L’artista dovrebbe passare molto
tempo vicino alle cascate
L’artista dovrebbe passare molto
tempo vicino a vulcani in eruzione
L’artista dovrebbe passare molto
tempo a osservare fiumi che
scorrono veloci
L’artista dovrebbe passare molto
tempo a guardare l’orizzonte,
dove mare e cielo si incontrano
L’artista dovrebbe passare molto
tempo a guardare le stelle nel cielo
notturno

L’artista e il lavoro

L’artista dovrebbe evitare di andare
ogni giorno nel suo studio
L’artista non dovrebbe trattare
i propri orari di lavoro come fa
un impiegato di banca
L’artista dovrebbe esplorare la vita
e lavorare solo quando un’idea
gli compare in sogno, o durante
il giorno come una visione
che sorge di sorpresa
L’artista non dovrebbe ripetersi
L’artista non dovrebbe produrre
troppo
L’artista dovrebbe evitare
l’inquinamento prodotto
dalla sua arte
L’artista dovrebbe evitare
l’inquinamento prodotto
dalla sua arte
L’artista dovrebbe evitare
l’inquinamento prodotto
dalla sua arte

Diversi scenari di morte

L’artista deve essere consapevole
della propria mortalità
per l’artista, non e importante
soltanto come vive, ma anche
come muore
L’artista dovrebbe osservare
i simboli dei propri lavori per trovare
i segni dei vari scenari di morte
L’artista dovrebbe morire in modo
consapevole senza paura
L’artista dovrebbe morire in modo
consapevole senza paura
L’artista dovrebbe morire in modo
consapevole senza paura

Diversi scenari di funerale

L’artista dovrebbe dare istruzioni
per il proprio funerale, in modo che
tutto sia svolto come vuole lui
Il funerale è l’ultima opera d’arte
dell’artista prima di andarsene
Il funerale è l’ultima opera d’arte
dell’artista prima di andarsene
Il funerale è l’ultima opera d’arte
dell’artista prima di andarsene.

Avvicinare i più giovani ai linguaggi dell’arte contemporanea

Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospita una retrospettiva completa dedicata a Marina Abramović. Ci troviamo di fronte a un gigante dell’arte mondiale che porta a Firenze circa cento opere realizzate nel corso della sua carriera, dagli esordi degli anni Sessanta e Settanta, fino ai lavori realizzati negli anni più recenti. Marina Abramović è un’artista che viene studiata sui libri di scuola e il suo lavoro ha segnato un’intera stagione dell’arte occidentale, quella della performance art. La mostra ospita video, fotografie e oggetti legati alle sue celebri performance, che saranno proposte nuovamente dal vivo all’interno delle sale dell’esposizione da un gruppo di giovani performer formati appositamente per l’occasione.

Per la nostra istituzione la possibilità di poter collaborare con una figura del calibro di Marina Abramović è sicuramente motivo di orgoglio e la mostra conferma l’impegno della Fondazione Palazzo Strozzi nel promuovere i linguaggi artistici del Novecento e dell’arte contemporanea attraverso i suoi principali rappresentanti.

A tale soddisfazione si accompagna però la responsabilità di dover rendere l’arte di questa artista accessibile a ogni tipologia di visitatore, compresi i più giovani. L’avvicinamento all’arte di bambini e adolescenti è uno dei principali obiettivi della Fondazione, e sebbene alcuni contenuti della mostra possano essere considerati sensibili e poco adatti a un pubblico di giovanissimi, abbiamo comunque deciso di tenere fede alla tradizionale apertura di Palazzo Strozzi nei confronti dei più giovani. Questo breve testo costituisce una piccola parte del lavoro che abbiamo fatto per informare genitori, famigliari e insegnanti sulle opportunità di visita della mostra con bambini e ragazzi.

