Nel marzo del 2020, mentre il mondo si trovava sospeso in un tempo incerto, nasceva In Contatto, un ponte virtuale tra Palazzo Strozzi e i suoi pubblici. Il blog del nostro sito web si è trasformato in un luogo di riflessione e condivisione in cui l’arte è diventata una chiave di lettura del presente e uno strumento per immaginare nuovi futuri. Quel primo ciclo di articoli, nato in risposta all’isolamento imposto dalla pandemia, ha dimostrato come il dialogo con le opere, gli artisti e le idee possa trascendere i confini fisici, trasformandosi in esperienza di riflessione collettiva.
Nel tempo, In Contatto ha continuato a evolversi, attraversando nuove fasi e adattandosi alle sfide e alle opportunità del presente. È stato uno spazio di approfondimento e sperimentazione, in cui la voce dell’istituzione si è intrecciata con quella di curatori, ricercatori, professionisti, ma anche di giornalisti, scienziati e artisti, arricchendo il racconto delle mostre e dei progetti di Palazzo Strozzi.
Tomás Saraceno.Aria, Palazzo Strozzi, Firenze, 2020. Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Oggi, il blog si rinnova ancora una volta. Dal 19 febbraio 2025, In Contatto inaugura una nuova fase, rafforzando il suo ruolo di piattaforma di connessione tra la nostra istituzione e le persone che lo vivono, lo visitano o semplicemente lo osservano da lontano. Palazzo Strozzi diventa un crocevia di esperienze, un luogo in cui le voci si moltiplicano e i punti di vista si intrecciano.
Questa trasformazione si traduce in un ampliamento delle prospettive e dei contenuti, che continueranno a ruotare attorno alle mostre e ai progetti di Palazzo Strozzi, ma con un respiro ancora più ampio. Gli articoli esploreranno le opere e le poetiche degli artisti, mettendole in relazione con contesti culturali, storici e sociali sempre diversi. Approfondimenti inediti si affiancheranno a racconti personali, interviste e dialoghi con figure del mondo dell’arte e della cultura, in un mosaico di narrazioni che riflettono la complessità del contemporaneo.
Il cuore di In Contatto rimane il suo essere uno spazio aperto e condiviso, capace di accogliere sguardi molteplici e di creare connessioni. Il blog non è solo un archivio di idee, ma un luogo vivo, in cui il pensiero sull’arte si fa esperienza condivisa. Qui troveranno spazio riflessioni critiche, suggestioni poetiche, racconti di esperienze personali e incursioni nei processi creativi, mantenendo sempre saldo il legame tra il Palazzo, i suoi visitatori e il mondo che lo circonda.
Palazzo Strozzi, Firenze. Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Con questa nuova fase, In Contatto si propone come un osservatorio in continuo movimento, un laboratorio di idee che si alimenta dell’incontro tra chi crea l’arte, chi la racconta e chi la vive. Perché l’arte è, in primo luogo, relazione: con lo spazio, con il tempo e, soprattutto, con le persone. Ed è proprio attraverso questa rete di connessioni che il blog continua a crescere, fedele alla sua identità originaria ma sempre pronto a esplorare nuove direzioni. Benvenuti in questa nuova fase di In Contatto: uno spazio per pensare, scoprire, confrontarsi. Un luogo per rimanere – sempre di più – in contatto.
In copertina: Palazzo Strozzi, Firenze. Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Dal 3 dicembre, grazie alla grande installazione di Marinella Senatore We Rise by Lifting Others, il cortile di Palazzo Strozzi torna a essere una piazza viva, un luogo di partecipazione e coinvolgimento. Durante questi giorni sono migliaia le persone che fotografano e condividono sui social network punti di vista, interpretazioni, visioni dell’opera di Marinella, alimentando una riappropriazione personale dello spazio di Palazzo Strozzi attraverso la fruizione di un’opera che ci propone, nel cortocircuito estetico con la forma della luminaria, frasi che richiamano all’empowerment individuale e collettivo.
Marinella pone alla base del suo lavoro le connessioni sociali che, innestate nel tessuto di una comunità, sono attivate con processi di partecipazione e di condivisione. Nel corso della sua carriera, i suoi progetti hanno coinvolto milioni di persone, da Venezia a Palermo, da New York a Johannesburg attraverso diverse modalità e dispositivi. A Firenze per Palazzo Strozzi, in un momento storico segnato dal distanziamento sociale, parte essenziale del progetto è stata la progettazione di workshop digitali che permettessero di unire le persone in una nuova idea di condivisione: non una trasposizione online di un’esperienza dal vivo, ma una forma nuova concepita appositamente per la dimensione digitale a distanza. Le frasi inneggianti all’idea di comunità e di sostegno reciproco dell’installazione del cortile sono un punto di partenza per i laboratori, pensati come un ulteriore livello di attivazione delle persone nel dibattito, nello scambio e nell’espressione di sé.
Marinella Senatore, The School of Narrative Dance, Johannesburg, 2019, Photo Stella Olivier. Courtesy the artist.