Marina Abramović a Firenze. Le Attività per Bambini: Gruppi Scuola e Famiglie

In occasione della mostra Marina Abramović. The Cleaner invitiamo, come sempre, gli insegnanti della scuola ad accompagnare le proprie classi a Palazzo Strozzi per prendere parte alle attività condotte da educatori esperti. Le visite guidate e i laboratori sono disponibili per le classi della scuola dell’infanzia (dai 4 anni), della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado. Ogni attività proposta prevede percorsi che tengono conto delle diverse età dei partecipanti, ideati per soffermarsi solo sulle opere più significative e adatte all’età dei partecipanti. In occasione della mostra, abbiamo deciso di fornire più informazioni preliminari agli insegnanti, indicando materiali da utilizzare per preparare la classe alla visita e quali opere saranno osservate dal gruppo durante il percorso in mostra. Per i bambini di 4a e 5a elementare sono previsti anche degli incontri in classe preliminari alla visita della mostra per fornire maggiori strumenti interpretativi e per tracciare una relazione tra la performance art e i mezzi artistici più tradizionali e riconoscibili come la scultura e la pittura (Come diventare un’opera d’arte). In generale, la mostra di Marina Abramović fornirà alla scuola un’occasione unica per riflettere sull’uso del proprio corpo e sul suo linguaggio, aspetto che talvolta viene tralasciato dalle programmazioni didattiche, mentre per i più grandi la riflessione si allargherà al tema della diffusione della propria immagine, così importante nell’epoca dei social network.

 width=Anche le famiglie potranno partecipare alla mostra attraverso le attività proposte e anche in questo caso la progettazione della visita e del laboratorio creativo che la completa è stata realizzata tenendo in considerazione le differenze di età dei bambini. Per le famiglie con bambini dai 3 ai 6 proponiamo di vistare la mostra partecipando a Oggetti magici (mercoledì pomeriggio, una volta al mese), mentre per coloro che vogliono accompagnare bambini e ragazzi tra i 7 e i 12 anni ogni domenica mattina possono partecipare al laboratorio Vestirsi d’energia. Nel corso di queste attività adulti e bambini potranno condividere un momento creativo prendendo spunto dall’osservazione di alcune opere selezionate nel percorso della mostra.

Per la prima volta inoltre è stato creato uno specifico materiale dedicato a giovani e adulti (da 14 anni in su), il Kit Mostra.

Il Kit è composto da un libro con approfondimenti sull’artista e piccoli esercizi da fare nelle sale per avvicinarsi all’arte performativa. Il Kit è gratuito e sempre disponibile al Punto Info della mostra.

L’importanza di un percorso

L’allestimento della mostra prevede che le opere più forti, quelle legate alla fase degli anni Settanta, siano esposte nel piano della Strozzina. Pur invitando chiunque a partecipare alla mostra, sconsigliamo la visita di questa sezione ai minori di 14 anni non accompagnati da un adulto. Lo stesso vale per una saletta del piano nobile, il cui accesso sarà vietato ai minori di 18 anni. Tutti i percorsi per scuole e famiglie si svolgono al Piano Nobile della mostra dove sono ospitate le opere realizzate dalla fine degli anni Settanta agli anni Duemila, cioè dalla fase del rapporto artistico e sentimentale tra Marina Abramović e il compagno Ulay fino ai capolavori più recenti come The Artist is Present e le opere interattive in cui il visitatore viene chiamato a prendere parte all’opera.

“Marina Abramović. The Cleaner”. Una mostra per tutti

Per la nostra istituzione e per il pubblico fiorentino e italiano la mostra Marina Abramović. The Cleaner è un’occasione irripetibile di incontro con un’artista fondamentale del nostro tempo, così come lo sono state recentemente le mostre di Ai Weiwei e Bill Viola tenutesi a Palazzo Strozzi rispettivamente nel 2016 e 2017.

La mostra di Marina Abramović a Firenze ci pone nuovamente di fronte a delle questioni a cui è necessario rispondere attraverso un lavoro di progettazione: come possiamo rendere l’incontro tra le sensazionali opere di Marina Abramović e il pubblico ancora più significativo? Come possiamo rendere il contesto dell’esperienza adatto a tutte le diverse tipologie di persone che quotidianamente entrano a Palazzo Strozzi?

Per rispondere a queste domande è opportuno considerare quella che è la missione di un’istituzione come la Fondazione Palazzo Strozzi: rendere l’arte accessibile al più ampio numero di persone possibile tenendo presente la diversità di ogni visitatore.

Cosa può offrire la mostra, per esempio, a una scuola, a un gruppo di adolescenti, a degli studenti universitari, a una famiglia, a una persona con disabilità? È necessario essere consapevoli e prepararsi alle diverse sensibilità, al diverso bagaglio di informazioni, alle diverse necessità del visitatore della mostra.

Tenendo chiaro in mente il nostro obiettivo, abbiamo deciso di non farci spaventare dal contenuto talvolta forte di alcune delle opere esposte, mantenendo tutta l’offerta per il pubblico che caratterizza le mostre di Palazzo Strozzi e rilanciando con nuovi progetti. Questo ha richiesto un lavoro diverso di progettazione delle attività e la preparazione di percorsi appositi che permettano anche alle categorie di pubblico più sensibili a certi contenuti di accedere alla mostra.

I nuovi progetti EDU dedicati alla mostra

 width=Le famiglie con bambini trovano anche per questa mostra un calendario di attività a loro dedicate con i laboratori Oggetti magici (per famiglie con bambini tra i 3 e i 6 anni) e Vestirsi d’energia (per famiglie con bambini tra i 7 e i 12 anni).

In occasione della mostra di Marina Abramović, l’offerta di visite guidate e laboratori per le scuole, dall’infanzia all’università, è stata potenziata e diversificata con nuove attività in classe per la scuola primaria (Come diventare un’opera d’arte) e una nuova proposta con laboratorio in mostra dedicata agli studenti della scuola superiore che saranno invitati a sperimentare l’uso del proprio corpo per avvicinarsi ulteriormente alle opere di Marina Abramović (Corpi in azione).

Il Kit mostra, sempre disponibile gratuitamente al Punto Info, è stato pensato stavolta per adulti e giovani dai 14 anni in sù che, da soli o in gruppo, avranno voglia di mettersi in gioco e visitare la mostra con uno strumento inteso per stimolare l’approfondimento dei contenuti e l’interazione con le opere.

Proseguono anche i progetti speciali di accessibilità dedicati a persone con disabilità come Connessioni, A più voci (per persone con Alzheimer e chi se ne prende cura) e Sfumature, per ragazzi con disturbi dello spettro autistico). A questi si aggiunge un nuovo progetto, Corpo libero. Vivere l’arte con il Parkinson, dedicato alle persone con Parkinson che prende avvio proprio in occasione della mostra di Marina Abramović. Una nuova scommessa di Palazzo Strozzi che non poteva trovare contesto più adatto per trovare il suo inizio.

Per scoprire queste e tutte le altre proposte per il pubblico legate alla mostra Marina Abramović. The Cleaner vi invitiamo a visitare la sezione Educazione.

Marina Abramović a Firenze

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Palazzo Strozzi ospita per la prima volta in Italia una retrospettiva completa delle opere di Marina Abramović, che è considerata universalmente uno degli artisti viventi più rappresentativi della performance art. Ci troviamo di fronte a un’artista che a partire dagli anni Settanta ha lasciato un segno evidente nella scenario artistico mondiale e il suo lavoro viene spesso preso come esempio di riferimento da artisti di tutto il mondo che oggi hanno l’opportunità di formarsi attraverso il suo metodo.

La fama di Marina Abramović deriva anche dal suo status di artista che è riuscita a fuoriuscire dai circuiti talvolta ristretti dell’arte, avvicinando attraverso le suo opere così toccanti quella larga fascia di pubblico che non frequenta abitualmente il mondo dell’arte contemporanea. Il motivo di questo successo dipende da fattori diversi, tra cui la capacità di promuovere la sua figura attraverso eventi espositivi di prim’ordine come la mostra organizzata dal MoMA di New York nel 2010, The Artist Is Present, a cui è seguita la distribuzione al cinema del noto documentario che ne riprende il titolo. Ma il motivo principale della sua fama risiede sicuramente nel modo in cui quest’artista ha saputo utilizzare la propria immagine, il proprio corpo e la propria storia personale all’interno dei sui lavori, tramite i quali stabilisce con i visitatori delle sue mostre un rapporto speciale basato sull’empatia. 