I workshop si concentrano sull’uso del corpo per una narrazione non verbale di idee, riflessioni e punti di vista: ogni persona diviene protagonista attiva ed è chiamata a seguire e interpretare le indicazioni coreografiche che nascono dal dialogo con l’artista e con le sue collaboratrici, le coreografe Elisa Zucchetti e Nandhan Molinaro, membri del collettivo berlinese ESPZ. Sono oltre 150 i partecipanti ai workshop, suddivisi in cinque gruppi di lavoro: studenti, educatori, utenti di centri diurni, detenuti, artisti e tante altre persone che negli ultimi anni hanno partecipato a varie iniziative di Palazzo Strozzi, che sono entrate a far parte della nostra comunità. A queste si aggiunge un sesto gruppo di soli quindici partecipanti, formato da ospiti di RSA, persone con Alzheimer in compagnia dei loro carer e familiari, persone che stanno vivendo con maggiori difficoltà i periodi di confinamento che hanno caratterizzato questo lungo 2020.
I partecipanti, tranne poche eccezioni, non hanno confidenza con la danza e questo tipo di workshop porta con sé una specifica sfida: utilizzare il corpo in movimento di fronte a uno schermo. Sono proposti piccoli esercizi di riscaldamento che si concentrano su azioni specifiche: respirare correttamente, liberare la mente, muovere una mano o un piede immaginando di avere una matita.
Gli esercizi permettono ai partecipanti di prendere confidenza con il movimento e con lo spazio. Il corpo diventa espressività, il mezzo per connettersi al proprio luogo fisico ma anche oltre lo schermo. Le coreografie nascono dall’interpretazione personale dei partecipanti di concetti e idee emerse dalla discussione con l’artista, e i singoli movimenti diventano espressione visiva e dinamica di un pensiero complesso.
Nella relazione tra partecipanti mediata dallo schermo del computer, e dalle tante “finestre” aperte su singoli mondi privati, l’immagine dei diversi partecipanti arriva così a restituire un’impressione di presenza quasi più forte, più libera e più efficace di quanto possa fare la sola dimensione verbale. I corpi incasellati nella griglia di Zoom danno forma a un movimento di insieme, fatto di assonanze e dissonanze, poetico e libero anche in virtù della sua spontaneità.
La libertà è un aspetto fondamentale dell’attività. «Forse è più semplice ballare davanti a un video che insieme a tanta gente, nel comfort della propria casa uno forse si sente più libero, più a suo agio», afferma infatti una delle partecipanti, Rossana. Ed è proprio la casa, la stessa in cui abbiamo passato la maggior parte del tempo in quest’ultimo anno, che dà un senso di sicurezza tale da permettere anche a chi non ha esperienza di proporsi liberamente in passi di danza di fronte a sconosciuti.
Gli esercizi coreografici permettono di dare sostanza a forme del pensiero che la sola parola non può permettere e riescono a creare comunità, adesione, aggregazione. Come afferma una partecipante, Lucia: «È stato un momento intenso. Mi sto regalando dei momenti per me, insieme a voi; è questa la cosa bella e importante. Anche se abbiamo un video, però vi sento, è come avervi qui. È incredibile come pensiamo tutti che il video e le cose digitali siano fredde e invece non lo sono». Nella dinamica coreografica ideata da Marinella fondamentale è infatti la dimensione del presente, del “qui e ora”, in cui le sue indicazioni ai partecipanti servono come stimoli e non come istruzioni, andando a favorire l’emancipazione affinché ciascuno di appropri delle indicazioni dell’artista in modo autonomo e libero.
Parole come quelle di Lucia testimoniano come un’esperienza possa includere persone con provenienza e abilità diverse per dare forma attraverso l’arte a quella comunità plurale e variegata che è al centro del lavoro dell’artista. Fine ultimo dell’attività non è infatti solo mettere in comunicazione persone diverse. Come sempre nel suo lavoro, Marinella attua un principio di “cura” delle persone e tra le persone, portando avanti una forma di arte partecipativa realmente aperta, entropica e permeabile, che di principio elude schemi aprioristici mirando all’ascolto e alla ricezione, sollecitando una attiva e libera creazione di relazioni e dinamiche umane e sociali. Le connessioni virtuali che si vengono a creare durante i workshop hanno uno spessore emotivo tangibile, forte, capace di attraversare la distanza imposta dallo schermo e le diverse capacità e possibilità di comunicazione di ognuno. Ed è in questo senso che persone con Alzheimer collegate da una RSA o dalla propria casa o detenute collegate dal carcere di Sollicciano diventano parte del progetto, protagonisti liberi, attivi, chiamati a un contributo individuale nella creazione di quest’opera collettiva.
Gli ultimi incontri del workshop sono previsti per la prima metà di gennaio. Si tratterà di un ultimo e fondamentale passaggio prima che l’artista possa dare forma a una restituzione che farà tesoro di tutte le attività svolte. Questa restituzione non sarà un punto di arrivo, bensì l’inizio di una ulteriore relazione con tutto il pubblico. Come dice la stessa Marinella Senatore: «Pensarsi comunità significa anche questo: persone che attivano altre persone. Pur non entrando in contatto direttamente, le istanze di ognuno di noi, nelle mani degli altri, filtrate da diverse memorie, autobiografie, desideri e pensieri, verranno portate a un risultato completamente diverso».
Si è conclusa domenica 1° novembre 2020 Tomás Saraceno. Aria, la grande mostra dedicata a uno dei più originali e visionari artisti contemporanei del mondo, che con la sua straordinaria creatività ha trasformato Palazzo Strozzi in un luogo di partecipazione e condivisione, con opere talvolta impercettibili a volte monumentali e di forte impatto, simboli di una visione aperta e interconnessa col mondo, diventate fin da subito immagini iconiche, se non profetiche, per una riflessione sul nostro presente.
Nonostante la sospensione forzata di 3 mesi a causa dell’emergenza Covid-19, la mostra ha raggiunto un totale di oltre 60.000visitatori, ponendosi come uno degli eventi culturali più importanti di Italia, ma anche come una originale occasione di riflessione sul mondo all’epoca del Coronavirus. In un momento di profonda crisi dei concetti di condivisione e socialità, Palazzo Strozzi si è trasformato in uno spazio di immaginazione e un luogo di ripartenza per una nuova idea di partecipazione creando un’esperienza totalmente inedita per i nostri visitatori per parlare di presente e futuri possibili, di connessioni e isolamento, di partecipazione e meditazione: riflessioni più che mai attuali per portare avanti nuove visioni di futuro e di realtà.
Dopo la sospensione tra marzo e maggio, la riapertura della mostra il 1° giugno è stata accompagnata da una revisione delle modalità di fruizione degli spazi: oltre alle misure legate alle normative vigenti, è stata aumentata la segnaletica nel palazzo e potenziato il sistema di prenotazione degli ingressi online, consentendo una gestione fluida degli accessi ed evitando assembramenti agli ingressi. Novità della riapertura sono stati l’audioguida della mostra, gratuita e direttamente utilizzabile dal proprio cellulare (oltre 18.000 utilizzi unici), e lo speciale Kit digitale dedicato alle famiglie (che ha visto la fruizione di oltre 1.200 famiglie). A tutto ciò si è affiancato un ampio programma di eventi e attività in presenza e online che hanno permesso il ritorno a una fruizione di partecipazione e condivisione: laboratori per le scuole, le famiglie e per tutto il pubblico, visite guidate condotte dagli studenti dell’Università di Firenze,letture delle Carte da Aracnomanzia (circa 130 letture effettuate) e le attività di accessibilità, tra cui spicca il progetto Corpo libero, dedicato all’inclusione delle persone con il Parkinson, che ha trovato la sua ripartenza dagli spazi del Cortile di Palazzo Strozzi.
Corpo libero: together again, 17 settembre 2020, Palazzo Strozzi, Firenze. Foto Giulia Del Vento
Molte attività in presenza legate alla mostra (visite guidate, laboratori, conferenze) sono state proposte in versione online, altre sono state appositamente progettate solo per la dimensione digitale, consentendo una continuità sui progetti e mantenendo costante un’offerta rivolta a differenti target di pubblici che caratterizza da sempre lo spirito audience oriented di Palazzo Strozzi. La dimensione digitale ha permesso in alcuni casi di raggiungere nuovi pubblici e ampliare significativamente la partecipazione. Gli appuntamenti online, conferenze e lecture trasmesse sui nostri canali social, hanno registrato una copertura media di 8.000 visualizzazioni per appuntamento e sono stati seguiti in diretta da circa 800 persone.
Il nostro pubblico
Inevitabile è fare una riflessione sull’impatto che la pandemia ha avuto sulle caratteristiche dei visitatori della mostra. Fondamentale è stato il grande coinvolgimento del pubblico locale che ha rappresentato oltre il 50% dei visitatori della mostra, un dato che prova come Palazzo Strozzi rappresenti un punto di riferimento imprescindibile per la vita culturale di Firenze e dei suoi cittadini. Da segnalare tuttavia è anche come Palazzo Strozzi abbia mantenuto, nonostante le difficoltà del momento, un ruolo primario nella valorizzazione del nostro territorio come meta per il pubblico nazionale e come leva per la creazione di valore economico. Sono stati infatti oltre 30.000 i visitatori non locali, di cui oltre 20.000 si sono recati a Firenze appositamente per visitare la mostra. In generale si conferma altissimo il gradimento espresso dai visitatori, con il 97% del pubblico che si dichiara soddisfatto dell’esperienza.
Di grande partecipazione inoltre sono stati due appuntamenti speciali tenutisi nell’ambito della mostra. Dall’11 al 13 settembre 2020 si sono svolti gli ARIA DAYS,evento realizzato in collaborazione con Manifattura Tabacchi e Aerocene Foundation che ha coinvolto oltre 1000 partecipanti, diventati veri e propri “piloti” delle grandi sculture aerosolari ideate da Tomás Saraceno. Dal 15 al 18 ottobre 2020 si è tenuta invece l’iniziativaEducare al Presente. Immaginare il futuro, realizzata in collaborazione con Publiacqua, che ha coinvolto oltre 900 visitatori della mostra in quattro speciali giornate dedicate a promuovere una nuova consapevolezza del rapporto tra uomo e ambiente attraverso l’arte e la creatività e a ripensare in modo originale e creativo l’uso dell’acqua.
Aerocene launches, 11-13 september 2020, Manifattura Tabacchi, Firenze, as part of exhibition Tomás Saraceno. Aria, Palazzo Strozzi, Firenze. Photo by Giancarlo Barzagli. Licensed under CC BY-SA 4.0
In programma a Palazzo Strozzi per la primavera 2021, la mostra American Art 1961-2001 racconterà, attraverso più di cento importanti opere provenienti dalle collezioni del Walker Art Center di Minneapolis, quarant’anni di storia americana, dalla guerra in Vietnam fino all’attacco alle Twin Towers. In questa narrazione verrà dato ampio spazio ai temi della diversità e della lotta per i diritti: valori fondanti e, allo stesso tempo, profondamente contraddittori nella costruzione dell’identità culturale americana. E proprio le opere di alcuni degli artisti presenti in mostra ci appaiono in questi giorni in tutta la loro drammatica attualità.