Marina Abramović. Biografia

 width=1946

Nasce il 30 novembre a Belgrado, ex Jugoslavia, in una famiglia benestante. I genitori Vojo e Danica, entrambi partigiani durante la Seconda guerra mondiale, fanno parte della dirigenza del Partito comunista del generale Tito. Marina passa i primi anni con la nonna materna, Milica, e viene profondamente influenzata dalla sua fede ortodossa.

1952

Nasce il fratello Velimir e Marina va a vivere con i genitori. La sua vita sotto il severo controllo materno è emotivamente molto difficile.

1953-1958

Sin da piccola Marina è incoraggiata a esprimere se stessa in modo creativo: a dodici anni le viene regalata la prima scatola di colori.

1960-1965

Pratica il disegno e la pittura: spesso rappresenta nature morte con fiori e ritratti figurativi.

1965-1970

Studia all’Accademia di Belle Arti di Belgrado. Le espressioni figurative diventano sempre più astratte.

1970-1973

Perfeziona gli studi all’Accademia di Belle Arti di Zagabria. Comincia a usare il corpo come strumento artistico e a dedicarsi al suono e all’arte performativa.

1971

Sposa l’artista concettuale Neša Paripović, ma continua a vivere con la madre.

1973

Incontra Joseph Beuys prima a Edimburgo e poi al Centro culturale studentesco di Belgrado (SKĆ). Gli happening di Beuys la colpiscono profondamente. Collabora con Hermann Nitsch. Nello stesso anno presenta la performance Rhythm 10 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Borghese a Roma.

1974

Allo SKĆ presenta Rhythm 5. Rhythm 4 è presentata alla Galleria Diagramma di Milano, mentre l’ultima opera della serie, Rhythm 0, viene presentata nella galleria Studio Morra di Napoli.

1975

Va ad Amsterdam per partecipare a un incontro internazionale di artisti performativi e vi conosce l’artista tedesco Ulay (Frank Uwe Laysiepen, nato nel 1943).

1976

Ventinovenne, divorzia da Paripović, abbandona la famiglia e il suo clima repressivo e si trasferisce ad Amsterdam con Ulay.

1977-1979

Marina e Ulay creano la serie Relation Works. Scrivono il manifesto Art Vital, che stabilisce la direzione della loro pratica artistica. Decidono di essere in perpetuo movimento e nei tre anni successivi vivono e lavorano in un furgone, mentre viaggiano in tutta Europa.

1980-1981

La coppia si trasferisce in un appartamento di Amsterdam, inserendosi nella vita artistica della città. Vanno in Australia dove vivono per nove mesi presso la tribù Pintupi nel Gran Deserto Victoria. Influenzati dalla cultura aborigena, creano la performance Nightsea Crossing.

1982

Nightsea Crossing è allestita a Documenta 7 di Kassel e in altri musei e spazi espositivi a Colonia, Düsseldorf, Berlino, Amsterdam, Chicago e Toronto. Per praticare la tecnica meditativa vipassana, Abramović e Ulay vanno a Bodhgaya, in India, dove incontrano il Dalai Lama e il suo principale mentore, il tulku Kyabje Ling Rinpoche.

1983

Marina e Ulay invitano il lama tibetano Ngawang Soepa Lucyar e lo sciamano aborigeno Charlie Watuma Taruru Tjungurrayi, loro compagno di viaggio nel Gran Deserto Victoria, a partecipare a una nuova versione di Nightsea Crossing.

1985

A Firenze, Gastkünstlern a Villa Romana, Marina e Ulay provano (insieme a Mr Mondo e a Michael Laub) la pièce Fragilissimo, che sarebbe dovuta andare in scena al Teatro Niccolini: l’esecuzione fiorentina non ha luogo, ma l’opera viene presentata ad Amsterdam e Stoccolma.