Kerry James Marshall, “BY ANY MEANS NECESSARY”, 1998. Minneapolis, Walker Art Center
Ripreso da numerosi video, il tragico evento dell’arresto che lo scorso 25 maggio, a Minneapolis, ha portato alla morte di George Floyd, afroamericano di 46 anni, ha dato il via a una serie di crescenti e sempre più violente proteste in tutte le grandi città americane. Le immagini, ormai virali, diffuse e condivise da tutti i media americani e internazionali, mostrano come siano inascoltate le grida di aiuto di Floyd, schiacciato a terra sul collo dal ginocchio di uno degli agenti fino a non riuscire più a respirare. Si tratta dell’ennesimo abuso di potere da parte della polizia nei confronti di un cittadino di colore, e quello che gli Stati Uniti stanno oggi vivendo riporta alla mente i fatti che si susseguirono a Los Angeles tra il 1991 e il 1992 a partire dalla diffusione del video del pestaggio da parte della polizia di un altro uomo di colore, Rodney King. Il processo agli agenti si era concluso con un verdetto di quasi totale assoluzione e per oltre un mese si sono susseguite numerose azioni di protesta, sanguinosi scontri e violenti saccheggi in tutta la città californiana. Questi fatti e i tanti casi di violenze razziste perpetrate dalle autorità, che nei primi anni Novanta iniziarono a essere documentati e condivisi anche dai principali media, crearono un ampio dibattito pubblico nella società americana, che trovò eco anche nel mondo dell’arte.
Gary Simmons, Us and Them, 1991 Minneapolis, Walker Art Center
Durante gli anni Novanta impegno civico e sociale entrarono con forza al centro del dibattito artistico grazie a figure provenienti da comunità tradizionalmente emarginate, come quelle LGBTQ, afroamericana e nativa. È in questo contesto che artisti di colore come Glenn Ligon, Gary Simmons o Kara Walker si sono imposti nel panorama artistico americano dimostrando la capacità di poter unire storia dell’arte e attualità in un linguaggio di forte impatto e suggestione.
Una ampia sezione della mostra American Art 1961-2001 metterà in luce queste figure che hanno dimostrato con le loro opere una forza espressiva senza precedenti, figlia di ingiustizie e tensioni che ancora oggi sono lontane da essere risolte. Uno dei principali interpreti di questo nuovo corso dell’arte americana è Kerry James Marshall, le cui opere saranno tra le protagoniste della mostra di Palazzo Strozzi.
Kerry James Marshall, “WE SHALL OVERCOME”, 1998 Minneapolis, Walker Art Center
Artista afroamericano nato nel 1955 a Birmingham (Alabama) e cresciuto a Los Angeles, Marshall spazia dall’astrazione al fumetto, tra pittura, installazione, video e fotografia, e si è imposto negli anni Novanta come uno dei più importanti artisti in grado di raccontare la storia (e il presente) dell’identità nera negli Stati Uniti. Tra le sue opere che saranno esposte a Palazzo Strozzi, spiccano le celebri stampe che hanno per soggetto slogan storici del movimento per i diritti civili degli anni Cinquanta e Sessanta, alcuni pacifisti e identitari, altri militanti e di lotta: ‘Black is Beautiful’, ‘Black Power’, ‘We Shall Overcome’, ‘By Any Means Necessary’ e ‘Burn Baby Burn’. L’appropriazione di frasi provenienti da un contesto storico passato come quello della lotta al segregazionismo diviene strumento di attualizzazione di una battaglia mai in realtà vinta e conclusa. E quelle parole, ancora oggi, risuonano come attuali e vibranti nella loro perdurante irrisolutezza.
Kerry James Marshall, “BLACK POWER”, 1998 Minneapolis, Walker Art Center
Gli eventi di questi giorni testimoniano nella loro tragicità le profonde tensioni che animano ancora oggi l’America e, con essa, gran parte del mondo occidentale. Tutto ciò pone le istituzioni culturali di fronte alla possibilità di raccontare l’oggi attraverso l’arte contemporanea, prendere posizione e partecipare al dibattito pubblico. Da sempre Palazzo Strozzi si impegna a parlare ai propri pubblici dei temi più rilevanti e urgenti del nostro presente e mai come in questi ultimi mesi è risultato evidente che il ruolo di un’istituzione che voglia contare nel proprio tempo impone il dovere di assumersi questa responsabilità.
di Arturo Galansino, Ludovica Sebregondi, Riccardo Lami e Matthias Favarato
Ottantaquattro: tanti sono i giorni da domenica 8 marzo, inizio del lockdown di Palazzo Strozzi, a lunedì 1° giugno, data della riapertura della mostra Tomás Saraceno. Aria. Inizia anche per Palazzo Strozzi una “fase due” nell’epoca del COVID-19, che parte anche da un bilancio e un ripensamento del nostro progetto online IN CONTATTO verso una sua nuova evoluzione.
IN CONTATTO è nato con immediatezza, spontaneità e un forte senso di urgenza, in un momento di totale incertezza su quello che sarebbe successo nelle settimane successive.Fin da subito abbiamo voluto reagire a questa crisi con un chiaro obiettivo: non perdere il rapporto con i nostri visitatori, con la volontà di sentirli vicini in un momento di profonda insicurezza per tutti noi, disorientati da una situazione nuova e sconosciuta. La mostra di Tomás Saraceno è stata un punto di partenza perfetto, quasi profetica nel suo riflettere sulla fragilità del nostro mondo. E il paragone con la tela di ragno a illustrare l’ambiente in cui siamo inseriti, fortemente collegato alle opere di Saraceno, è il più adeguato per definire la rete di relazioni che in questo periodo ci ha tenuto uniti. Una rete legata al mondo online, attorno a cui sono gravitate necessariamente tutte le nostre attività quotidiane tra cui anche soddisfare il nostro bisogno di cultura e bellezza.
Il videomessaggio di Tomás Saraceno
La nostra scelta per IN CONTATTO è stata quella di unire il sito e i canali social attraverso la creazione di contenuti nuovi e originali con cui rileggere, e non solo rievocare in chiave amarcord, alcuni momenti della storia di Palazzo Strozzi, riscoprendo un loro nuovo valore alla luce dell’attualità del presente. È così che abbiamo trattato temi mai così attuali come l’interconnessione, l’isolamento, il senso di Nazione e comunità, la famiglia, l’inclusività. Per rivolgerci a pubblici differenti, abbiamo dato spazio a punti di vista diversi, come dimostrano gli autori dei contributi – interni ed esterni alla Fondazione Palazzo Strozzi – con cui abbiamo voluto guardare non al passato ma sempre al presente e al futuro. Un impulso fondamentale è stato dato dai videomessaggi degli artisti che hanno voluto testimoniare la propria vicinanza a Palazzo Strozzi, in considerazione del loro forte legame con noi, ma anche all’Italia intera. Marina Abramović, Ai Weiwei, Jeff Koons e Tomás Saraceno hanno fatto sentire il loro sostegno, ottenendo un riscontro straordinario. Tra tutti emerge quello di Marina che ha ottenuto quasi un milione di visualizzazioni.
Il videomessaggio di Marina Abramović
Anche altri numeri possono aiutare a raccontare questo progetto. Sulla piattaforma IN CONTATTO abbiamo pubblicato ventiquattro contributi, letti da quasi 60.000 utenti unici. Sui canali social, tra Facebook e Instagram, abbiamo pubblicato oltre 100 post, raggiungendo oltre un milione e mezzo di persone e facendo crescere la nostra community online del 10% in solo due mesi. L’elevato tempo medio trascorso sulle pagine di IN CONTATTO rappresenta inoltre un dato estremamente interessante, dimostrando che le persone hanno preferito focalizzare la loro attenzione in una fruizione non superficiale, nonostante il momento di frenesia nel consumo dei contenuti online. La “top 5” degli articoli più letti è rappresentata da Siamo tutti sulla stessa barca, Abbracci spezzati, A tavola con Pontormo, Uomini, albicocchi e mucche, Il cielo in una stanza. Non si tratta di una semplice classifica, ma di un vero e proprio specchio della poliedricità del nostro approccio e della varietà di interessi dei nostri lettori. Una menzione speciale la merita il progetto educativo a distanza L’ARTE A CASA dedicato alle famiglie con bambini e ragazzi, che è stato visitato da quasi 6.000 utenti, molti dei quali ci hanno inviato anche i risultati delle varie attività. Inoltre abbiamo apprezzato l’affetto e la stima di chi, da tempo, segue le nostre iniziative: la newsletter è stato infatti lo strumento principale attraverso il quale IN CONTATTO è stato fruito, a dimostrazione della vicinanza del nostro pubblico anche in un momento di distanziamento fisico.
Una selezione degli articoli di IN CONTATTO dal nostro blog.
E adesso, con la riapertura della mostra dal 1° giugno, si apre una nuova fase di IN CONTATTO che diviene una rubrica in uscita ogni due settimane. Palazzo Strozzi, come ogni istituzione culturale che voglia parlare al proprio tempo, si impegna a trattare i temi più rilevanti del presente e ogni nostra mostra e attività diventano così occasioni per indagare il mondo in cui viviamo in chiave sempre contemporanea. Nelle prossime settimane continueremo a portare avanti il progetto IN CONTATTO ispirandoci a quelle che Saraceno definisce “visioni di futuro e di realtà”. Parleremo delle mostre, delle attività e della vita di Palazzo Strozzi con la volontà di mantenere uno spazio di riflessione parallelo, un luogo di contaminazione e condivisione di punti di vista diversi.
Sono passati settantacinque anni dal 25 aprile del 1945, quando il Comitato di Liberazione Nazionale del Nord Italia, da Milano chiamò all’insurrezione armata contro la Repubblica di Salò e i nazisti. La data viene commemorata in Italia come un momento fondante, un nuovo inizio della nostra storia, dopo gli orrori della guerra e del fascismo.
Nascita di una Nazione – la mostra curata da Luca Massimo Barbero a Palazzo Strozzi nel 2018 – raccontava questa rinascita attraverso gli occhi e le pratiche di artisti che, tra sperimentazione, militanza e impegno politico, reinventarono i concetti di identità, appartenenza e collettività in contrapposizione al cupo periodo precedente quel 25 aprile.
Renato Guttuso, La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, 1951-1955. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.