1986

La coppia di artisti va in Cina per la prima volta. Dal momento del viaggio nell’outback australiano del 1980 i due lavorano al progetto di una performance lungo la Grande Muraglia cinese.

1988

Dopo anni di preparativi, ha inizio la camminata lungo la Grande Muraglia cinese per l’opera The Lovers. Marina parte dall’estremità orientale della Muraglia, mentre Ulay inizia dal lato occidentale e procede in direzione opposta. La performance sancisce la definitiva conclusione della loro relazione e collaborazione artistica, durata dodici anni.

1989

Le nuove opere di Marina Abramović da sola sono una serie di oggetti interattivi, noti come Transitory Objects. Le opere vengono esposte, tra gli altri, al Museum of Modern Art di Oxford, allo Städtische Kunsthalle di Düsseldorf e al Museum of Modern Art di Montreal.

1990

Si trasferisce a Parigi, mantenendo l’appartamento di Amsterdam. Viene invitata a partecipare alla famosa esposizione Magiciens de la Terre al Centre Pompidou di Parigi. Poco dopo nello stesso museo viene allestito The Lovers.

1991

Si reca in Brasile per continuare il lavoro sui Transitory Objects.

1992-1993

L’opera The Biography, diretta da Charles Atlas, viene rappresentata per la prima volta a Madrid e successivamente a Documenta 9 di Kassel.

1994

The Biography è rappresentata in teatri di Parigi, Atene, Amsterdam e Anversa. Marina Abramović e Charles Atlas vanno a Belgrado per lavorare alla futura pièce Delusional, anch’essa basata sulla vita di Marina.

1995

Retrospettiva al Museum of Modern Art di Oxford.

1996

Festeggia il cinquantesimo compleanno con il vernissage di Marina Abramović: Objects, Performance, Video, Sound, retrospettiva organizzata allo Stedelijk Museum voor Aktuele Kunst di Gent.

1997

È invitata a rappresentare Serbia e Montenegro nel Padiglione jugoslavo della Biennale di Venezia, ma interrompe la collaborazione in contrasto sul soggetto dell’opera. La performance Balkan Baroque viene allestita quindi in un sottoscala del Padiglione Centrale ai Giardini, causando scalpore. Viene premiata con il Leone d’oro.

1998

Crea il laboratorio Cleaning the House, una serie di esercizi basati su concentrazione e pratica mentale.

2000

Il padre Vojo muore di tumore.

2001

In collaborazione con la Triennale di Arte Contemporanea Echigo-Tsumari in Giappone viene inaugurato il progetto interattivo Dream House come installazione permanente. Performance Mambo a Marienbad, realizzata nell’ex ospedale neuropsichiatrico di Volterra.

2002

The House with the Ocean View viene presentata alla Sean Kelly Gallery di New York: passa dodici giorni in silenzio, digiuno ed esposizione totale, sempre davanti al pubblico.

2004

L’Art Institute di Chicago le conferisce un dottorato onorario. L’artista torna a Belgrado per il progetto video Balkan Erotic Epic.

2005

Seven Easy Pieces viene presentata al Solomon R. Guggenheim Museum di New York. L’opera si compone di sette reinterpretazioni di performance degli artisti VALIE EXPORT, Vito Acconci, Bruce Nauman, Gina Pane, Josef Beuys e della stessa Abramović. Il progetto è il risultato del suo lavoro sulle re-performance, pensate per conservare le performance.

2006

Marina acquista una proprietà a Hudson (New York), che diventa residenza privata e punto di incontro per artisti performativi.

2007

La madre Danica muore a Belgrado.

2010

Il MoMA di New York inaugura la grande retrospettiva The Artist is Present, con molte re-performance delle sue opere e per l’intera durata della mostra propone la nuova e intensa The Artist is Present. Nello stesso anno fonda il Marina Abramović Institute (MAI), con lo scopo di operare attraverso le scienze, per creare una piattaforma teorica e pratica di arte performativa.

2011

The Artist is Present è allestita al Garage Center for Contemporary Culture di Mosca. La pièce autobiografica The Life and Death of Marina Abramović viene rappresentata per la prima volta al Manchester International Festival.

2012

Il documentario Marina Abramović: The Artist is Present viene presentato al Sundance Film Festival. L’esposizione Marina Abramović, Balkan Stories è organizzata alla Kunsthalle di Vienna.

2014

L’esposizione 512 Hours viene presentata alla Serpentine Gallery di Londra. Il progetto comprende una serie di esercizi interattivi che partono dal processo creativo dell’artista stessa e continuano con la partecipazione del pubblico.

2015

Le due grandi esposizioni Terra Comunal/Communal Land e Private Archaeology vengono inaugurate alla SESC Pompeia di São Paulo e al Museum of Old and New Art in Tasmania.

2016

Presso Penguin viene pubblicata l’autobiografia Walk Trhough Walls. A Memoir. La versione italiana Marina Abramović. Attraversare i muri. Un’autobiografia, esce l’anno successivo.

2017-2018

Marina Abramović. The Cleaner viene presentata al Moderna Museet di Stoccolma. La retrospettiva si sposta al Louisiana Museum of Modern Art a Humlebæk, in Danimarca e alla Bundeskunsthalle di Bonn, in Germania. Nel marzo 2018 Marina Abramović è a Firenze per preparare la mostra a Palazzo Strozzi.

Il Bilancio delle Mostre di Palazzo Strozzi

Siamo a oltre 110.000 visitatori e dal 21 settembre l’imperdibile mostra “Marina Abramović. The Cleaner”.

NASCITA DI UNA NAZIONE. TRA GUTTUSO, FONTANA E SCHIFANO

Si è chiusa domenica 22 luglio Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Schifano e Fontana lo straordinario viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione attraverso le opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto.

Come in una sorta di “macchina del tempo” costruita per immagini, con un originale taglio curatoriale, l’esposizione ha narrato il periodo più fertile dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, che oggi è riconosciuto come contributo fondamentale per il contemporaneo, ripercorrendo alcuni temi identitari di un Paese in cui l’arte viene concepita sia come forza innovatrice, sia come strumento di approfondimento di un più ampio contesto culturale.

Nascita di una Nazione ha visto per la prima volta riunite assieme opere emblematiche del fermento culturale italiano tra gli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta: un itinerario artistico che è partito dal trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure della Pop Art in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale. La mostra è stata apprezzata dal pubblico per la qualità delle opere esposte, ma anche per il tema trattato, che ha attirato, fin dalla sua apertura l’attenzione della stampa nazionale e internazionale con una presenza costante sulle principali testate locali e nazionali.

THE FLORENCE EXPERIMENT

Un progetto di Carsten Höller e Stefano Mancuso a cura di Arturo Galansino fino al 26 agosto 2018

Fino al 26 agosto 2018 Palazzo Strozzi ospita The Florence Experiment, il nuovo progetto site specific del celebre artista tedesco Carsten Höller e del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, a cura di Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi: un grande esperimento che unisce arte e scienza studiando l’interazione tra piante ed esseri umani.

The Florence Experiment prevede la partecipazione diretta del pubblico attraverso due monumentali scivoli che permettono ai visitatori di scendere 20 metri di altezza dal loggiato del secondo piano al cortile e uno speciale spazio laboratoriale nella Strozzina, collegato alla facciata del Palazzo.
The Florence Experiment mira a creare una nuova consapevolezza al modo in cui l’uomo vede, conosce e interagisce con un organismo vegetale, trasformando la facciata e il cortile di Palazzo Strozzi in veri e propri campi di sperimentazione scientifici e artistici su concetti come la coscienza, la sensibilità e le capacità comunicative ed emozionali di tutti gli esseri viventi attraverso una rinnovata alleanza tra arte e scienza.
Dopo tre mesi di analisi, ricerche e raccolta dati su migliaia di piante di fagiolo, il Professor Mancuso e il suo staff di scienziati ha condiviso i risultati preliminari dell’esperimento confermando che la presenza dell’uomo ha un effetto importante sulle piante.

A questo link potete fare i biglietti per far parte dell’esperimento.