Su concessione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e Ambientali e del Turismo. Renato Guttuso, by SIAE 2018
In mostra si accostavano gli anni del dopoguerra al Risorgimento: un momento di rinascita in cui si gettarono le basi del boom economico che avrebbe caratterizzato il decennio successivo. Ed è in questo contesto che si inquadrava il lavoro di Guttuso, figura chiave dell’ortodossia neorealista. Il dipinto rievoca in chiave contemporanea il Risorgimento, ma con toni e retorica da quadro di storia ottocentesco, raffigurando un’importante tappa verso l’unificazione del Paese: il vittorioso scontro che nel maggio del 1860 diede il via alla liberazione della Sicilia borbonica da parte delle truppe garibaldine. Lo scrittore e pittore antifascista Carlo Levi, introducendo la sala personale di Guttuso alla Biennale di Venezia del 1952 dove la prima versione dell’opera venne esposta, descriveva il dipinto come «esempio originale di realismo popolare: un realismo mitologizzante, celebrativo, attivo, diretto all’azione, tutto intriso di movimento e di speranza».
Ma l’immediato dopoguerra è anche un periodo in cui la popolazione italiana è per molti aspetti profondamente divisa, come dimostra il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che sancisce la fine della monarchia e la proclamazione della Repubblica Italiana. Una divisione non solo in campo politico ma anche in ambito artistico, con una frattura che a lungo separa in due fronti contrapposti – astrattisti e realisti – le forze più vive dell’arte nuova in Italia, anche all’interno della stessa sinistra italiana. In occasione della Prima mostra nazionale d’arte contemporanea a Palazzo di Re Enzo a Bologna nel 1948, esce su “Rinascita”, con il titolo Segnalazioni contro la pittura astratta una violenta condanna del leader del PCI Palmiro Togliatti che, sotto lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia, si scaglia contro le sperimentazioni astratte, definite una «raccolta di cose mostruose», «di orrori e di scemenze». Frasi e accuse dedicate a dipinti come il Comizio di Turcato, esposto alla Biennale del 1950, che usa l’astrazione geometrica per rappresentare quel momento di lotta politica.
L’identità nazionale nel Sessantotto –altro momento tanto determinante quanto divisivo nella storia del nostro Paese – è tema ricorrente dell’indagine di Luciano Fabro che nella sua iconica opera L’Italia utilizza una sagoma in ferro della penisola, con incollata una carta geografica e le isole sul retro, su cui è segnata la nuova Autostrada del Sole, che era stata inaugurata nel 1964.
“Presi forme familiari che servivano significati altrettanto familiari, le feci inciampare: l’Italia, ma appesa in modo abnorme” (Luciano Fabro, 1978)
L’insieme viene capovolto e appeso al soffitto, in un voluto richiamo a uno delle immagini più truci ed più emblematiche della fine del Fascismo: i cadaveri di Benito Mussolini e dei suoi fedelissimi appesi a testa in giù, in Piazzale Loreto a Milano nel 1945, per esporli al pubblico disprezzo secondo l’uso medievale di impiccare per i piedi i traditori della Patria.
A più di cinquant’anni dalla sua creazione, questa Italia capovolta, oltre a portare a una riflessione sulla sua storia recente e sul suo presente, oggi assume anche altri significati in un momento in cui la realtà stessa ci appare capovolta. Se la Liberazione ha un significato identitario, questa festa nazionale oggi ci deve invitare ad affrontare le nuove sfide che ci aspettano all’uscita di questa crisi e ad impegnarci a contribuire alla rinascita del nostro paese.
Nonostante la mostra Tomás Saraceno. Aria sia chiusa da giorni, è ancora aperto il cortile di Palazzo Strozzi, un luogo che negli anni è diventato uno spazio pubblico, una vera e propria piazza del centro di Firenze. Qui si trova la grande installazione che Tomás Saraceno ha realizzato appositamente per Palazzo Strozzi: Thermodynamic Constellation.
Un manifesto per il futuro, questo è Thermodynamic Constellation. E oggi forse lo è ancora di più per chi ancora la scorge attraversando il cortile, passando vicino ai portoni di Palazzo Strozzi, oppure ne è coinvolto attraverso le innumerevoli immagini che sono state condivise sui social media. Le sfere che compongono l’installazione, legate tra loro in tensione reciproca, sono prototipi di reali palloni aerosolari in grado di fluttuare nell’atmosfera senza utilizzo di combustibili fossili. La parte superiore a specchio riflette le radiazioni solari, impedendo il surriscaldamento durante le ore diurne di volo, mentre la parte inferiore trasparente contribuisce a mantenere la temperatura all’interno dell’involucro durante il volo notturno, assorbendo il calore del pianeta che fornisce la spinta aerostatica. Alla base dell’opera non vi è solamente una ricerca artistica, ma anche uno studio scientifico dei materiali e delle leggi della fisica che dovrebbero governare questa sorta di danza delle sfere nell’aria. Tomás Saraceno, infatti, tra il 2014 e il 2015 è stato artista in residenza al Centre National d’Études Spatiales (Centro Nazionale di Studi Spaziali – CNES) in Francia, dove ha avuto l’opportunità di conoscere le caratteristiche e le qualità di specifici materiali in uso nell’industria aerospaziale.
L’installazione unisce un profondo messaggio etico a un’estetica emozionante. La capacità di Tomás Saraceno di dominare lo spazio ha portato alla creazione di un lavoro che reinterpreta in modo avvolgente l’architettura di Palazzo Strozzi, dialogando con uno dei più alti esempi della cultura rinascimentale. La parte specchiante delle sfere, infatti, oltre a creare un senso di comunità riflettendo la nostra immagine, ci permette di osservare con occhi nuovi la simmetrica architettura quattrocentesca del palazzo, alterata come in un’anamorfosi barocca e mutevole nelle diverse ore del giorno. Anche oggi, a distanza, le sfere diventano uno spazio di partecipazione collettivo concettuale in cui precipitano insieme visione e fisicità.
Le sculture volanti di Thermodynamic Constellation esplorano quali tipi di strutture sociopolitiche potrebbero nascere se potessimo navigare liberamente sui fiumi dell’atmosfera in una nuova era di armonia con l’aria e l’atmosfera: l’Aerocene. Tomás Saraceno lancia così la visione dell’Homo flotantis, una nuova generazione di essere umano nomade dell’aria, in sintonia con i ritmi planetari e atmosferici, che si lascia guidare – concettualmente e fisicamente – dall’aria.
Quest’opera, in cui tutto fluttua e si riflette, invitandoci a muoversi in maniera nuova, è un porto aperto verso il cielo. Creando un collegamento con i problemi del mondo contemporaneo, di cui le emergenze di questi giorni sono sintomi e conseguenza, Thermodynamic Constellation rappresenta una proposta, o una sfida, per un futuro diverso.
Palazzo Strozzi, come ogni istituzione culturale che voglia parlare al proprio tempo, si impegna a trattare i temi più rilevanti del presente. Ogni mostra d’arte contemporanea diventa così un’occasione per indagare il mondo in cui viviamo attraverso lo sguardo sensibile degli artisti.
La mostra Tomás Saraceno. Aria racchiude nei nostri spazi espositivi svariati ‘futuri’, immaginari e utopici ma allo stesso tempo estremamente veri e attuali. Si tratta di visioni fatte di armonia, di equilibrio, nelle quali le connessioni sono evidenti e la cooperazione necessaria.
Oggi, alla luce della situazione che stiamo vivendo, le installazioni dell’artista ci parlano, seppur dalla distanza siderale delle sale vuote, con una forza anche maggiore e una consapevolezza nuova.
Questo periodo d’emergenza ci porta infatti a fare alcune riflessioni sul nostro stile di vita, sul peso delle nostre azioni e sulla fragilità del nostro mondo. Siamo immersi in una realtà iperconnessa, virtualmente e fisicamente, e se dovessimo rappresentare i nostri legami e le interazioni sociali o le rotte che descrivono i nostri spostamenti potremmo ricorrere efficacemente all’immagine di una ragnatela. Facciamo talmente parte di questa struttura da non rendercene conto, e apriamo gli occhi soltanto quando essa viene minacciata o rischia di spezzarsi.
Oggi appare in tutta la sua evidenza che proprio l’iperconnessione e l’ipermobilità, associate all’individualismo, hanno contribuito all’aggravarsi della situazione che stiamo vivendo.
Secondo il celebre “effetto farfalla”, coniato nel 1962 dal matematico e metereologo Edward Lorenz, lo sbattere d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas. In termini più concreti, una piccola azione può riverberarsi e causare effetti ben più grandi. Pensiamo quindi alla vibrazione di un filo, a un semplice tocco. Quando questo è connesso ad una struttura più grande, l’intero sistema può vibrare, oscillare, rompersi. Se le connessioni sono minacciate, in qualsiasi modo, i danni all’intero complesso possono essere enormi.
Come si può vivere in equilibrio in questa realtà iperconnessa? Come si possono limitare i rischi? La via indicataci da Tomás Saraceno è quella dell’armonia. In qualsiasi futuro vogliamo vivere, noi umani dobbiamo imparare a vivere in simbiosi con tutti gli altri esseri, viventi e non viventi, umani e non umani. La ricerca di un equilibrio dinamico deve diventare il nostro obiettivo, la nostra ragion d’essere. Per raggiungerlo è necessario cooperare, compiendo gesti e azioni individuali che non tradiscano il bene comune e che vadano in una direzione collettiva.
Alcuni eventi possono disturbare l’equilibrio, minacciando pericolosamente il mondo in cui viviamo. È in casi come questi che ognuno può contribuire a mantenere l’equilibrio. Ogni azione porta a una reazione, nel male e nel bene. Come in un’orchestra affiatata, quando ogni musicista esegue la propria parte, il risultato è armonia: una risposta unitaria costituita da tanti singoli, diversi ma uniti.
È necessario essere consapevoli dei nostri comportamenti, delle nostre relazioni, dei nostri movimenti, e delle conseguenze che possono avere sugli altri. Questa presa di coscienza deve avvenire non soltanto per il nostro bene individuale, ma per quello di tutti.
Come in una ragnatela, siamo piccoli nodi, parte di un intreccio infinitamente più grande in cui, in una catena di azioni e reazioni, ogni nostro gesto fa vibrare l’intero sistema. Dobbiamo essere coscienti, e capaci, di farlo risuonare nel modo più armonico possibile. Dobbiamo essere una rete armonica di cui ogni singolo è parte essenziale.
Nelle prossime settimane continueremo a portare avanti queste visioni di futuro e di realtà delineate da Tomás Saraceno. Lo faremo in modi nuovi, a distanza, con la volontà di stimolare una riflessione attraverso il linguaggio che conosciamo meglio, quello dell’Arte.
«Lampade e lampadine come alleate
nella caccia quotidiana collegano
modi di vivere in una dipendenza intrecciata.
La natura sembra preferire i rapporti
agli individui, nulla si crea da sé.
Chiedetevi quante moltitudini
racchiudete in voi.»
NASCITA DI UNA NAZIONE. TRA GUTTUSO, FONTANA E SCHIFANO
Si è chiusa domenica 22 luglio Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Schifano e Fontana lo straordinario viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione attraverso le opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto.
Come in una sorta di “macchina del tempo” costruita per immagini, con un originale taglio curatoriale, l’esposizione ha narrato il periodo più fertile dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, che oggi è riconosciuto come contributo fondamentale per il contemporaneo, ripercorrendo alcuni temi identitari di un Paese in cui l’arte viene concepita sia come forza innovatrice, sia come strumento di approfondimento di un più ampio contesto culturale.
Nascita di una Nazione ha visto per la prima volta riunite assieme opere emblematiche del fermento culturale italiano tra gli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta: un itinerario artistico che è partito dal trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure della Pop Art in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale. La mostra è stata apprezzata dal pubblico per la qualità delle opere esposte, ma anche per il tema trattato, che ha attirato, fin dalla sua apertura l’attenzione della stampa nazionale e internazionale con una presenza costante sulle principali testate locali e nazionali.
THE FLORENCE EXPERIMENT
Un progetto di Carsten Höller e Stefano Mancuso a cura di Arturo Galansino fino al 26 agosto 2018
Fino al 26 agosto 2018 Palazzo Strozzi ospita The Florence Experiment, il nuovo progetto site specific del celebre artista tedesco Carsten Höller e del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, a cura di Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi: un grande esperimento che unisce arte e scienza studiando l’interazione tra piante ed esseri umani.
The Florence Experiment prevede la partecipazione diretta del pubblico attraverso due monumentali scivoli che permettono ai visitatori di scendere 20 metri di altezza dal loggiato del secondo piano al cortile e uno speciale spazio laboratoriale nella Strozzina, collegato alla facciata del Palazzo. The Florence Experiment mira a creare una nuova consapevolezza al modo in cui l’uomo vede, conosce e interagisce con un organismo vegetale, trasformando la facciata e il cortile di Palazzo Strozzi in veri e propri campi di sperimentazione scientifici e artistici su concetti come la coscienza, la sensibilità e le capacità comunicative ed emozionali di tutti gli esseri viventi attraverso una rinnovata alleanza tra arte e scienza.
Dopo tre mesi di analisi, ricerche e raccolta dati su migliaia di piante di fagiolo, il Professor Mancuso e il suo staff di scienziati ha condiviso i risultati preliminari dell’esperimentoconfermando che la presenza dell’uomo ha un effetto importante sulle piante.
Dopo il grande successo della mostra Il Cinquecento a Firenze, conclusa il 21 gennaio con il grande successo di oltre 150.000 visitatori, il 2018 di Palazzo Strozzi continua. Ecco le mostre prenderanno vita nei prossimi mesi dell’anno.
Uno straordinario viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione del Sessantotto attraverso ottanta opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto.
L’esposizione, a cura di Luca Massimo Barbero, vede per la prima volta riunite assieme opere emblematiche del fermento culturale italiano tra gli anni Cinquanta e la fine degli Sessanta. È in questo ventennio che prende forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità attraverso una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme. Un itinerario artistico, quello della mostra, che parte dalla diatriba tra Realismo e Astrazione, prosegue con il trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni dell’Arte Pop in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale.
Il nuovo progetto site specific del celebre artista tedesco Carsten Höller e del neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, a cura di Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi: un grande esperimento che studia l’interazione tra esseri umani e piante attraverso l’installazione di duemonumentali scivoli nel cortile rinascimentale e uno speciale laboratorio scientifico in Strozzina collegato alla facciata di Palazzo Strozzi.
The Florence Experiment utilizzerà in modo totalmente inedito diversi spazi di Palazzo Strozzi attraverso questi due momenti di coinvolgimento dei visitatori: la discesa da 20 metri di altezza dal loggiato superiore al cortile di Palazzo Strozzi attraverso gli scivoli e l’accesso a due speciali sale cinematografiche in Strozzina. Le emozioni di eccitazione, sorpresa, divertimento, timore vissute dai partecipanti saranno messe a confronto con la crescita e le reazioni di diverse tipologie di piante al fine di studiare l’empatia tra organismi vegetali ed esseri umani.
Una grande mostra dedicata a Marina Abramović, una delle personalità più conosciute e controverse dell’arte contemporanea, celebre per l’utilizzo del proprio corpo come strumento di espressione.
L’evento si pone come una straordinaria retrospettiva, frutto del diretto coinvolgimento dell’artista, che riunirà oltre 100 opere dagli anni Settanta a oggi offrendo, oltre ad una panoramica sui lavori più famosi della sua carriera e alla riesecuzione dal vivo di sue celebri performance, la possibilità di scoprire la meno nota produzione degli esordi.
Ti ricordiamo che diventando Amico di Palazzo Strozzi è possibile prendere parte a tutte queste mostre attraverso un esclusivo programma di sconti e vantaggi riservati.